Un tempo c’era Alighiero Noschese. Le sue imitazioni, straordinarie, sapevano cogliere l’essenza intima di ogni personaggio imitato. Ma dati i tempi, nei quali il Servizio Pubblico non poteva minimamente disturbare il manovratore, i suoi sforzi si concentravano sui tentativi di riprodurre alla perfezione le caratteristiche fisiche dei suoi bersagli, i loro tic, il loro incedere, il loro modo di parlare. Mentre i testi non erano né latori né rivelatori di alcun messaggio politico o antipolitico.
Crozza è tutt’altra cosa. Le sue caricature tentano solo un accenno di somiglianza fisica, mentre il massimo della sua ricerca insiste su una quasi sempre assai riuscita riproposizione della voce del personaggio preso di mira.  E poi sui testi, che hanno sempre un intento di satira politica e lo scopo di sbugiardare i luoghi comuni e mettere in luce i punti deboli e le deficienze dei personaggi.
Inizia con l’imitazione di Bossi, reso molto veritiero, ma non supportato purtroppo da testi realmente divertenti. Si avvertiva di più  il desiderio di dire che il re è nudo, e che da leader il senatùr si è trasformato in macchietta. Altrettanto fa con Berlusconi, facendogli rivisitare i dieci comandamenti. Strappa qualche sorriso qua e là: oggettivamente le sue polveri sono un po’ bruciate dal fatto che poco prima il telegiornale ha mostrato un duetto tra Berlusconi e Scilipoti, amaramente esilarante di per sè.
Curiosamente insiste con la gag di Napolitano tra i due corazzieri, già vista altre volte, ma che come altre volte ha dato ben pochi spunti per sorridere.
Assai più divertente il suo Montezemolo, “leader dell’Italia dei carini”. Tutti i difetti di ”chi non mai lavorato” vengono radiografati senza pietà. Ma la voglia di ridere rimane nella strozza, perché mentre si vorrebbe farlo ci si accorge che finito Berlusconi, novità positive all’orizzonte non se ne vedono.
L’accusa di avere pregiudizi ideologici verso il centrodestra viene subito zittita da una gag in cui Favino/Don Camillo duella con Crozza-Bersani/Peppone.

Satira politica, buona imitazione dei personaggi, ma una volta passate le prime battute sui tic del segretario del PD, i testi mostrano nuovamente la corda, incapaci di reggere ad un ritmo incalzante in tempi lunghi.
Ci erano piaciuti i trailer, e così avviene, come per i film d’azione: perché succede che i promo, senza tutte le lungaggini dei film veri, si rivelino spesso molto più efficaci dell’intero film.
Neanche ci avesse ascoltato, ecco uno sketch sulla Merkel di brevissima durata: l’impatto è fulminante, grazie anche ad un tedesco maccheronico tradotto dai sottotitoli a volte pure censurati. Pero si ride a mezza bocca, perché i lazzi sui politici italiani rivelano ahimè amare verità.
Va poi in onda un davvero strano siparietto tra un Marzullo finto e un Della Valle vero: le domande cattivelle della copia di Marzullo servono a Della Valle per dire tutto quello che vuole far sapere di sé. Che si tratti di una nuova forma di pubblicità occulta? O era quella che invece in inglese si chiama product placement? L’ospite di turno risponde a domande apparentemente maliziose con degli spot istituzionali su sé stesso: complessivamente c’è assai ben poco da ridere. Tanto per dire, la battuta migliore è “Visto che lei è proprietario della Tods, risponde a verità che per il figlio di Bossi abbia progettato le Trots?”.

Dopo la pubblicità, si prendono in giro i vizi e i vezzi di certi programmi televisivi che campano su veri o presunti misteri: Crozza sa imitare alla perfezione le esagerate iperboli di presentatori che annunciano servizi che alla fine non si rivelano per nulla drammatici. Poi si cimenta nella presa in giro di un programma della Rai ribattezzato Kazzenger, con qualche battuta carina, ma troppo lungo e quindi alla fine anche questo piuttosto noiosetto.
Il vostro Yoda intanto pensava: adesso arriva il pezzo forte. E invece no, perchè alla fine dello sketch su Voyager, Crozza saluta con un trionfante “Ci vediamo venerdì”.
Yoda non sa se è deluso perché si aspettava di più o perché c’è ben poco da ridere su vizi, vezzi e abitudini di una classe dirigente che appare incapace di applicarsi seriamente nel tentativo di uscire dalla più grande crisi del dopoguerra. Rimane il fatto che a far ridere per oltre un’ora e mezzo di fila ci riescono per ora solo Proietti, Fiorello e Grillo. Tolte le indubbie capacità di Crozza nel costruire caricature azzeccate, si sente la necessità di un maggiore impegno sui testi.
Vedremo alla seconda puntata.