Come sempre avviene nella storia del marketing, sono i piccoli inseguitori a innovare. Nel campo della televisione i due grandi broadcaster italiani sono tenacemente attestati su rendite di posizione che non riescono ad abbandonare. A un’analisi fredda e impietosa risulta evidente che i palinsesti sono più o meno sempre gli stessi da circa dieci anni, oltretutto infarciti di format comprati all’esterno e all’estero.
Confidando su una platea televisiva sempre uguale a se stessa e sempre più anziana, un po’ per pigrizia e un po’ per la paura di rischiare, i programmisti di Rai e Mediaset sembrano porre tutta la loro fiducia sul fatto che ciò che ha funzionato continuerà a funzionare. Avviene così che il compito di innovare spetti a una televisione “del 2%”, tale è lo share medio che sembrava le fosse concesso dagli accordi non scritti di un mercato… molto poco mercato.
Sarà stata la necessità di recuperare redditività nonostante i tagli di un bilancio perennemente in rosso, sarà stato il desiderio di aumentare il valore di una rete per venderla al meglio, sarà stato il desiderio di mettere fuori maggiormente gli artigli in un campo minato, sarà stato tutto quello che volete, ma il fatto è che oggi La 7 è la rete che sta dimostrando maggiori capacità di innovazione. Già gli identificativi di rete e i billboard sono freschi, moderni, facilmente memorabili. Lo spazio dei dibattiti del mattino si è conquistato rapidamente l’interesse del pubblico colto e alfabetizzato.
Da quando è arrivato Mentana il tg ha fatto un balzo più che raddoppiando la sua audience, in questo caso grazie – più che a una vera e propria innovazione – al ritorno a un giornalismo televisivo capace di dare l’impressione di essere indipendente. A traino del tg è stata ora messo l’indovinato programma G-Day, affidato alla brillante Geppi Cucciari. Il vostro Yoda si era accorto già da tempo delle doti di Geppi, un po’ sacrificate dal compito di dover fare da spalla a Vittoria Cabello, diventata assai presto troppo ripetitiva e inutilmente sboccata.
Svincolatasi dal contesto di Victor Victoria, sempre più gratuitamente infarcito di parolacce, allusioni sessuali e gestacci da scaricatore di porto, la nostra Geppi sta dimostrando di possedere, oltre che la compagnia di buoni autori, anche ironia e autoironia, verve, gusto dissacrante entro i limiti del buon gusto, e soprattutto grande capacità di gestire la diretta, capacità che si scopre appena in studio non funziona qualcosa, e ogni incidente sembra addirittura previsto dal copione.
Geppi è la dimostrazione che la buona improvvisazione può nascere solo se hai alle spalle un solido background professionale e culturale, come ci mostrano Fiorello e Proietti. E che se alle spalle non hai granché finisci per diventare una macchietta sempre uguale a se stessa, come ci mostra invece la Cabello. Spulciando il curriculum della Cucciari si scopre che proviene dalla gavetta di Zelig, che è laureata in giurisprudenza alla Cattolica di Milano, che è già al suo secondo romanzo, e che ha vinto una Grolla d’oro come migliore attrice di sitcom.
G-Day è genuinamente divertente, perché sfotte i vezzi e gli errori (e gli orrori) della tv con una levità sconosciuta alla macchina schiacciasassi di Striscia la Notizia. Dice le cose che tutti almeno una volta ci siamo chiesti: perché i titoli dei telegiornali vengono letti con quella cantilena senza senso? Perché le interviste non riescono a prescindere da obbligatorie domande stereotipate che interessano di norma solo all’intervistato? Perché la sondaggiomania ha invaso ogni programma serio e meno serio? Spogliando il re di tutti i suoi vestiti, con il suo simpatico accento sardo, Geppi ci fa vedere che è nudo perché si è coperto solo con abitudini ripetitive, regalandoci finalmente un po’ di sano divertimento, dato che finalmente si ride un po’ con il cervello e non solo con la pancia, intrattenendoci per una manciata di minuti prima del Tg.
Assai gustoso vedere come gli ospiti, pur pronti a stare al gioco, siano parecchio sulla difensiva dentro il frigorifero in cui sono virtualmente inscatolati. Nella puntata di ieri, Concita De Gregorio, caruccia e ben agghindata come forse riteneva giusto essere visto che partecipava a un programma leggero, è diventata subito molto guardinga di fronte alla pungente ironia di Geppi. Ironia arguta, assolutamente bipartisan, ma non dosata secondo il bilancino della “par condicio”, bensì accuratamente ritagliata sui punti deboli dell’invitato di turno.
Vedremo se Geppi saprà tenere il ritmo sostenuto con cui è partita. Yoda se lo augura, perché vorrà dire che la ventata di aria fresca che è passata sulla landa desolata della tv italiana non è stata solo uno sporadico spiffero.