C’è qualcosa di drammaticamente prevedibile nella vicenda di Giulia Cecchettin che potrebbe mettere in evidenza un comportamento da cui le ragazze, le donne, dovrebbero imparare a stare sempre e comunque alla larga. Rifuggire dalle relazioni tossiche. Prima di tutto la relazione tossica con il suo ragazzo, Filippo, probabilmente innamorato di lei, certamente geloso, e ossessivo nel suo bisogno di controllo quasi maniacale: così lo descrive la sorella di Giulia, che ne aveva colto con estrema lucidità gli aspetti del carattere più preoccupanti. Filippo Turetta inoltre viveva nei confronti di Giulia una competitività accademica, resa più evidente dal fatto che erano colleghi di corso. Entrambi studenti di ingegneria biomedica a Padova, ma Giulia aveva risultati migliori e si sarebbe laureata prima di lui. Cosa evidentemente insopportabile per Filippo, che le aveva chiesto ripetutamente di rallentare il ritmo degli studi, di aspettare a laurearsi, di non lasciarlo indietro. Filippo non voleva sentirsi e non voleva apparire inferiore.
Ma la scelta di Giulia di concludere comunque i suoi studi nei tempi previsti gli deve essere sembrata una umiliazione insopportabile, e l’ora X è scattata proprio alla vigilia della laurea, quando l’ha convinta ad andar via con lui, chissà per una gita, per una passeggiata finale, forse addirittura per festeggiare qualcosa insieme. Certo non una cosa serena, se un vicino li ha visti discutere e ha sentito Giulia protestare a gran voce. Ma in ogni caso Giulia ha accettato quest’ultima sfida, che è stata fatale per lei. Non è riuscita a evitare un rischio drammatico che andava prendendo forma di momento in momento. Nonostante stampa e tv rimandassero costantemente le loro immagini, nonostante gli appelli dei genitori, Giulia durante la sua “gita” non è riuscita a liberarsi di lui, che evidentemente la controllava attimo per attimo. E quando, forse per un secondo, è scesa dalla macchina, non ha trovato nessuno a proteggerla, ma solo una minaccia ancor più violenta e micidiale, come rivela il video messo a disposizione dalla polizia. Eppure, tutto avrebbe potuto salvare Giulia: bella, intelligente, determinata, con una famiglia e delle amiche, a cominciare da sua sorella, consapevoli del rischio e pronte a metterla in guardia. C’era la festa di laurea che l’attendeva con un futuro pieno di promesse, ma poi l’ultimo inciampo: quell’appuntamento accettato controvoglia, al quale non è sopravvissuta.
Questa è la settimana di prevenzione della violenza contro le donne, il 25 sarà la giornata contro i femminicidi. Ma già da oggi tutta la nostra attenzione deve concentrarsi sulla prevenzione, che significa saper raccogliere i segnali e utilizzarli intelligentemente, senza aver paura di fuggire davanti a quelle che sembrano, anche se non se ne ha la certezza assoluta, vere e proprie trappole.
Giulia aveva tutto per essere felice e certamente non le sfuggivano i segnali di debolezza dell’altro: di debolezza e non di forza! Aveva anche una rete socio-familiare affettuosa ed efficace, ma anche lei come tante altre ragazze, giovani e meno giovani, doveva imparare a dire dei “no” senza ritorno, soprattutto ad una persona che aveva stabilito con lei una relazione tossica. Eppure, Giulia sapeva coltivare la sua autonomia negli studi e la sua libertà, ma proprio per questo non avrebbe dovuto concedere nulla all’amico, che in un attimo può convertirsi in nemico.
La fermezza dei “no” deve diventare la nuova forza della donna, che troppo spesso concede un’ultima occasione, per chiarire, per spiegare. E quella diventa davvero l’ultima occasione. Molte altre cose si potranno fare in un futuro anche prossimo, con una polizia più attenta, con braccialetti più sensibili, con una formazione più solida, ma ora occorre dire di “no”, subito; insegniamo a dire dei “no” alle adolescenti, non appena una relazione si rivela nella sua tossicità. Impariamo e insegniamo alle ragazze a dire di “no” e a stare alla larga.
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