Cronaca di una puntata di Annozero che comincia a poche ore dai severi provvedimenti presi verso il conduttore. Fintamente morbido, Santoro cerca di smontare il clima di contrapposizione personale con il direttore generale della Rai che gli ha comminato 10 giorni di sospensione per l’insulto del “vaaffànbicchiere…”, cita Freccero che si domanda come mai per 14 anni filati Santoro abbia potuto sviluppare il suo personale e provocatorio stile di anchorman dichiaratamente fazioso, e solo dopo il famoso editto bulgaro abbia cominciato ad avere problemi. Cerca di spostare il problema dall’infrazione disciplinare (“posso aver sbagliato”) alla sottrazione del diritto degli spettatori che lo seguono con crescente interesse (quasi 300.000 in più a ogni puntata) e, come sempre, lancia il carico da undici prima dell’interruzione pubblicitaria: invita tutto il suo pubblico a raccogliere e inviare una petizione a suo favore al presidente della Rai.
Alla ripresa del programma, dopo che è stata lanciata l’intercettazione del vicedirettore del Giornale Porro insieme alla problematica degli operai senza lavoro, Bersani chiede di dire la sua su quanto sia stata sbagliata la modalità della sanzione. Inopinatamente d’accordo anche Formigoni – che rompendo i possibili schieramenti politicamente precostituiti – avrebbe preferito un primo cartellino giallo; così pure la pensano Epifani e Riotta. Il giovane Zurlo, vicedirettore del Giornale approfitta per dire di essere d’accordo nel difendere la libertà di Santoro giornalista di dire la sua, per affermare che molto più grave è stato perquisire il Giornale violando palesemente il principio della libertà di stampa.
Con molta astuzia Bersani collega – dal suo punto di vista – il tentativo di silenziare Santoro con il tentativo di silenziare le notizie sulla crisi. Molto in forma, pacato, efficiente nell’eloquio, il governatore Formigoni dimostra cifre alla mano che di crisi bisogna invece parlare ricordando che comunque si tratta di una crisi globale, e che Tremonti non poteva fare diversamente e che anzi ha fatto benissimo a pensare innanzitutto alla stabilità.
L’inizio trasmissione mostra in filigrana il collaudato “metodo Santoro”, che prevede il lancio di diversi sassi nello stesso stagno, creando tensione drammatica e soprattutto quella “confusione” che a parer suo rende tutto più televisivamente interessante e soprattutto fa scatenare i gladiatori da lui invitati per far scorrere il sangue. Ma gli invitati di questa puntata non erano né Santanchè né Sallusti, ma Formigoni, Bersani e Riotta il cui stile oratorio è molto più da gentleman che da gladiatori. Immaginando che la tensione sarebbe calata un po’ in studio per gli ospiti prevedibilmente meno aggressivi, Santoro ha subito calcato la mano rilanciando il drammatico caso dell’Omsa e delle oltre 350 operaie in cassa integrazione di fronte a una situazione di mera sopravvivenza. È così che la frittata televisiva in salsa santoriana viene cucinata, gli ingredienti sono volutamente eterogenei, e il livello della trasmissione dipende in gran parte dallo stile dei presenti.
Continua
Mollate di colpo le operaie in crisi, si torna sul caso Marcegaglia, facendo recitare a degli attori le dichiarazioni rese dalla presidente della Confindustria al magistrato. Nel siparietto del TGZero Santoro fa rilevare una contraddizione: Marcegaglia non telefona al proprietario, Paolo Berlusconi, ma a Confalonieri, insinuando che – in violazione della legge sull’editoria – lui sarebbe il proprietario vero. Difficile il ruolo di Riotta, costretto a parlare del suo editore, che prova a lanciare a sua volta il suo sasso nello stagno: se la Marcegaglia ha reagito così, questo è il segnale che il clima di intimidazione esiste, e la riprova sarebbe nei vari dossier che hanno occupato i mass media per tutta l’estate. Rimprovera inoltre a Bersani che la stessa sinistra ha passato molto tempo a parlare di tutto tranne che dei problemi concreti delle aziende e degli operai in crisi.
Poi le discussioni fra sindacalisti fanno cadere la tensione e quasi venti minuti se ne vanno tra citazioni di sigle e di patti in deroga incomprensibili ai più. Alla ripresa si riparla per un attimo del conflitto di interessi, ma si capisce che è un argomento che non scalda nessuno. L’interesse risale quando una accorata terzista di Prato racconta il suo caso e pone al centro della discussione il concetto di “dignità”. Lo stesso concetto rivendicato dalle operaie dell’Omsa che hanno rilevato che oltre a quei pochi soldi è loro venuta meno l’identità perduta da chi perde il suo lavoro.
Questo è l’ingrediente migliore del programma di Santoro: ogni tanto qualche concetto importante come “dignità della persona” riesce a fare aggio sulle risse da gladiatori. E su questa lunghezza d’onda che in conclusione Formigoni può mostrare la sua statura morale lanciando un messaggio di speranza e di apprezzamento per chi non si arrende.
Complice Vauro che ha preso a prestito “La libertà” di Gaber per le sue vignette su Annozero, Santoro conclude facendo cantare al pubblico in studio i versi: “La libertà è partecipazione”. Aprendo di fatto la campagna per la raccolta delle petizioni a suo favore.