Gestire una puntata di un talk show politico subito dopo l’annuncio che Berlusconi si dimetterà una volta approvata la legge di stabilità è un’opportunità che non capita tanto spesso, e infatti Floris su questo tema inizia la puntata, leggendo un po’ di cartelli con i freddi numeri che fotografano la debolezza del governo e il preoccupante aumento dello spread e dei tassi dei titoli pubblici. Così si parte con un servizio che assai impietosamente mostra che quello che si pensava potesse essere un viaggio in discesa, si è dimostrato un percorso a ostacoli condito da scandali e figuracce internazionali. Crozza non crede che Berlusconi si dimetterà, sfotte Bersani e la Carlucci, ma le uniche battute che fanno ridere sono quelle un po’ goliardiche. Poi c’è un servizio sulla giornata, con Versace che dichiara: “I veri traditori sono quelli che al governo hanno permesso allo spread di raggiungere quota 500 punti”.

Il primo ospite chiamato in causa è un mesto Bondi, obbligato a prendere atto che la maggioranza si è indebolita a causa dell’abbandono di diversi parlamentari anche molto vicini a Berlusconi. Enrico Letta parla di una giornata storica che chiude un’epoca durata 17 anni, sulla quale bisognerà fare poi un’analisi storica accurata. Il dato che emerge, secondo lui, è che in ogni famiglia c’è oramai qualcuno che paga gli effetti della crisi anche a causa di una prolungata agonia di un governo già fin troppo esausto. Bondi difende a oltranza l’operato del governo, che secondo lui sta dando segno di grande dignità nel voler prima approvare la legge di stabilità. E così siamo già entrati nella solita involuzione del dialogo tra sordi.

Il direttore del Corriere De Bortoli sottolinea che Berlusconi ha promesso di dimettersi per un motivo squisitamente politico e non per attacchi giudiziari o personali. Poi dichiara di essersi sentito assai in imbarazzo di fronte alle domande dei colleghi stranieri, ragione per cui è urgente che tutti diano una mano per cercare di rovesciare la pessima immagine che l’Italia ha dato finora all’estero. Applauso generale, incluso quello di Yoda. Lucia Annunziata sostiene che non è così sicuro che Berlusconi rispetterà la sua promessa, e che, anzi, teme “il calcio dell’asino”.

Ancora un servizio che mescola momenti postivi e negativi delle ultime legislature, con l’intermezzo prodiano, e mostra un po’ di titoli di giornali stranieri che annunciano al premier che il tempo scaduto. Pubblicità. (Molto divertente quella di Cesare Augusto con i pugnali conficcati nella schiena. Più divertente di Crozza, stasera). Alla ripresa, si leggono i punti della nuova lettera della Ue a Tremonti, in cui si chiede fermamente di fornire maggiori dettagli sull’attuazione di promesse troppo vaghe. Assai impietose le riprese di Berlusconi, che al G20 è stato palesemente evitato e ignorato da tutti, nonostante la sua affermazione in conferenza stampa che nessuno meglio di lui sa rappresentare l’Italia nel mondo.

Il direttore de Il Tempo Sechi fa una lucida analisi di cosa ci obbliga a fare l’Europa, motivo per cui nessuno si sente di andare al governo: così non restano che le elezioni anticipate. Di fronte alla domanda se si sentirà di ubbidire all’Ue applicando provvedimenti tutti lagrime e sangue, Letta, da buon esponente di sinistra, cincischia parlando di una risposta di stabilità, dimenticando che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca…e torna a riproporre un governo tecnico. Il presidente della Lega Coop Poletti fa un appello di responsabilità ai partiti implorandoli di fare un passo indietro, sicuro che gli italiani – a fronte di serie ipotesi di sviluppo – sapranno accettare anche duri sacrifici. Sarà vero? I cartelli con le varie posizioni dei partiti italiani di fronte alle richieste dell’Ue, la dicono lunga sulla difficoltà di trovare una univoca risposta di stabilità.

De Bortoli osserva che, da cittadino italiano, non vorrebbe mai più vedere un presidente del Consiglio e un ministro dell’Economia in un così aperto dissidio nelle occasioni internazionali. Insiste sulla gravità del momento che richiede a tutti i partiti qualche sacrificio. Riconquistare un’immagine buona è la chiave per riconquistare credibilità, e quindi per far abbassare i tassi magari ai livelli di quelli inglesi. Lucia Annunziata taglia corto: secondo lei, c’è molto di non detto nelle due ipotesi di soluzione. La scelta di un governo tecnico contiene l’ammissione del default della classe politica di un intero Paese. Elezioni a gennaio significa andare a votare con una legge elettorale che ha ucciso il parlamento, e quindi di nuovo zero credibilità.

Un po’ bruciati i sondaggi di Pagnoncelli, fatti prima della promessa di dimissioni: comunque oramai la maggioranza degli interpellati auspicava le dimissioni di Berlusconi, mentre il 51% desiderava le lezioni anticipate. Il 55% temeva addirittura il rischio di default. Riguardo alle intenzioni di voto, vincerebbe la sinistra, ma nel contempo la maggioranza non crede che Bersani, Di Pietro e Vendola possano coesistere.

Alla fine Letta e Bondi si rinfacciano a vicenda di essere troppo generici, per cui come al solito siamo di nuovo daccapo: dibattito circolare, con solo qualche punta di lucidità, a opera soprattutto dei non politici. Giornata intensa e complessa, conclusa con un Ballarò un po’ sfiancato, sempre uguale a se stesso, come lo era Annozero, come lo è Servizio Pubblico, e quindi anche i talk show politici sono la metafora di un Paese stanco e sostanzialmente fallito, come lo dipingono i giornali stranieri. E così il vostro vecchio Yoda se ne andrà a letto tutt’altro che tranquillo, oltre che un po’ annoiato.