Bisogna ammettere che Santoro ha una fortuna sfacciata: tutti i giovedì succede qualcosa che gli può permettere di trattare in trasmissione argomenti freschi di giornata. Così nell’anteprima può ricordare che Sarkozy in giornata ha proposto di bombardare la Libia, ma poi decide, vista la presenza in studio di Tremonti, di mostrare un servizio con un famiglia ridotta sul lastrico per la perdita del lavoro da parte del padre…e poi, però, si inizia con i profughi del Bangladesh che scappano dalla Libia per tornare a casa loro.
Si continua con gli egiziani che gridano “uno, due, e tre… l’ambasciata dov’è?”. E con le migliaia di lavoratori di ogni Paese che cercano di varcare la frontiera con la Tunisia. Si ascoltano i tunisini che non sanno come trattare i 100.000 profughi che sono entrati nel loro Paese, altro che le poche migliaia che arrivano a Lampedusa. E reclamano l’intervento dell’Onu per cercare di affrontare questa catastrofe umanitaria.
La parola viene data a Tremonti, cui viene messa addirittura a disposizione una lavagna a fogli mobili, pronti a sentire da lui una lezione universitaria su come è cambiata l’economia negli ultimi vent’anni. Tremonti asserisce che fino alla caduta del muro di Berlino, c’era un miliardo di persone che si scambiava beni reali. Mentre oggi accade che ci siano 4 miliardi di persone che vivono in un’economia nella quale per ogni scambio reale ne avvengono venti virtuali (cioè di pura finanza).
Il fatto davvero insolito è che si assiste a un duetto in cui Santoro chiosa e spiega ulteriormente, come un assistente, le già chiare spiegazioni del Ministro-professore. Che ribadisce la sua tesi, secondo la quale i soldi pubblici in molti Paesi sono stati usati per salvare le banche, invece che sostenere l’economia reale. Sostiene che in Europa ci sono voragini legate alla crisi della Grecia, dell’Irlanda e dell’Islanda, e chi gli ha prestato soldi rischia di non vederli mai più. Per quanto riguarda l’Africa, il cocktail esplosivo è dato dalla speculazione che ha affamato questi Paesi in cui c’è troppa diseguaglianza sociale.
Santoro decodifica ulteriormente il pensiero di Tremonti: in Italia ci si è messi al riparo rifugiandoci nella piccola virtù dell’economia reale. Santoro teme che la lezione sia stata troppo soporifera per lo stile di Annozero, così passa la parola a Scalfari, che però continua sugli stessi argomenti, con un linguaggio certamente più adatto ad Harvard che ad un programma d’assalto… anche perché alla fin fine, nonostante qualche scaramuccia, Scalfari concorda in tutto e per tutto con Tremonti.
Nel tentativo di accendere un po’ di benzina, Santoro chiama in causa Bertinotti, dopo tanto tempo rientrato in un’arena televisiva. Il vecchio leone sostiene innanzitutto che gli europei non sanno più chi sono, e quindi non sanno come rapportarsi con la realtà. Poi contesta a Tremonti il fatto che la disuguaglianza sociale non è uno degli ingredienti della crisi, ma l’ingrediente principale che ha fatto diventare strutturale la crisi. Che riguarda soprattutto l’Occidente, visto che Cina, India, Vietnam, Madagascar e altri ancora crescono quasi tutti a due cifre. In più gli europei sono stati complici dei regimi autoritari accodandosi alla politica di Bush.
Santoro cerca ancora di semplificare, ma alla fine si capisce che si sta girando intorno a un tema drammaticamente semplice: è nato prima l’uovo o la gallina? È la speculazione che ha innescato la bomba che ha fatto esplodere le disuguaglianze, o è l’insopportabilità delle disuguaglianze che ha messo a nudo i guasti della speculazione? L’argomento è tosto, i presenti non litigano, anzi danzano leggiadramente scambiandosi il fazzoletto come in una danza settecentesca. Temiamo per la solita audience: il garbo degli ospiti, inserito nello schema di Annozero, produce probabilmente un po’ di torpore televisivo… dimostrando che essere seri e catturare a un tempo l’attenzione non si può fare con i soliti mezzucci da combattimento di galli.
Con toni ulteriormente felpati, De Bortoli ricorda che la globalizzazione ha fatto circolare denaro, ma non la democrazia. Nell’annunciare la pubblicità, Santoro avverte che dopo si metteranno i piedi nel piatto, vedendo come stanno realmente le cose in Italia. E così si capisce che questa prima parte è stata costruita per mettere a suo agio Tremonti per poi farlo attaccare frontalmente dagli operai senza lavoro. Vogliamo scommettere?
Pubblicità. Si riattacca con una diretta da un’industria meccanica di eccellenza di Torino, dove sono riuniti un gruppo di imprenditori che si sono messi assieme per fronteggiare la crisi. Magari delocalizzando in Svizzera… Ma Santoro interrompe il racconto assai interessante fatto da una imprenditrice dalla faccia pulita, per seguire lo stile Annozero: deviare su un altro tema ancora più caldo, come quello dei racconti dei profughi che scappano dalla Libia, per poi ributtare la palla a Tremonti. Che, essendo di gomma, non si scompone e riporta tutto a una visione generale: lo scontro di masse. Masse giovani spinte dalla crisi dei loro Paesi che si scontrano con masse europee abituate ai consumi che cominciano a perdere il loro benessere.
Scalfari ricorda la legge dei vasi comunicanti e avverte che per questo motivo tra gli stati ci sono passaggi di benessere, di persone che porteranno a un livellamento che genererà anche un meticciato. E sostiene che per questo le politiche protezioniste sono semplicemente antistoriche. Saltando come al solito di palo in frasca, la Innocenzi introduce un giovanissimo imprenditore cinese che rimprovera a Tremonti di fare lezioni universitarie invece di cogliere le opportunità della Cina, che oramai importa il 20% e esporta il 2%.
Bertinotti ricorda che bisognerebbe dimostrare lo stesso interesse verso le diseguaglianze domestiche rispetto a quello mostrato per i popoli nordafricani. Perché in Italia, per esempio, lo stipendio di un operaio rispetto a quello di un importante amministratore delegato si calcola in un rapporto da 1 a 450. Curiosamente, Tremonti concorda con Bertinotti, e riprende la sua lezione, ricordando che molte banche inglesi sono già dello Stato.
A scaldare l’ambiente ci si mette il felpato De Bortoli, che prova a ricordare come l’Italia abbia moltissimi punti di forza per ripartire. Purtroppo da Torino l’analisi è assai più pessimista, visto che si disegna uno scenario nel quale le aziende sono in asfissia finanziaria per mancanza di ordini, di credito, e per l’allungamento esasperato dei termini di pagamento.
Si arriva all’ultimo blocco di pubblicità, annunciando che nell’ultima parte si parlerà di cosa si potrebbe fare per uscire dalla crisi. Era ora, perché se il vostro Yoda cominciava a sentirsi estenuato, chissà i telespettatori medi… Pubblicità.
Quando è il suo momento, Travaglio, forte del suo archivio di citazioni, ricorda il fallimento della legge anticorruzione annunciata con molta enfasi da tanti politici di centrodestra. E ricorda come a Lunardi, a Pecoraro Scanio, e ad altri di tutti i partiti è stata negata ieri dal Parlamento l’autorizzazione a procedere. Aggiungendo che, mentre la legge giace in un cassetto del Senato, la corruzione quest’anno è aumentata del 228%.
Tremonti rivendica di aver fatto qualcosa di più che tenere in ordine i conti. Ha tenuto insieme il bilancio di un Paese che ha uno dei più grandi debiti pubblici del mondo, mentre il suo sistema economico è molto più piccolo. Ha protetto la spesa sociale e molte altre cose. Secondo lui il Nord Italia è tra le regioni più ricche d’Europa (mentre Bertinotti ricorda che i suoi lavoratori hanno gli stipendi più bassi d’Europa!). Curiosamente, dimenticando le sue cene con Bossi, ricorda che la soluzione è nel far crescere il Sud. E Santoro sbotta: “Dopo centocinquant’anni siamo ancora alla questione meridionale!”.
Mancano dieci minuti alla fine, deve ancora intervenire Vauro, e delle soluzioni e della crescita si sarà parlato al massimo per tre minuti. Alla fine un giovanotto accusa Tremonti di non capire niente di economia, visto che c’è troppa gente che perde il lavoro. Tremonti non raccoglie e ribadisce di aver fatto il meglio che si poteva fare. Arriva Vauro e nessuno, ma proprio nessuno, riesce a ridere nemmeno un po’.
Strana trasmissione: Tremonti ha fatto il Professore, Scalfari, De Bortoli, Bertinotti hanno ballato il minuetto, tutto il programma è trascorso facendo analisi. Per le soluzioni c’è sempre tempo. Chissà.