“Mazzini e Garibaldi erano personaggi controversi, con le loro debolezze, ma avevano grandi ideali. Noi abbiamo oggi una classe dirigente degna di loro?”. Così comincia Santoro la puntata che va in onda in concomitanza con la ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

Come tutta risposta, si manda in onda una clip a fumetti che illustra, drammatizzandola ulteriormente, l’apocalittica lettera che Celentano ha inviato al Corriere. Dopo la pubblicità parte una sequenza delle più terrificanti riprese di tsunami e terremoto, con la colonna sonora di una canzone ancora più apocalittica di Adriano. Per soprammercato, la sequenza inizia con una telefonata a un esperto di Tel Aviv che afferma alcune verità terribilmente preoccupanti sugli sviluppi della situazione a Fukushima.



Primo ospite D’Alema, che esprime solidarietà ai giapponesi, e dice che al referendum antinucleare lui e il suo partito voteranno sì. L’inviato della Rai Paolo Longo da Tokyo illustra una situazione caotica, dove nessun cittadino si fida del governo e tantomeno della società che gestisce le centrali, già nota per molte bugie dette in passato sui sistemi di sicurezza.



Il prof. Balzani dell’Università di Bologna, ricorda quanto una centrale nucleare sia critica, sia in termini di gestione, sia in termini di rischio complessivo connaturato ai problemi delle scorie che restano pericolose anche dopo i cinquant’anni della loro vita media. Formigoni, forse invitato per mettere in imbarazzo il governo viste le sue note posizioni prudenti sulla materia, invita alla riflessione, anche perché ci si è trovati di fronte a eventi talmente inauditi di fronte ai quali chiunque sarebbe stato impreparato. Non cade in alcuna trappola, e dimostra di sapersi muovere con una certa eleganza nella fossa dei leoni.



Come al solito Santoro tende a mescolare tutto, passando dal terremoto all’assenza dei leghisti tra i banchi del governo, chiedendo a D’Alema che ne pensa. Di fronte a questa domanda “assist”, D’Alema ha buon gioco nel ricordare l’alto livello del discorso tenuto dal Presidente della Repubblica, “ringraziando il cielo per non avere un altro Presidente che magari avrebbe potuto portare Lele Mora e il bunga-bunga al Quirinale”. Afferma, inoltre, che se il Presidente del Consiglio avesse più forza, sarebbe in grado di costringere i leghisti a venire in Parlamento.

 

Mieli concorda sull’incertezza della guida governativa, ma ritiene che chi non vuole festeggiare dovrebbe essere libero di farlo. Arriva a sottolineare che è meglio una festa vissuta con commozione e convinzione solo da una parte, piuttosto che una festa vissuta come un obbligo retorico da tutti.

 

Al procuratore Ingroia viene chiesto (altra domanda assist) come è possibile garantire la trasparenza di chi deve controllare, riferendosi all’esempio degli opinabili controlli sulle centrali. Ingroia ricorda l’esempio di Falcone e Borsellino, che erano lasciati in pace finché indagavano sulla mafia militante, mentre hanno cominciato a essere messi in difficoltà quando sono andati a toccare i cosiddetti “poteri forti”. D’Alema cerca di svicolare, Formigoni ricorda che grandi processi come Parmalat, Cirio e altri, si sono stati fatti, mentre molti altri sono finiti con assoluzioni.

 

Dall’ammezzato, la suffragetta radicale Innocenzi introduce un giovane “scienziato” di simpatie verdi, che però si esprime con pacatezza e senza eccessive ideologie: così è la seconda volta di fila che il dibattito ad Annozero si svolge su binari di una certa compostezza, senza incidere sull’audience, come è successo per l’ultima puntata.

A Travaglio viene lasciato il compito di buttare un po’ di benzina in studio, insieme a un po’ di cerini accesi, visto che torna a parlare di come la riforma della giustizia condannerebbe in sostanza i magistrati a una condizione di subalternità all’esecutivo, oltre che a provocare un colossale ingorgo nei tribunali. Tutto predisposto ad hoc per Ingroia, già accusato di andare su un palco pubblico a criticare la riforma della giustizia. Il procuratore rivendica il suo diritto a criticare una riforma come qualsiasi cittadino, dicendosi sicuro che questo non deve incidere minimamente sulla sua attività di magistrato.

 

Formigoni ricorda che la riforma della giustizia recepisce molte proposte della bicamerale, mentre D’Alema sostiene che invece sono magari simili i titoli, ma la sostanza è molto diversa. E che oggi si avverte il bisogno di tutto tranne che di una riforma simile, fatta in un momento difficile da una classe dirigente che non sa stabilire le priorità. Formigoni gli ricorda che siamo in ritardo di 15 anni, e che la sinistra fece la riforma del titolo V della Costituzione con solo due voti di vantaggio. Mieli afferma che, pur nel rispetto delle opinioni, sarebbe meglio che i magistrati non scendessero in campo ad agitare la piazza non perché è vietato, ma perché non lo si fa in nessun altro Paese.

 

Per vivacizzare la puntata si aggiunge Ruotolo, in collegamento da Lampedusa, dove la bandiera è esposta a mezz’asta perché si ritengono abbandonati, e in un centro per 800 persone ce ne stanno ammassati 2200. In più, Santoro preannuncia dopo la pubblicità, per la gioia di D’Alema, un intervento di Beppe Grillo sul nucleare. E così sulla griglia di Annozero sono già un bel po’ di bistecche a cuocere…

 

Nel suo secondo intervento da Tokyo, Paolo Longo ci fa capire che i giapponesi sono preoccupati non per la mancanza di notizie, che sono moltissime, ma per la mancanza di notizie certe che non vengono date dai gestori delle centrali di cui nessuno si fida. Grillo attacca duramente la classe dirigente dichiarando che oramai siamo tutti coinvolti in una guerra. D’Alema non raccoglie, al referendum voterà con Grillo, poi lancia un appello al Governo: accolgano gli emigranti nella ex-base americana non utilizzata di Comiso, dove ci sono alloggi utilizzabili per 10.000 persone.

Da Lampedusa un generale in pensione dei Carabinieri urla che non ne possono più, che non si può mettere una tendopoli solo a Lampedusa. Formigoni annuncia che durante la pausa pubblicitaria l’Ansa ha battuto la notizia che il Governo da domani aprirà un campo di raccolta a Catania e altri in altre zone, e ricorda che anche l’Europa si dovrebbe assumere la sua responsabilità.

 

Di nuovo, quando arriva Vauro, dopo una serata così, c’è poca voglia di ridere. Qualche sorriso però lo strappa, con molto fair play, a D’Alema e Formigoni, diretti bersagli della sua satira: stanno al gioco e il governatore della Lombardia batte addirittura le mani a una battuta sulla Minetti. Troppa carne al fuoco, così nonostante la presenza di ospiti preparati, e soprattutto educati, la ricerca della verità è stato un esercizio assai difficile. Con l’unico risultato di andare a dormire con qualche angoscia in più, ma con il pieno di audience.