NEW YORK – C’è un gran silenzio in sala parto, un silenzio pesante e pieno di dolore. Un bimbo è appena venuto alla luce, è bellissimo, un maschietto grassottello che sembra un bambolotto, ma c’è silenzio. Non si sente il vagito del bimbo né l’entusiasmo dei genitori per il nuovo nato.
Mi si stringe il cuore. Il bimbo – lo sapevamo da mesi – non ha sviluppato i reni e i polmoni e non può respirare, avrà una vita breve, brevissima. La mamma, giovanissima, di soli 20 anni, l’ha voluto portare nella pancia donandogli la vita fino a che ha potuto, ma ora, col taglio del cordone ombelicale, la natura ha interrotto il legame che sosteneva questa vita fragilissima.
La mamma rompe il silenzio per dirmi “non lo voglio vedere” e la nonna che è con lei, mi fa cenno con il capo, indicandomi di portare via il bambino. Provo a chiedere timidamente “ma sei sicura che non lo vuoi vedere? È bellissimo e sta dormendo, non soffre”. Ma lei guarda il vuoto di fronte a sé e ripete “non lo voglio vedere”. Allora decido di portare il bimbo nella nursery, nella sala accanto, con il piano di tornare tra un po’ e vedere se la mamma ha cambiato idea.
Ho visto questa reazione molto spesso. Può succedere che, per paura di soffrire troppo per il distacco che avverrà presto, una mamma scelga di non vedere il bimbo, per non affezionarsi di più e poi soffrire ancora di più. Ma io lo so che tutti abbiamo lo stesso cuore e lo so che questa mamma ama questo bimbo, tanto è vero che ha deciso di portarlo in grembo e farlo vivere più a lungo che ha potuto. Ma non ce la fa ora ad abbracciarlo.
Entro nella nursery col bimbo in braccio e penso con tristezza a lui, lontano dalla sua mamma, con cui è stato 9 mesi, cioè tutta la sua vita, e mi chiedo cosa possiamo fare per lui nelle poche ore che ha di fronte a sé. Certo, possiamo tenerlo in braccio, cullarlo, fargli sentire il calore di un affetto… Mentre sto pensando così, la mia infermiera mi chiede “lo battezziamo?”. Ma certo! E capisco improvvisamente che la cosa più grande che possiamo dargli è metterlo direttamente nelle braccia del Signore, ancora prima di incontrarLo faccia a faccia. Il Battesimo, diventare Uno con Gesù, ecco il regalo più importante che possiamo fargli.
Prendiamo l’acqua santa e lo battezziamo Mario, in onore di Maria, la madre di tutti noi, che presto lo prenderà tra le braccia. Dopo meno di un minuto qualcuno bussa alla porta. Apriamo, è il papà che chiede “è questo il mio bimbo, lo posso vedere? Lo posso prendere in braccio? Posso dargli un bacio?”. “Ma certo!” rispondo e gli metto il bimbo in braccio “ecco qui Mario, il tuo bimbo”, poi mi rivolgo al bimbo “Mario, ecco il tuo papà’”.
Maria ha fatto il miracolo, prima di accogliere questo bimbo in Paradiso, ha voluto farlo accogliere dal suo genitore terreno, ha voluto che Mario provasse l’amore del suo papà terreno prima di incontrare l’amore del Padre nei cieli.
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