Improvvisamente tutta la stampa italiana si sveglia e spaccia per grande novità uno studio di tre assistenti universitari – Ruben Durante (Universitat Pompeu Fabra di Barcellona), Paolo Pinotti (Bocconi di Milano) e Andrea Tesei (Queen Mary University, Londra) – sull’influenza che le tv di Berlusconi avrebbero avuto sia nel favorire la sua corsa al potere che nel rimbecillimento collettivo degli italiani. Beh, non è una grande novità, se si pensa che già tanti anni fa Enzo Jannacci asseriva in una canzone :”La televisiùn la te indurmenta mè un cujùn”. E non c’è bisogno di essere milanesi per capire cosa significa.



Che i contenuti trasmessi dalla tv abbiano un influsso sul modo di pensare della popolazione è sempre stato evidente. Se la tv democristiana di Bernabei aveva fatto conoscere con i grandi sceneggiati i capolavori della letteratura e prodotto uno spettacolo di altissima classe come Studio Uno a cura di Falqui e Sacerdote, la tv berlusconiana ha sdoganato l’avanspettacolo tramite programmi come Drive In e personaggi come Umberto Smaila, famoso per il suo programma pieno di donnine, Colpo Grosso. È indubbio che la tv commerciale, e in primis quella di Berlusconi, non si è quasi mai posta il problema di acculturare nessuno, ma soprattutto di fare ascolti per acquisire pubblicità. Seguita poi a ruota dalla Rai, che pur avendo compiti di Servizio Pubblico remunerati dal canone, si è ben presto omologata. Tra l’altro, se andiamo a ben vedere, il famoso contratto con gli italiani fu firmato da Berlusconi a Porta a Porta (in Rai quindi) di cui per molto tempo è stato ospite fisso. Come tutti i potenti di turno.



Non risponde quindi a criteri di particolare novità lo studio rilanciato dall’American Economic Review, in quanto trattasi inoltre di una “ribollita”. Se si va a cercare un po’ in rete, si scopre che questo stesso studio fu pubblicato per la prima volta nel 2015, ripubblicato nel 2017, e ora rilanciato a metà 2019. Senza che nessun organo di informazione abbia ricordato che è vecchio di almeno quattro anni, e costruito sulle basi di un altro studio sempre degli stessi autori (2007) sulla diffusione della tv in Italia, in parte molto simile. Quindi proprio nessuna novità.

C’è semmai da domandarsi come mai tutti si siano buttati su questa non-notizia, proprio quando Berlusconi sta lentamente scomparendo dalla scena politica, se si deve dar retta ai sondaggi che oggi danno a Forza Italia intorno a una percentuale del 6,5% in termini di peso elettorale. E come mai un’autorevole rivista americana si sia prestata a questo rilancio di uno studio per nulla nuovo. Mah. Guardando le cose da quassù, nella mia fresca caverna di Betelgeuse, mi sembra di capire che stiano accadendo cose alquanto strane nel Bel Paese – e non solo – e che ogni cosa è buona per distrarre l’attenzione e riempire i giornali di non notizie. Ma forse, se le mie antenne spaziali non mentono (e non lo hanno mai fatto) tra un po’ di giorni dagli Stati Uniti potremmo avere un po’ di notizie vere, in grado di far capire molte cose. Vedremo.