TIPOLOGIA A2, PRIMA PROVA MATURITÀ 2022: TRACCIA SVOLTA, ANALISI E INTERPRETAZIONE DI UN TESTO LETTERARIO ITALIANO
Nella novella Nedda la protagonista intreccia una relazione con Janu, un giovane contadino che ha contratto la malaria. Quando Nedda resta incinta, Janu promette di sposarla; poi, nonostante sia indebolito per la febbre, si reca per la rimondatura degli olivi a Mascalucia, dove è vittima di un incidente sul lavoro. Nel brano qui proposto Verga, dopo aver tratteggiato la condizione di vita di Nedda, narra della morte di Janu e della nascita della loro figlia.
Il tema degli “ultimi” è ricorrente nella letteratura e nelle arti già nel XIX secolo. Si può affermare che Nedda sia la prima di quelle dolenti figure di “vinti” che Verga ritrarrà nei suoi romanzi; prova a collegare e confrontare questo personaggio e la sua drammatica storia con uno o più dei protagonisti del Ciclo dei vinti. In alternativa, esponi le tue considerazioni sulla tematica citata facendo ricorso ad altri autori ed opere a te noti. QUI IL TESTO NELLA TRACCIA A2 E LE DOMANDE D’ESAME
MATURITÀ 2022, TRACCIA SVOLTA A2: ANALISI TESTO VERGA, “NEDDA. BOZZETTO SICILIANO”
Nedda è la prima novella di Giovanni Verga (1840 – 1922) in cui compaiono i vinti: i protagonisti della maggior produzione verghiana. Edita per la prima volta il 15 giugno del 1874 sulla «rivista italiana», Verga ha 34 anni quando decide di cambiare stile e temi con un racconto che riscuote grande successo e segna l’inizio del verismo in Italia. Con questo «bozzetto siciliano», come lo definisce l’autore stesso, Verga inizia un percorso letterario che si lascia alle spalle i temi mondani, i duelli e gli amori aristocratici. Con ancora un gusto romantico dalle tinte forti e dai risvolti tragici si dedica invece alle «gente meccaniche e di piccol affare» che avevano già fatto il loro ingresso nella storia della letteratura italiana con I promessi sposi.
Da un punto di vista stilistico Nedda non può ancora considerarsi una novella verista, non vi è ancora l’impersonalità, tratto successivo della penna verghiana. Il narratore è sì esterno ma si può identificare con l’autore e orienta profondamente il giudizio del lettore. Anche il registro è colto ed elevato. Con una tecnica anche manzoniana, infatti, Verga restituisce il lungo ritratto di Nedda. Parte dai caratteri fisici da cui sin da subito emergono anche quelli morali e psicologici ma che dicono immediatamente della denuncia sociale dell’autore. Per la prima volta Verga sceglie una protagonista umile, della sua terra, collocata in un ambiente contadino.
Nedda è una povera manovale e raccoglitrice di olive che lavora in un podere alle falde dell’Etna. L’attitudine timida e ruvida della ragazza è data, si dice schiettamente, dalla miseria e dall’isolamento; ella si ritrova all’«ultimo gradino della scala umana»; poteva essere bella senonché la povertà e le condizioni sociali disumane che la obbligano a un lavoro che è più vicino alla schiavitù brutalizzano i suoi tratti. L’autore è presentissimo, con sguardo disincantato difende il proprio personaggio, si sente la sua caratura morale e la sua sferza.
Il tema, quindi, è quello dell’esclusione sociale, che si traduce tragicamente nella legge del più forte. Ecco che in Nedda troviamo tutte le premesse del realismo verghiano: si svela così la tragedia silenziosa di una povera orfana (come spesso accade nelle trame verghiane).
Ella rimane incinta di un altro manovale che muore, malato di malaria, in un incidente di lavoro sui campi, rimane quindi, sola e soprattutto isolata, con la propria figlia illegittima che non vuole affidare alla ruota del convento e per questo viene giudicata dalla società, dalle altre donne, dal prete della comunità. Ella è colpevole di essere rimasta incinta, della sua povertà. Qui Nedda conosce il massimo di esclusione sociale e allo stesso tempo è esaltata nella sua solitudine, nel suo essere vittima. Ella porta dei valori e ancora dei sentimenti che invece vengono criticati da una società basata sul rendimento economico e sull’ipocrisia del perbenismo. Il lettore compartecipa pateticamente delle sue sorti, prova pietà per la Nedda che sperimenta l’estraneità tipica dei maggiori personaggi verghiani. Ma, si capisce, attraverso questo ritratto, Verga vuole condannare una società che è disumana e non sa accogliere gli ultimi. La polemica attraverso la messa in risalto delle ingiuste fatiche patite dal corpo di Nedda è ai potenti e a una società brutalizzata. Nedda quindi si contraddistingue come la prima vinta dei personaggi di Verga che con Rosso Malpelo e il suo Ciclo prenderà sempre più il punto di vista di chi non vince, di chi non ce la fa. Ove la coscienza della propria debolezza si traduce in trasfigurazione eroica.