Nel Pd è cominciata l’era Schlein. Ieri la segreteria ha comunicato i risultati definitivi delle primarie: Schlein 53,75% (587.010 voti), Bonaccini 46,25% (505.032 voti). E poco importa che le percentuali siano rimaste le stesse di ieri, quando, scrutinato l’80% dei voti, Bonaccini ha riconosciuto la vittoria della rivale.
Si volta pagina e la neo-segretaria, almeno nelle dichiarazioni, ha già impresso una marcata svolta a sinistra: green (“giustizia climatica”) e nuovi diritti saranno le leve della svolta per abbandonare le secche di una lunga gestione incolore. Lo ha chiesto il “popolo delle primarie”.
Il patto con i 5 Stelle è nelle cose, dice Fabrizio d’Esposito, notista politico del Fatto Quotidiano, ma non è scontato. Ora si tratta solo di aspettare: il prossimo decreto armi, il numero sette, dirà se e in che misura la Meloni deve preoccuparsi.
Come la mettiamo con i centristi del Pd? Resteranno nel partito o faranno una scissione?
È la grande incognita. Io credo però che qualcosa succederà, perché Schlein è una segreteria di rottura, segna una netta discontinuità nella lunga sequenza di segretari che ci sono stati da Veltroni in poi. Con lei invece il Pd va nettamente a sinistra.
Cos’ha voluto dire per il cosiddetto “popolo delle primarie” votare Schlein?
Scegliere quella sinistra che riaccende le passioni, scartando una leadership improntata alla mera gestione come quella di Bonaccini. Per chi l’ha votata Schlein è stata una scossa, una liberazione.
E per il Partito democratico?
Era nato per mettere insieme due tradizioni, quella cattolica e quella post-comunista. Non c’è riuscito.
È una scelta che impatterà sul quadro politico?
Secondo me sì, soprattutto perché era inaspettata. Può succedere di tutto. Poi, sia chiaro, bisogna vedere come Schlein si muoverà. Una cosa è fare campagna elettorale alle primarie, un’altra cosa è tirarsi dietro il partito, soprattutto un partito come il Pd, dovendo dare poltrone a questo e quello. Certo, rischi ce ne sono.
Ad esempio?
È come se tornassimo alla “cosa” di Occhetto. I temi sono in fondo gli stessi di allora trent’anni dopo, socio-ecologismo e diritti del lavoro. A questi vanno aggiunti i “nuovi diritti”. Sono questioni che un partito di sinistra, anche se non radicale, deve affrontare. Il problema ora è capire come si svilupperà l’agenda.
Occhetto ha votato per la Schlein e lo sappiamo. Torniamo ai votanti. Hai detto che è stato un voto di liberazione. Dunque, a modo suo, di protesta?
Parecchi elettori di sinistra hanno vissuto questo rito come un voto contro la classe dirigente del Pd. Alle primarie del 2007 si contarono 3 milioni e mezzo di votanti, alle politiche 2008 i voti del Pd erano 11 milioni (alla Camera, pari al 33,69%), alle politiche del 2022 sono stati 5,3 milioni (19,1%) e alle primarie di domenica sono andate poco più di un milione di persone. Non sono tante, non sono nemmeno poche, però non sono quelle di una volta.
Appunto.
È chiaro che se avessero votato solo i circoli, i signori delle tessere avrebbero condizionato la partita e a quest’ora Bonaccini sarebbe segretario del Pd. Proprio per questo, a ben vedere, le primarie aperte non potevano che ribaltare l’esito dei circoli.
Secondo te qualcun altro può aver condizionato la partita?
Escluderei qualsiasi tipo di aiuto a Schlein da parte di elettori a 5 Stelle.
Sono stati riconosciuti i nostri temi, ha detto Conte commentando i risultati. Sarà alleanza?
Sulla carta l’alleanza è naturale. M5s è spiazzato perché si aspettava Bonaccini. Ora attende di sapere cosa farà Schlein, a cominciare dalle armi all’Ucraina. Finora in aula Schlein si è allineata al partito, ma se dovesse cambiare idea e votare contro, troverebbe immediatamente l’attenzione di Conte. Un’altra battaglia comune sarebbe il salario minimo.
Per non parlare del green, o “giustizia climatica” in versione Schlein.
È un tema chiave. La vittoria di Schlein potrebbe anche cancellare una volta per tutte i rossoverdi di Fratoianni e Bonelli.
Quando dici che a livello politico “può succedere di tutto”, a cosa pensi?
Per esempio ad un accordo di fatto tra Schlein e Calenda-Renzi a danno dei 5 Stelle. La prima potrebbe puntare a fare il pieno come partito radicale di massa, i secondi a prendersi i riformisti. Certo, si dirà, i centristi sono un altro problema, ma da oggi, fino a prova contraria, Schlein non è solo potenziale alleata ma anche competitor dei 5 Stelle.
Che cos’è più appetibile del Pd a guida Schlein visto dal Movimento 5 Stelle?
Certamente la caratura green, poi il tema dei diritti del lavoro, e secondariamente quelli sociali e civili. Resta la grande incognita delle armi.
Veniamo al centro. “È un Pd distinto e distante da quello che avevamo fondato che metteva insieme culture politiche diverse” ha detto ieri Fioroni, annunciando la nascita di un network dei cattolici e democratici, “Piattaforma popolare-Tempi nuovi”.
Fioroni pone un problema che non è mai emerso nel dibattito congressuale, vale a dire il ruolo dei cattolici e la loro compatibilità con la Schlein. Il cattocomunista non ha difficoltà a sentirsi integrato, ma la sinistra democristiana di Castagnetti e Mattarella sì. È la confessione di un disagio. Nonostante questo, il centro cattolico non è mai nato e non penso che nascerà mai.
Qualcuno ha fatto notare l’ingombro della vecchia classe dirigente Pd che ha scelto Schlein ma tace. Bersani e D’Alema, per capirci.
Il problema di Articolo 1 c’è, ma è gestibile: basta dare un ruolo a Speranza e Stumpo. Orlando e i suoi vanno in qualche modo retribuiti. D’Alema lo vedo più come un padre nobile che altro. Vedremo presto se il partito di Elly sarà libero anche dai notabili e “capataz” che l’hanno votato o se si farà condizionare.
Se non una scissione, vedremo un esodo dei centristi verso altri lidi? Ovviamente il terzo polo è pronto ad accoglierli.
Teoricamente sì, il punto debole dell’operazione è un altro: chi è il leader? Perché se vai altrove alla spicciolata non conti nulla. Ipotizziamo pure che Base riformista, Guerini, Lotti, escano dal Pd. Vanno a mettersi sotto la doppia copertura di Calenda e Renzi, che litigano dalla mattina alla sera e hanno pure fatto flop alle regionali? Poi non dimentichiamo che anche il terzo polo potrebbe accarezzare l’idea di una leadership femminile: dopo Meloni e Schlein, Boschi o Carfagna. Ma c’è un altro fattore ancora più importante.
Sarebbe?
Tutte queste operazioni nascono non per un progetto politico, ma per sottrazione. Non so fino a che punto la nuova somma farà il totale. Molto si giocherà sulle leadership.
Ti aspetti scintille da Meloni e Schlein?
Ciò che direi per certo è che con Bonaccini leader dell’opposizione, Meloni avrebbe avuto vita tranquilla. Il punto vero è capire in che misura Pd e 5 Stelle faranno opposizione radicale su alcuni temi. Perché non dimentichiamolo, fino ad oggi l’unica opposizione seria a questo governo l’ha fatta Berlusconi.
(Federico Ferraù)
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