Ancora un volta Serena Rossi riesce a fare breccia nel complesso mondo del pubblico di Rai1. Con oltre 6,4 milioni di telespettatori e circa il 27% di share La Sposa, la fiction in tre puntate di cui è protagonista, scala le classifiche e contribuisce a collocare la brava attrice napoletana nel novero ristretto delle “più amate dagli italiani”. Quello che però colpisce – e che Auditel segnala – è che tra il pubblico oltre il 30% non rientra nelle fasce di età tradizionalmente fedeli alla rete pubblica ammiraglia, essendo di età inferiore ai 40 anni. Da qui forse il collegamento che spiega l’altro dato in controtendenza che riguarda gli oltre 400mila download registrati dal programma sulla piattaforma RaiPlay.



Stavolta Serena Rossi non veste più i panni della giovane e spensierata assistente sociale napoletana di Mina Settembre, né quelli più sofferenti di Mia Martini in Io sono Mia, ma si ritrova – assai a suo agio – nel ruolo di Maria Saggese, una ragazza calabrese che per salvare la sua famiglia dai debiti accetta di sposarsi per “procura” con un ricco agricoltore veneto. La storia – per quanto criticata da alcuni esponenti politici locali sia in Calabria che in Veneto – affonda le radici in una pagina assai reale e triste della nostra vita recente. La vicenda di Maria rimanda a tante altre “piccole” storie di donne meridionali per così dire immigrate attraverso la pratica dei matrimoni combinati. Molti hanno potuto riconoscere nelle vicissitudini di Maria quella di tanti nonne e nonni, creando così quel clima positivo verso la fiction che ha sgonfiato ogni tentativo di polemica.



Maria è una donna molto forte e sa benissimo a cosa va incontro nel momento in cui accetta il “contratto”. Quando arriva in Veneto nella cascina dei Bassi trova una famiglia devastata a causa di un dramma che ha segnato la loro esistenza. La precedente moglie di Italo è scomparsa da oltre un anno ed è stata data per morta, ma il suo corpo non è stato mai ritrovato. Paolino, il figlio della coppia, è abbandonato al suo destino, mentre il padre si lascia andare sempre più, affidando all’alcol la cura delle sue pene. Quel poco che resta in piedi dell’azienda agricola è tenuta insieme dallo zio Vittorio, un uomo dai modi bruschi e abbrutito dal lavoro.



Maria affronta la situazione facendo leva solo sulle sue forze. Sa che oltre al lavoro in campagna le è chiesto di mandare avanti la casa. Lentamente conquista la fiducia di tutti, diventando il perno insostituibile della famiglia. E quando viene ritrovato il corpo della prima moglie di Italo, è lei a gestire con amore la tragedia che colpisce Italo e Paolino. Dopo alcuni mesi Maria è costretta a tornare in Calabria per la grave malattia del fratello e ritroverà la sua terra, il mare, il calore delle persone, e soprattutto Antonio, il suo ex fidanzato che, partito emigrante per il Belgio, è tornato ricco e con l’idea di riconquistarla.

Scopriremo stasera, nell’ultima puntata (Rai 1, ore 21:35) come Maria risolverà il conflitto sentimentale tra la sua terra di origine e la nuova famiglia. Soprattutto ora, dopo l’improvvisa morte di Vittorio, Maria dovrà affrontare scelte difficili per sviluppare l’azienda in un periodo segnato da lotte sociali e conquiste civili. Quello che conta è che occorre dare merito a RaiFiction di aver scelto di riportare alla luce un pezzo di storia del rapporto Sud-Nord ormai dimenticato. Pur scontando un evidente approccio pedagogico, La Sposa riesce ad affrontare, con delicatezza, temi di una certa rilevanza riuscendo a offrire al pubblico generalista una lettura positiva dell’incontro tra culture diverse e superare luoghi comuni e cliché ancora dominanti.

Culture e approcci diversi fino a un certo punto, verrebbe da dire. Coltivare la terra lo si fa nello stesso modo, duramente,  come in Calabria così in Veneto. La scuola di Paolino e l’impegno a che tutti i bambini potessero dedicare la loro infanzia allo studio è servito al Nord come al Sud, e ha rappresentato la spinta più forte all’unita nazionale. La lotta di emancipazione delle donne, lo sviluppo del movimento cooperativo, le battaglie sindacali, hanno unito – nelle fabbriche e nelle campagne – in quegli anni molto di più che di ogni altra cosa. E poco davvero conta che qualcosa venga detto in dialetto, o a tavola si mangi polenta o ‘nduja.

Serena Rossi si conferma volto di questa idea moderna della donna popolare italiana. Una donna in grado di sopportare, ma che al momento giusto riesce a reagire con una tenacia insospettabile. Umile e fin troppo rispettosa, ma sempre schierata  dalla parte giusta, pronta a difendere i principi e i valori in cui crede. Eppure in lei colpisce sia la normalità che la modernità delle sue interpretazioni. Le sue espressioni sono molto più efficaci dei testi che recita, i suoi intercalare molto più convincenti ed espressivi della sceneggiatura a volte zoppicante.

Accanto a lei sono degne di nota le interpretazioni di Giorgio Marchesi (Un medico in famiglia, Una grande famiglia, L’allieva) nei panni di Italo Bassi e quella di Maurizio Donadoni, attore caratterista bergamasco, che troviamo nel ruolo dello zio Vittorio. La sceneggiatura è di Valia Santella, in collaborazione con Eleonora Cimpanelli e Antonio Manca. La produzione è della Endemol Shine Italia. La fiction è stata girata in Puglia e Piemonte e non in Calabria e Veneto come verrebbe da pensare. E questi sono i misteri delle nostre Film Commission regionali.

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