A Motta Santa Anastasia, a pochi chilometri da Catania, vi è un struttura che offre una soluzione abitativa a detenuti fruitori di misure alternative alla carcerazione e a neo-dimessi, ovvero ex detenuti che hanno estinto la pena, nella prospettiva di favorirne il recupero e il reinserimento sociale.

Si tratta della Casa di accoglienza “Rosario Livatino”, nata nel 2009 all’interno della Casa Circondariale di Piazza Lanza a Catania per iniziativa di un cospicuo gruppo di volontari. Tale impegno presenta oggi forme molto articolate: diversi laboratori, un cineforum, la realizzazione di numerosissimi colloqui individuali, ecc.



Cosa accade una volta scontati gli anni comminati dalla giustizia o all’interno di una pena alternativa alla detenzione? Il tentativo di dare una risposta ha ispirato l’iniziativa dell’Arcidiocesi di Catania e della Fondazione Francesco Ventorino, trasformandosi in un segno di carità e di speranza.

Nei due anni trascorsi, la Casa Livatino ha accolto in totale più di 10 persone, per periodi più o meno lunghi. Tra questi vi sono siciliani, stranieri, e talvolta anche qualcuno di religione musulmana. Le richieste per entrare nella casa sono numerose. Per questo i volontari auspicano l’apertura di una casa più grande.



“Oltre che sovvenire ai bisogni essenziali di vitto e alloggio – dice il direttore Giorgio Fallica – la Casa tenta di agevolare il percorso di reinserimento personale e sociale delle persone accolte, anche attraverso la ricerca di opportunità formative e lavorative”.

I volontari che operano nella struttura sono una decina. Assicurano una presenza quotidiana di qualche ora nella casa, a turno. Portano i viveri, attraverso il Banco Alimentare, ascoltano le storie dolorose degli ex-carcerati, compongono le piccole liti che inevitabilmente sorgono fra gli ospiti. Talvolta si mangia insieme, oppure si festeggia una ricorrenza. Si discute di tutto: della famiglia, della giustizia, del futuro.



Un protocollo di intesa siglato con l’Università di Catania prevede lo svolgimento di tirocini formativi presso la Livatino, soprattutto di studenti del Corso di laurea magistrale in Politiche e servizi sociali.

La Fondazione ha siglato un altro protocollo d’intesa con Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili). Per uno degli ospiti è stato avviato un percorso di qualificazione, grazie ad una borsa di formazione lavoro concessa dall’arcivescovo di Catania. Tale formazione si svolge presso una falegnameria gestita dalla Comunità Giovanni XXIII, che dà lavoro a persone svantaggiate per diversi motivi. Per altri sono avviati percorsi specifici tutti volti a reinserire gli ospiti nel circuito della società civile.

La Casa Livatino si regge interamente sul lavoro volontario. Le spese di gestione sono sostenute interamente dalla Fondazione Ventorino, grazie anche alle offerte di molti benefattori. Si trova in un immobile della diocesi che intende offrire i seguenti servizi, programmati e realizzati da personale qualificato: alloggio e vitto, interventi di sostegno e sviluppo delle capacità di autonomia e autogestione, accompagnamento ai servizi territoriali (sociali, sanitari e del lavoro), attività ricreative, mediazione culturale, orientamento e informazione legale, formazione e/o riqualificazione professionale, sostegno psicologico.

“Abbiamo già portato a buon fine – racconta Fallica – alcuni percorsi di reinserimento, consentendo a due ospiti provenienti dall’Africa di trovare lavoro stabile nell’edilizia, grazie anche ai buoni rapporti con un’azienda catanese. Abbiamo molte richieste, e ci spiace che spesso dobbiamo dire di no. Speriamo in una sede più grande che ci consenta di aiutare più persone”.

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