Ultima puntata di “Vieni via con me”: inizio per soli fiati, tipo brass band a mo’ di fuga, giusto per marcare subito il territorio, sottolineare che loro fanno un programma di élite che riesce a farsi guardare da 10 milioni di persone… poi Fazio si toglie subito alcuni sassolini dalle scarpe, con il sorrisetto di quello che dall’alto dei suoi ascolti può dire oramai quello che vuole. Così si permette di sfottere i “pro-life” affermando che è un nome assurdo perché presupporrebbe l’esistenza dei “pro-morte”. E così si toglie dai piedi tutto il dibattito su Englaro e Welby, su cui per la verità sia Aldo Grasso che Giuliano Ferrara hanno detto cose sensate, implorando di rappresentare anche la realtà dell’eroismo di chi fa ogni giorno scelte diverse. Delle proteste dei cosiddetti “pro-life” se ne sbatte ampiamente, così come di un ordine del giorno del Cda Rai votato a maggioranza anche dal presidente. È proprio vero, come ha scritto Grasso, che in questa occasione si rischia di sbagliare tutti. Come è pensabile infatti che un Cda entri nel merito delle scelte editoriali dei programmi… è un precedente pericoloso! Ma come è pensabile che su un tema tanto delicato non si sia ritenuto di dar voce, in forma poeticamente autorale, ad una sensibilità del tutto diversa?
E invece no, la risposta secca è stata che la loro tv è fatta di racconto. Se ad altri piacciono altri racconti, facciano altri programmi: e qui si è toccato il vero tasto dolente. Perché “Vieni via con me” ha dimostrato che esiste una parte del mondo dello spettacolo capace di raccontare in tv storie emozionanti a base di parole, sentimenti, immagini, pochi effetti speciali, bella musica, pur parteggiando palesemente per un approccio culturale radicaloide, laicista, relativista. Mentre “l’altra parte” sa partorire solo i Vespa, i Paragone, i Bagaglino… e quindi pur avendo molte ragioni sembra incapace di toccare le corde del cuore se non attraverso la strumentalizzazione di eventi choccanti, la spettacolarizzazione della politica o la comicità da avanspettacolo. Così sembra andare il mondo televisivo.
Ma parliamo dei dettagli: parte il primo elenco con tutte le cose di cui siamo fatti, vale a dire gli oggetti e i volti delle persone che hanno fatto la storia del cinema, della politica, del giornalismo, dello spettacolo e della letteratura italiani. Molte le citazioni degli uccisi per strage o dai terroristi… così non si può obiettare niente, nemmeno se qualche ingrediente del cocktail può risultare indigesto o per nulla condivisibile.
Saviano rievoca il terremoto, fa provare cosa significano 37 secondi ininterrotti di paura. Racconta cosa è successo nella casa dello studente. Vittime del terremoto? No, vittime di lavori fatti male, secondo lui, come dimostrerebbe la perizia della Procura. La sorella di un ragazzo morto legge la perizia… eccoci alla capacità di impiegare drammaturgicamente anche la lettura di un documento burocratico… altro che pistolotto di Maroni! Se fosse confermata, quella perizia sarebbe il simbolo dei lavori fatti male solo per guadagnare tangenti sugli appalti o per avere consenso politico… Saviano dice delle amare verità che susciteranno nuove polemiche… certo il rischio di generalizzare è forte, ma come non essere d’accordo in questo caso nella stigmatizzazione dei metodi di chi ha speculato su ogni cosa fregandosene della vita e della morte?
Man mano che la trasmissione va avanti, però, l’ideologia e il partito preso si fanno sempre più evidenti. Come nel caso di una coreografia che evoca festini selvaggi di personaggi sempre più sguaiati e pazzi, allegoria di potenti arricchiti indifferenti al dolore che hanno procurato rubando, dediti ad ogni voracità e perversione… e ogni riferimento a Wikileaks non è per nulla casuale.
Entra il Premio Nobel Dario Fo, che elenca le cose che il Machiavelli diceva ai governanti istruendoli su come si faceva per mantenere il potere… dette con sguardo di intenzione per alludere alle stesse turpidini messe in atto da chi gestisce il potere ai giorni nostri. E qui anche gli sguardi di intesa di Fazio si sprecano.
Da questo momento in poi c’è uno dei momenti più mosci della trasmissione: rappresentanti di Onlus tutti appartenenti al loro stretto “giro” leggono elenchi delle tristezze del mondo osservate facendo le loro opere di bene… altre Onlus, ben più rilevanti e importanti, non ci sono… (si facessero fare un programma da qualcun altro. Ecco un bell’esempio dell’uso del potere televisivo). E figuriamoci se non c’era Emergency… Poi gli ovvii pensieri di una mamma che attraversa Napoli per portare i bimbi a scuola come in una gimkana tra buche e spazzatura. Potevano mancare anche gli ovvii pensieri di una ricercatrice sul tetto contro la riforma universitaria? E l’elenco di incredibili banalità sulla scuola lette dallo scrittore Domenico Starnone? No. E purtroppo non ci hanno risparmiato nemmeno l’immancabile don Luigi Ciotti, capace di fare un pistolotto proprio simile a quello di Maroni. Ma come, non si invitano i “pro-life” …ma gli amici del loro giro sì! Che importa se sono professionisti del presenzialismo volontaristico televisivo, che importa se gli si lasciano dire con voce tremante banalità come “legalità vuol dire umanità”?
Sorpresa: entra il Procuratore nazionale antimafia Grasso, che dice con evidenti difficoltà di parola cosa serve per battere la mafia, ma il tono e lo stile sono gli stessi di Maroni, e inoltre il suo pistolotto è davvero troppo lungo e retorico… si vede che la terza puntata che ci è piaciuta quasi tutta, è stata concepita in un irripetibile stato di grazia, il che dimostra che 4 puntate sono fin troppe e il format a lungo non regge.
Inoltre Grasso critica apertamente la riforma della giustizia… e meno male che Fazio aveva appena dichiarato che la sua non era una trasmissione politica, motivo per il quale non avrebbe accolto le istanze dei “pro-vita”…
Daniele Silvestri canta una assai modesta canzone inedita su uno che vuole andare via, mentre pupazzi umani tristi si dibattono come in crisi epilettica. A proposito, nemmeno quanto a musica si riesce a tenere il livello della terza puntata. Poco emozionanti infatti De Gregori e Elio, purtroppo come minestre riscaldate. Unica punta, l’improvvisazione finale di Bollani. Intermezzo comico di Cornacchione che legge le più modeste battute di Berlusconi: l’intento è evidente, ma almeno Guzzanti non se l’era presa solo con il Premier. La sensazione è che visto il clima generale si siano sentiti autorizzati a stare da una parte sola…
L’ultimo monologo di Saviano inizia glorificando gli studenti che occupano i monumenti. Sostiene che chi li occupa difende la Costituzione che invoca il pieno sviluppo della persona umana e il diritto allo studio per i meritevoli. Mah! Il colpo di teatro è il brano sul tariffario del voto di scambio… davvero sconcertante, se vero.
Poi spiega che non fa paura chi racconta le storie, ma i milioni di persone che le ascoltano e le ripetono. Ma mentre riflettiamo sul significato civile di questa affermazione, Saviano raggiunge il vertice dell’ineffabile affermando che il racconto di Welby era una storia d’amore e non di morte. Che raccontare quella storia era anche un atto di rispetto verso chi la pensava diversamente… e qui proprio non ne abbiamo potuto più: tutta la poesia, la capacità drammaturgica di quello che poteva essere un bel programma si sono trovate a naufragare miseramente nella difesa ad oltranza del proprio pregiudizio ideologico e della propria verità intesa come unica e sola. Peccato. Peccato davvero.