La sua preoccupazione principale resta la guerra in Ucraina, ma Putin gioca il suo ruolo di player globale e tiene i rapporti con tutti i suoi possibili partner. Anche in Medio Oriente. Non solo perché in quell’area c’è un conflitto in cui tutte le grandi potenze vogliono essere protagoniste, ma soprattutto perché la Russia è una potenza energetica e quella è una regione strategica per il mondo intero. Si spiega così il recente incontro del presidente russo con Arabia Saudita ed Emirati Arabi, che segna un’intensificazione dei rapporti e che potrebbe aprire nuove prospettive dal punto di vista economico.
L’obiettivo di Russia e Arabia, spiega Rony Hamaui, docente di scienze bancarie nell’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, è quello di tornare a controllare il mercato dell’energia, sfuggito di mano negli ultimi tempi con la diminuzione del prezzo del petrolio, allargando la platea delle alleanze a Paesi come il Brasile e altri. È il disegno del mondo multipolare che non vede più gli Usa al centro, nel quale la Russia vuole essere sempre di più un punto di riferimento.
Professore, perché dal punto di vista economico ma anche per il futuro del Medio oriente, il rapporto tra russi e sauditi è così importante, soprattutto dopo la recente visita di Putin?
I rapporti tra la Russia e l’Arabia Saudita si sono molto rafforzati in questi anni, soprattutto dopo l’entrata di Mosca nell’Opec+. È cambiato anche tutto lo scenario: una serie di Paesi che erano più filoccidentali o comunque neutrali fino a qualche anno fa, oggi stanno tra l’Occidente e l’Oriente in un mondo diventato bipolare. Tra questi ci sono il Brasile, l’Arabia Saudita, il Sudafrica, che oggi possono giocare un ruolo geopolitico più rilevante di quello che avevano precedentemente. Tutti giocano a tirarsi dalla loro parte questi Paesi, l’Occidente ma anche la Cina e la Russia: sono diventati più strategici di quello che erano un tempo. Non è un caso che la prima visita all’estero del presidente russo dopo mesi sia stata in queste nazioni, ora particolarmente rilevanti. Creare un filo tra l’Arabia Saudita e la Russia è importante. Non dimentichiamo poi che la Russia ha sempre tenuto con Israele un rapporto positivo: Tel Aviv non ha mai attuato sanzioni nei confronti di Mosca. Il dialogo è rimasto aperto, un po’ incrinato ultimamente, ma esiste una linea di comunicazione. L’Arabia stava per sottoscrivere gli Accordi di Abramo. Questo è il quadro in cui collocare la visita: interessi globali insieme a interessi regionali si intrecciano a diversi livelli.
Il rapporto Russia-Arabia era già consolidato prima della missione. Adesso è cambiato qualcosa?
Questa missione ha rafforzato il rapporto: dal punto di vista degli armamenti l’Arabia Saudita dipende sempre dagli Stati Uniti, ma sta cercando di diversificare. Quindi oltre che economico c’è anche un interesse militare a rafforzare i legami con la Russia.
Dal punto di vista dell’energia, invece, quali sinergie si possono creare per coltivare interessi comuni?
Russia e Arabia Saudita sono i due maggiori produttori energetici del mondo, la loro alleanza da questo punto di vista è particolarmente importante: sappiamo che stanno cercando di portare il Brasile nell’Opec. Sarebbe un altro passo in questa direzione. Nel momento in cui la produzione di gas e petrolio negli Usa è molto aumentata è evidente che il vecchio Opec non andava più e non basta neanche l’Opec+: c’è un problema economico da risolvere, se vogliono mantenere il monopolio o lo pseudo monopolio che avevano prima.
Rapporti più stretti fra Mosca e Riyad potrebbero portare a esercitare una posizione dominante nel mercato dell’energia?
Sono grossi players ma devono stare all’interno di alleanze ancora più grosse: proprio perché la produzione americana è molto cresciuta non bastano Arabia Saudita e Russia, devono entrare nella prospettiva di alleanze più vaste, coinvolgendo i produttori più piccoli e forse anche il Brasile, che sta diventando un grossissimo produttore di energia.
Diventerebbero sempre di più i Paesi che controllano l’energia a livello mondiale?
Che ricontrollano, perché già controllavano il mercato. Hanno perso delle posizioni e ora stanno cercando di riconquistarle. Il prezzo del petrolio in questi mesi scendeva nonostante i loro sforzi: vuol dire che non riuscivano più a gestirlo fino in fondo.
Putin però, contemporaneamente, è anche alleato dell’Iran: come riescono i russi a giocare su questi tavoli?
Non a caso l’Iran ha riallacciato i rapporti con l’Arabia Saudita grazie all’intermediazione cinese: alla fine questa alleanza estesa tra Cina, Russia, Iran e forse Arabia Saudita è molto importante per Putin. Dimostra di non essere isolato, come l’Occidente ha creduto o ha voluto far credere. In questo mondo bipolare gli equilibri sono molto instabili e anche Paesi che non avevano un ruolo strategico rilevante lo stanno acquistando.
Russia e Arabia Saudita possono contare anche sulla guerra tra Israele e Palestina?
Dal punto di vista strategico e militare la guerra a Gaza non conta niente, tanto è vero che non ci sono stati effetti sui mercati, ma dal punto di vista dell’immagine conta tantissimo, perché l’opinione pubblica di mezzo mondo sta a guardare. Diventa una questione di bandiera: la Russia, pur essendo nel Nord, vuole far vedere che si mette a fianco del Sud globale.
Putin ha avuto anche una telefonata burrascosa con Netanyahu: i rapporti tra di loro come sono?
I rapporti non si sono mai interrotti. Israele ha sempre avuto un atteggiamento quasi equidistante sulla guerra in Ucraina e la telefonata non fa altro che ribadire che esiste un filo tra i due Paesi. Detto questo, è una telefonata delle tante che ci sono.
La Russia ha in mente un piano per Gaza o potrebbe appoggiare quello di qualcun altro?
Credo che in questo momento si concentri sull’Ucraina. Non può avere il ruolo di Qatar, Emirati e neanche dell’Egitto. Dovrebbe avere un rapporto con gli Stati Uniti che in questo momento non ha. E non può neppure proporsi.
(Paolo Rossetti)
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