“Se finora sono sempre stata aiutata, perché non posso aiutare altre persone come me ad integrarsi?”. È la riflessione semplice, ma efficace di Onome Anlabamo, giovane donna di origini nigeriane, arrivata in Italia nel 2016, quando aveva 17 anni, accolta alla Mensa Caritas di San Ferdinando in provincia di Reggio Calabria e ora madre di una bimba di otto mesi. È una riflessione generata dall’amore ricevuto, dalla gratuità e dalla condivisione di cui è stata fatta oggetto.
“All’inizio – prosegue Onome – mi son messa a studiare l’italiano, perché non riuscivo a comunicare con nessuno, restavo sempre zitta quando mangiavamo insieme nella mensa della Caritas. C’è molta differenza tra l’essere da sola, mangiare da sola e l’essere dentro un’amicizia, mangiare insieme ad altri, come in una famiglia, come accade qui alla Caritas. Mi fa sentire bene, mi sento libera, qui alla mensa diocesana. Poi ho visto che le mie compagne di viaggio erano rimaste nella mia stessa situazione, non riuscivano a parlare con le persone e avevano molte difficoltà. Perciò, ho pensato che potevo aiutare le altre persone a integrarsi e ora continuo ad essere disponibile, ad aiutare nel lavoro d’integrazione”.
La mensa diocesana – aggiunge il diacono Michele Vomera, direttore della Caritas della diocesi di Oppido Mamertina Palmi – è stata costituita nel comune di San Ferdinando, in via Lucca 1, presso l’Istituto delle Suore della Carità, che, con il loro amorevole sorriso, sono sempre pronte a donare supporto e una parola di conforto. Eravamo all’inizio della pandemia di Covid-19, e preparavamo cibi d’asporto. Ora, chi si rivolge a noi per avere un pasto caldo, trova anche una relazione umana, con gli stessi operatori, con chi si siede a tavola e cerca d’instaurare un rapporto, o anche un’amicizia. Accogliamo tutti, in particolare famiglie in difficoltà economica e migranti residenti sul territorio. I nostri 30 volontari preparano circa 400 pasti alla settimana, abbiamo 100 posti a tavola, per le famiglie svantaggiate e i più fragili. Perciò, assicuriamo non solo un pasto caldo, ma anche accoglienza, ascolto, condivisione, che proseguono nelle altre opere della Diocesi, come l’Emporio solidale, il Centro d’ascolto diocesano, un porto sicuro dove chiunque ne abbia necessità può approdare e ritrovare accoglienza e nuova dignità, e i Corridoi umanitari. Attraverso quest’ultima iniziativa abbiamo accolto tre famiglie provenienti dall’Afghanistan, due fuggite in quanto di religione cattolica e una perché il capofamiglia ha lavorato fino a maggio 2021 per il contingente italiano, prima del ritiro delle truppe americane e della coalizione Nato dal Paese”.
“E le persone che han bisogno – aggiunge Ferdinando Bagnato, uno dei volontari della Caritas – si rivolgono innanzitutto al Centro d’ascolto, dove trovano un team di operatori che valutano il loro bisogno primario e rilasciano una tessera a punti, con la quale l’utente può accedere all’Emporio solidale e ricevere, gratuitamente, i generi di cui ha bisogno. Funziona come un normale negozio, con la sola differenza che viene donato tutto ciò di cui si ha bisogno. E poi abbiamo realizzato un magazzino che rifornisce e aiuta tutte le 46 Caritas parrocchiali della Diocesi. Doniamo non solo cibo, ma portiamo noi stessi, il nostro sorriso, l’amicizia, perché le persone che aiutiamo, soprattutto per quanto riguarda i migranti, han bisogno di punti di riferimento”.
“Tutto ciò – conclude Michele Vomera – è stato reso possibile anche grazie alle firme per l’8xmille alla Chiesa cattolica italiana. Nel triennio 2020-2022 ci sono arrivati 115 mila euro, che ci han permesso di offrire dei servizi stabili alle persone in difficoltà”.
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