LA NATURA E LA SPIRITUALITÀ: L’INNO ALLA VITA DELLA EX SUORA ARMSTRONG

Karen Armstrong è oggi una saggista internazionale, dedita alla passione della spiritualità e dell’ambientalismo, ma fino a 24 anni era una suora nel convento delle Sorelle del Santo Bambin Gesù nel nord dell’Inghilterra: è divenuta celebre la sua forte denuncia contro le (presunte) violenze psicologiche e fisiche vissute, tanto da convincerla a “rimettere i voti” uscendo definitivamente dal convento.



Raggiunta da “La Repubblica” per un giudizio sul tema ambientale e la “lotta al cambiamento climatico”, la quasi 80enne Armstrong lancia subito una critica agli eco-attivisti d’ogni genere: «La soluzione alla crisi climatica non è nella paura con cui si tenta di terrorizzare il mondo e che invece lo paralizza nell’inazione contro il riscaldamento globale, ma nell’amore per la natura, che può essere coltivato grazie alla spiritualità». Secondo la sua personalissima visione – a tratti, va detto, sfocia nel “sincretismo” fra terra, natura e divino che l’avvicina più al buddismo che al cristianesimo – occorre contemplare in silenzio per generare una diversa percezione del sacro: «Sappiamo cosa non fare, ma continuiamo a farlo. Giriamo in auto, viaggiamo in aereo… Non prendiamo le cose seriamente, perché ci sentiamo inermi. Anche perché reagire significherebbe smontare un sistema di vita radicato da almeno 100 anni».



KAREN ARMSTRONG: RELIGIONE E AMBIENTALISMO, LA “SANTITÀ” DELLA NATURA

Secondo la scrittrice ed ex religiosa, ancora oggi non vi è la piena consapevolezza della «santità della natura»: per Armstrong, l’uomo è «completamente dipendente dal divino. Non intendo di un Dio barbuto, seduto là nell’alto dei cieli che ci tiene d’occhio. Intendo la sacralità che abbiamo coltivato con cura in passato. Non è qualcosa che si capisce razionalmente. Lo si capisce con il cuore, come quando ascoltiamo la musica».

L’appello della scrittrice ambientalista è quello di impegnarsi a sentire nuovamente intorno a noi «la musica della natura. Non c’è più tempo. Non possiamo rimanere paralizzati dalla perdita di speranza. Dobbiamo avere calma, determinazione e capacità di pianificare le azioni che possono cambiare la nostra mentalità». Si ispira al poeta inglese William Wordsworth, adora Budda e propone una mistica molto vicina all’ascetismo asiatico: ma difende a spada tratta la spiritualità umana, a tutte le latitudini. «il mito deve portare all’azione, non è un sogno ad occhi aperti. Il mito ci deve dare un compito. Dev’essere incarnato nell’azione. E i riti aiutano ad attivare il nostro immaginario che genera storie, musica, danza e poesia, tutto ciò che ci porta fuori da ciò che è puramente razionale. E ogni buona religione è come un mito», afferma Armstrong idealizzando le religioni come realtà quasi “mitologiche” ma non per questo irreali. Come il mito di Gesù, conclude l’inglese: «sofferenza, nuova vita, generosità, aiutare gli altri ad affrontare il dolore. Guardare in faccia il dolore, cercarlo, assorbirlo e dare conforto, sentendo la sofferenza, mantenendo viva la compassione. Solo così possiamo salvare il mondo». Un mito e una “santità” che appaiono però più new age che altro e che rischiano di portare il discorso di Armstrong, comunque critico delle eco-follie terrorizzanti, in un’area molto più teorica che concreta: e dall’ambiente alla religione, dalla vita al creato, forse al giorno d’oggi occorre molta più “carne spirituale” che sofismi teorici.