Il titolo dell’incontro di oggi alle 16 al Meeting di Rimini, Il fine della vita, apre due domande interessanti: qual è “il fine”, il senso, il significato della vita e come stare di fronte alla “fine” della vita, una situazione che tutti, prima o poi affronteremo?

Lavoro come neonatologa e direttrice di un servizio di cure palliative perinatali e la mia esperienza è che queste due domande vanno di pari passo, sono facce di una stessa medaglia. L’ho visto in molti anni di lavoro incontrando centinaia di famiglie, mentre ho accompagnato loro e i loro bimbi con malattie life-limiting, cioè con una vita breve o brevissima.



Il fine della vita è vivere appieno, sia che la vita duri 100 anni o 100 minuti. Ogni vita ha un inizio e una “fine” e ogni vita ha anche ha un “fine”, ha un significato, cammina verso un destino. Anche la vita più breve.

Nella loro breve vita, talvolta di appena pochi minuti, questi bimbi hanno cambiato per sempre la vita dei loro genitori e delle loro famiglie. Diversi genitori mi hanno confessato che “hanno imparato la pazienza e l’accettazione dai loro bimbi”, moltissimi mi hanno detto “che erano grati di aver scoperto che la vita, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto è data, è un dono”. Alcuni di questi bimbi dalla vita brevissima hanno cambiato per sempre anche la vita dei loro fratelli. Come Margherita, che è vissuta solo 4 ore. Alla nascita i suoi fratellini, di 3 e 5 anni, l’hanno tenuta in braccio, fatto delle foto con lei e il più grande, che sapeva che il tempo sarebbe stato breve, ha addirittura cercato di insegnarle un po’ di matematica. Almeno questo è quello che poi ha raccontato ai genitori quando gli hanno chiesto di cosa aveva parlato tanto a lungo con la sorellina. Dieci anni dopo la nascita e la morte della sorellina, questi fratellini, diventati ragazzini, hanno raccontato ad una conferenza sul “Comfort Care” come quelle quattro ore hanno cambiato la loro vita e come la sorellina li ha fatti maturare nel loro amore ed entusiasmo per la vita.



Questi bimbi hanno cambiato anche la mia vita, tanto.

Come neonatologa la mia missione è sempre stata quella di “salvare” la vita dei neonati, per cui di fronte a malattie “inguaribili” mi rimaneva la domanda: “questi come li salvo?”. Come rispondo al desiderio di guarire ed aiutare a vivere questi piccolini? Cioè, le mie conoscenze mediche, la mia esperienza, cosa contano in questi casi?

E lì ho imparato da loro, da questi bimbi e dalle loro famiglie, che “salvare queste vite” voleva dire rispettare il destino di queste vite e le mie conoscenze mediche e la mia esperienza le dovevo usare per aiutarli in questo breve tratto di vita.



Aiutare un neonato a vivere bene, mantenerlo “in comfort” può non essere semplice e richiede esperienza medica e dedizione, osservazione accurata dei particolari clinici, e dei bisogni basali del neonato, come il bisogno di essere accolto, di mangiare, di stare al caldo e di non soffrire. Inoltre, mentre si aiuta il neonato, bisogna sostenere la sua famiglia, accompagnandola nel cammino estremamente difficile durante la gravidanza e preparandola al momento della nascita, che è comunque sempre un momento di gloria. Perché prima della morte c’è la vita.

Da qui è nato il programma di Neonatal Comfort Care alla Columbia University di New York che ha accompagnato centinaia di famiglie nel corso di più di 15 anni.

Altre simili esperienze sono poi nate in altre parti del mondo, ne cito due che hanno anche collaborato attivamente con il programma di New York, il “Percorso Giacomo” al Sant’Orsola di Bologna, partito nel 2013 per iniziativa della dottoressa Chiara Locatelli, e l’Hospice Perinatale della “Casa del faro” a Mosca. L’editrice Casa di Matriona ha appena pubblicato un libro (La Casa del Faro) sulla straordinaria testimonianza dell’inizio e della crescita della medicina pediatrica e perinatale in Russia.

Certo, rimane una grande domanda: perché un neonato ha una vita breve? Perché una famiglia deve vedere il proprio bimbo, tanto desiderato, andarsene così presto?

È certamente un grande mistero a cui non si può dare una spiegazione, però si può camminare insieme nella certezza di un Destino buono. Colui che ha chiamato alla vita questi fragili bimbi e li ha dati da custodire alle loro famiglie per 9 mesi, qualche ora o qualche giorno, porterà certamente a compimento il Suo disegno su di loro. Nella fede nasce la Speranza.

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