Oriana Fallaci dal 1964 seguì il programma spaziale americano come inviata per L’Europeo. Conobbe personalmente tutti i componenti delle varie missioni Apollo e con la sua grafia ruvida, dovuta alla sua passionalità, scrisse diversi articoli raccolti oggi nel libro “La Luna di Oriana” edito da Rizzoli. Il 20 luglio 1969 era a Houston alla Nasa e raccontò l’avvenimento del secolo trascrivendo tutti i colloqui tra gli astronauti e la base, conditi in maniera superba dalla sua sensibilità.
“Forse il successo ci ha fatto perdere il senso delle proporzioni, forse ciò che è avvenuto e troppo grande per essere giudicato da noi.” (pag. 115). “A Houston le chiese erano piene, impiegati della Nasa, scienziati, astronauti: v’è un momento in cui la tecnologia non basta più a dare agli uomini fiducia in se stessi e la loro sapienza si disfà in debolezza. Li vedevi entrare e uscire dalle chiese, quegli uomini, tutti compunti, tutti tesi nell’ansia.” (pag. 117)
Oriana osservava, scriveva e massacrava i tre astronauti.“Umanamente non valevano un granché. Privi di fantasia e di umiltà, prima della loro partenza si erano mostrati arroganti, durante il volo non si erano resi simpatici, mai una frase dettata dal cuore, un motto scherzoso, un’osservazione geniale… Qualcuno li aveva definiti Unmanned Crew, equipaggio senza uomo”. (pag.118)
Prosegue poi la nostra con le trascrizioni delle trascrizioni via radio tra Apollo 11 e Houston e poi parla dell’uomo sceso per primo sul suolo lunare: il polso di Armstrong al momento dell’atterraggio era arrivato a 156 battiti mentre solitamente era al massimo ai 90. Un tipo glaciale. Oriana racconta che la famosa frase: “Questo e un piccolo passo per l’uomo, e un salto gigantesco per l’umanità“, Armstrong l’aveva preparata consultandosi con la madre prima di partire. Una sensazione preparata a tavolino. A pag. 137 racconta di come Armstrong e Aldrin sembrassero fratelli, ma in verità non erano amici. Toccava ad Aldrin che era ai comandi del Lem e non ad Armstrong dire: “Qui base della Tranquillità, l’Aquila è atterrata” e sulla Luna toccava sempre ad Aldrin tante piccole cose che invece Armstrong volle fare da sé. E concludeva: “Vedi nemmeno a contatto con l’infinito un uomo diventa grande se in lui non v’è grandezza. Andar sulla Luna non ci rende certo migliori.” (pag. 137)
Passiamo ora al film First Man – Il primo uomo e analizziamolo come se non avessimo letto le impressioni di Oriana Fallaci. Mettete insieme il regista Damien Chazelle, l’attore protagonista Ryan Gosling, il montatore Tom Cross, e il compositore delle musiche Justin Hurwitz che già hanno lavorato insieme e vinto un Oscar con il film girato precedentemente (La La Land) e si avrà sicuramente un buon prodotto. Facile se si parla del primo uomo che ha passeggiato sulla Luna? Non credo, ogni film ė unico e ci sono delle sfumature completamente diverse tra pellicola e pellicola.
Ryan Gosling non ė stato scoperto con La La Land, ma continua nella sua maturazione artistica. Interpretare Neil Armstrong ė stata una sfida interessante per l’attore. Il film parte con un incidente di Armstrong mentre pilota un aereo razzo nel deserto del Mojave nel 1961 e poi ci addentra nel rapporto familiare con lui al capezzale della figlia di due anni che, malata, a breve morirà. Ė una interpretazione su cui Gosling ha molto lavorato nell’esprimere il silenzio, l’interiorità, i dubbi e le paure che Amstrong ha vissuto nell’avventura professionale con la Nasa, riversandole nel contesto familiare. In questo percorso ė stato molto aiutato dalla moglie Janet interpretata da Claire Foy. Lei gli ė stata molto vicino e incoraggiandolo, sostenendolo nei momenti difficili, come la morte dei colleghi e amici nel rogo dell’Apollo 1.
Ė un biopic ben fatto che parte dell’adattamento della biografia ufficiale scritta da James R. Hansen e racconta l’iter professionale dell’astronauta esplorando al contempo il lato umano e interiore di Amstrong. Ci sono momenti drammatici come la morte della figlia, dell’amico, i suoi incidenti, i problemi tecnici come con la Gemini nel 1966, quando per un guasto a un propulsore della navicella agganciata in orbita, iniziarono a ruotare a più non posso per poi riuscire a risolvere il problema.
Detto così sembra facile, ma il famoso “Houston abbiamo un problema”, visto rappresentato nel film ė da paura. Bellissima la fotografia, sembrerebbe un po’ cupa, ma c’ė un filo che unisce le scene casalinghe con quelle nella navicella, la luce risalta nei momenti giusti come un riflesso di speranza, mentre nell’ambito familiare, in casa o con gli amici, le lampade sono di contorno e alcune scene sembrano quadri di Hopper.
Il film ha vinto il premio Oscar per i migliori effetti speciali, l’unico, ma meritava di più, soprattutto per la fotografia. I primi piani di Gosling nella navicella rappresentano bene man mano il suo stato d’animo: ansia, turbamento, incertezza, stupore e gioia.
Non ė da tutti andare nello spazio, ma essere il primo uomo a toccare il suolo lunare penso che rappresenti una esaltazione umana unica. Trovarsi per primo a calcare un altro pianeta e vedere in lontananza nel buio della galassia ha dato a me spettatore una sensazione di eccezionalità, ma anche di smarrimento rispetto all’infinito del cosmo, riproponendo domande come: chi sono io? Chi ha creato tutto questo? Armstrong era un ingegnere freddo e calcolatore nella professione, ma sicuramente ha provato le situazioni personali che ho appena descritto.
Il film non ė solo la rievocazione del primo uomo sulla Luna, ma al contempo dell’uomo Amstrong, fatto di vita normale, famiglia, figli, dolori e gioie. Non a caso mentre è sulla Luna vi sono dei flashback di lui con la sua famiglia a un picnic su un prato. Significativo quando parla ai figli piccoli prima di partire per la missione e uno di questi gli chiede se andrà alla sua gara di nuoto, se pensa se riuscirà a ritornare.
La storia di un uomo, di un’impresa, di una gara contro la superpotenza Cccp mentre gli Stati Uniti erano in guerra in Vietnam, usciva nelle sale cinematografiche Easy Reader, si celebravano i tre giorni di musica e amore in quel di Woodstock. Un evento unico in un contesto di ricerca di libertà.
Buona l’idea di utilizzare l’audio originale delle conversazioni dell’allunaggio:
– Houston, qui base della tranquillità, la Eagle è atterrata.
e per il primo passo:
– Questo ė un piccolo passo per l’uomo… e un grande balzo per l’umanità.
Bene se avete visto il film e letto Oriana noterete delle discrepanze, ma chiaramente la messa in pellicola serviva a celebrare i 50 anni dell’Apollo 11, enfatizzando il personaggio di Armstrong.
La Nasa ha restaurato e digitalizzato il film della missione a partire da delle copie e potete vederlo sul suo sito internet. Le tre pellicole originali furono vendute insieme a un migliaio di altre bobine perché la Nasa doveva svuotare i magazzini. Furono acquistate da un giovane ex stagista nel 1976 per 217 dollari finché dopo 40 anni dal fortunato “regalo” si accorse di che cosa aveva tra le mani. Verranno messe all’asta proprio il 20 luglio da Sotheby’s e si parla di almeno 700.000 dollari.