Come poteva il vostro vecchio maestro Jedi mancare la sessantesima edizione del Festival di Sanremo? Nell’arco della sua lunghissima esistenza non ne ha mancata una, e così anche stavolta l’ha seguito, guardando la tv, leggendo giornali, e soprattutto seguendo la divertente chat organizzata dal Sussidiario, ricca di spunti e osservazioni di giovani e meno giovani, esperti, curiosi, spesso giustamente impertinenti.
E poi non si poteva davvero perdere la banda dei carabinieri che avrebbe eseguito sul palco dell’Ariston il motivo conduttore di Guerre Stellari. Il brano è stato suonato a regola d’arte: sembrava il disco originale… e infatti ai più esperti non è sfuggito che mentre la banda se ne andava in giro per il teatro, il suono non si allontanava ed era sempre perfetto…dato che era in playback. Insomma l’esecuzione era finta. Come il Festival.
Mai come quest’anno il Festival è infatti apparso prevedibile, con polemiche, esclusioni, ripescaggi, televoti già scritti. Dopo il primo trionfante bollettino sui buoni ascolti, l’inconsapevole direttore di Raiuno (giornalista voluto dalla politica – secondo la vulgata giornalistica – a svolgere il ruolo manageriale di direttore di rete) ha sparato con entusiasmo la seguente sentenza: «i grandi ascolti dimostrano che questo Festival è la fotografia dell’Italia, e quindi il pubblico italiano vi si riconosce».Nulla di più tragicamente vero.
Dal punto di vista tecnico la squadra che ha gestito il Festival non si è risparmiato nulla pur di fare audience: se si esclude lo sciagurato scivolone di Morgan, è evidente che ogni espediente è stata tentato e programmato a tavolino, dalla scelta di determinate canzoni, allo spogliarello di Dita Von Theese, alla sceneggiata dell’orchestra che contesta il televoto.
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Ma come è possibile che si riesca a pilotare da ogni punto di vista uno spettacolo così complesso che coinvolge tutto il sistema radiotelevisivo nazionale? E’ più che possibile, basta analizzare alcuni elementi che prenderemo in considerazione, partendo dallo strillo di copertina di un settimanale molto polemico sullo scandalo che sta coinvolgendo la Protezione Civile: “Il partito del fare quello che gli pare”.
Yoda non si vuole occupare di politica, ma non può fare a meno di osservare che nel caso della settimana di Sanremo, a chi parla dell’esistenza di una unica rete denominata “Raiset”, non si possono dare proprio tutti i torti. Infatti le reti Mediaset non hanno “controprogrammato”, anzi, hanno sbaraccato e sospeso programmi che avrebbero sottratto audience alla manifestazione canora.
Perché uno dei perni di questo sistema è il manager Lucio Presta, così descritto da Aldo Grasso sul Corrierone: «Ancora una volta è lui il vero vincitore di Sanremo. Forte della sua scuderia, (che va dalla Clerici a Bonolis a Benigni a Costanzo), è riuscito a fare in modo che Mediaset disarmasse il palinsesto e cancellasse Zelig, Le iene, Io canto. In altri Paesi interverrebbe l’Antitrust, da noi si esaltano gli ascolti di Sanremo».
Su questo perno si basa – televisivamente parlando – “il partito del fare quello che gli pare”. Dall’imporre la Clerici, giustamente così descritta – sempre da Grasso – : «È piaciuta al pubblico perché non sa muoversi, si concia come un Ferrero Rocher gigante e, impalpabile come un paracarro, fatica a padroneggiare la scena. Piace perché è prevedibile in tutto quello che dice e che fa. Vai, Antonella, sei una di noi!». E al maneggiare il Festival ad uso e consumo dei due Talent show (Amici e X-Factor) o per promuovere le trasmissioni o gli spettacoli in cui “il partito” ha lo zampino.
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Facessero spettacoli di eccezionale qualità… Ma se il livello è quello di programmi come quelli di quei poveri bambini obbligati a imitare i grandi, a vestirsi come nelle telepromozioni, a cantare con i vezzi degli artisti affermati… che tristezza! E soprattutto, che mediocrità, rivenduta come merce di qualità apprezzata da grandi audience.
Molto opportunamente, durante la chat organizzata da il sussidiario.net, diversi interventi hanno avanzato sospetti sul meccanismo del televoto. A prima vista sembra impossibile che la massa del pubblico voti contemporaneamente per Scanu, Mengoni e Pupo, tralasciando del tutto altri artisti famosi e meritevoli. Perché se è vero che il televoto è il meccanismo preferito cui gli adolescenti sono stati abituati proprio dai Talent Show, così alte percentuali per Pupo & C. non tornano proprio.
E infatti, senza tante perifrasi, ecco cosa scrive Francesco Specchia su Libero: «Il televoto, questo mistero laico che estrae dall’oblio sorprese straordinarie… Ma è vero che la società che gestisce il televoto fa capo a Magnolia che produce X-Factor? Certo non significa nulla – Noemi e Maiello sono bravissimi di loro – ma non stona un po’ con l’atmosfera da mercato di talenti senza macchia dell’Ariston? Ma è vero che l’intervento del Cocciante dal musical di Giulietta e Romeo, tracimato di mezz’ora, è stato voluto dal nostro conterraneo Gianmarco Mazzi direttore artistico e – toh – organizzatore del musical stesso?
Altro particolare. Non s’era detto, quest’anno niente comici, chè rallentano lo spettacolo e non ci sono soldi? E allora che ci faceva un imbarazzante Giovanni Vernia, comico di seconda fila di Zelig, qui piazzato sul palco dello show più ambito e più visto d’Italia? C’era un elemento che rendeva l’esatta idea del tutto: lo sguardo attonito di Bob Sinclair, il dj più noto del mondo piazzato a mettere dischi dietro al cabarettista più ignoto. Sanremo lo specchio d’Italia…».
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Che dire di più? Un paese condannato ad un inevitabile declino perché se anche si merita, nulla conta se non fai parte di un giro. Curioso poi che le polemiche sul principe Emanuele Fliberto abbiano sepolto così in fretta il caos sollevato dalle dichiarazioni di Morgan.
E che nessuno abbia ripreso l’intervista al Riformista nella quale Irene Grandi affermava serenamente che se l’esame del capello per la droga fosse reso obbligatorio, a Sanremo non ci potrebbe andare nessuno. Mmm… davvero interessante, per non dire tragico. Ragion per cui il vostro Yoda si avvia di corsa verso galassie dove l’atmosfera è più limpida e meno asfissiante, lasciandovi con alcune parole di Francesco Merlo che molto opportunamente sono state ricordate da un partecipante alla chat de il sussidiario.net: «L’Italia di Sanremo rende ridicole le figure tragiche: Morgan è il Michael Jackson alla pizzaiola, in accoppiata con la Clerici antidroga introduce la malafede e mitizza Sanremo celebrandone una funzione che mai ha avuto, insinua l’idea di un festival che non è mai esistito…»
Baudo voleva far entrare Sanremo nella storia della cultura, la Clerici, che parodizza la banalità acqua e sapone ha cancellato in una sola sera Mina e Patty Pravo, la Loren e la Cardinale, e ha inaugurato il trash nazionalpopolare della canzone, dello spettacolo, della donna italiana .