Tanto per cambiare si parla del Rubygate. Sfidando una certa stanchezza – oramai se ne parla dovunque e a qualsiasi ora, più di Cogne e di Avetrana – Ballarò si occupa ancora della turbolenza politica dovuta ai comportamenti veri e presunti dei vertici della classe politica.
La copertina di Crozza cerca di “sfottere” la telefonata di Berlusconi a L’Infedele di Gad Lerner, è molto più divertente di Vauro, ma il clima non sembra essere molto disponibile a scompisciarsi dalle risate.
Con il suo intervento, il Ministro Romani tenta di dimostrare che nelle 386 pagine trasmesse alla Camera, così come nelle frasi del Cardinale Bagnasco, non c’è alcun riferimento a comportamenti men che meno leciti. Tabacci e Gentiloni si domandano che film abbia visto, ma lui insiste, si cominciano a dare sulla voce e ben presto non si capisce nulla.
Dopo un servizio nel quale vengono mostrate le reazioni dei mass media di tutto il mondo, il Ministro Rotondi afferma senza mezzi termini che le feste di cui si parla non rappresentano altro che l’eleganza tipica di tutto quello che fa Berlusconi. Sic. Si concede pure che siccome Berlusconi è un “bon vivant”, visto che è stato il promotore di Drive in, con i suoi ospiti si diverte a passare le serate in quello stile. Mah! Il vostro Yoda ogni volta che vede Rotondi deve confermarsi nell’idea che sia un Ministro dotato di un umorismo talmente raffinato per cui le sue granitiche certezze alla fine risultano incomprensibili ai più.
Anna Maria Artoni, rappresentante di Confindustria, cerca di riportare la discussione su argomenti più concreti, tipo la necessità di spingere la crescita economica, ma dato il contesto, le sue apprezzabili osservazioni risultano addirittura stonate.
Dopo la pubblicità, si mostra una specie di blog con spezzoni di difese di ministre e signore filo-Berlusconiane, con momenti di personaggi assai aggressivi come Santanchè, Sgarbi, e lo stesso Premier nel suo intervento telefonico a L’Infedele. Un semiologo ha buon gioco nell’affermare che sono stati mandati in campo i personaggi più aggressivi perché più capaci di convincere le masse. Ma no! Yoda non se lo sarebbe mai immaginato.
Giannini (Repubblica) sostiene – come già Santoro – che ciò che Romani e Rotondi negano era già stato ampiamente illustrato alla stampa dalla moglie Veronica Lario. Poi cerca di spiegare come sia avvenuta la presunta concussione, secondo lui causa scatenante di tutta l’inchiesta, che si è mossa andando a verificare i rapporti tra tutte queste persone – in larga parte di dubbia moralità – e qualcuno che le ospiterebbe a pagamento.
Nicola Porro attacca con lo spartito del processo mediatico, gli altri si leggono e si suonano il loro, e così cresce l’impressione che la musica sia già ben nota. Bruno Tabacci, con veemente dignità, se la prende con Rotondi, che per tutta risposta propone a Rai e Mediaset di registrare il format Bunga Bunga da mandare in onda così si scoprirà che non c’è niente di male… Ogni commento è superfluo.
Manca Pagnoncelli, così il commento dei sondaggi, praticamente immutati dalla settimana scorsa, perde parecchio del suo appeal. Miguel Gotor, Ordinario di Storia Moderna dell’Università di Torino, propone di astrarre il giudizio dal caso in discussione, e di considerare invece come negli ultimi vent’anni, che lui ha chiamato gli anni di Berluscolandia, le istituzioni si siano progressivamente degradate e moltissimo tempo collettivo sia stato speso occupandosi dei problemi di ogni genere legati al solo Berlusconi.
Va in onda un servizio sulla drammaticità della situazione economica, cui segue una domanda/assist di Floris a Gentiloni: perché Berlusconi dovrebbe andare a casa? Risposta assai prevedibile: perché così almeno ci si può concentrare sui problemi illustrati dal servizio. Mai come in questo caso la filigrana dei servizi e delle domande dimostra un ben precostituito percorso della trasmissione. Da lì in poi si procede a zig-zag, un po’ secondo lo stile santoriano, saltando dallo scandalo del momento all’economia, dal valore dei bot alla crisi edilizia spagnola.
Francamente Yoda comincia a non poterne più di queste insalate russe di argomenti abbozzati e poi troncati, di queste liturgie televisive sempre uguali a se stesse, di questi conduttori che hanno fatto di se stessi un marchio di fabbrica invece di inventarsi ogni anno qualcosa di nuovo. Si capisce così perché si buttano come mosche sul miele su casi come quello di Ruby o di Avetrana. Entrambi capaci di attizzare il peggiore e fin troppo facile voyeurismo televisivo.