Per una volta gli strillatori di professione dell’Idv, stranamente non hanno stonato: prendendosela con gli spot sul canone messi in onda dalla Rai, hanno gridato allo scandalo per la strumentalizzazione dell’abbraccio di Giovanni Paolo II a pastori di fede diversa. Davvero curioso che siano loro a farlo, ma tant’è… degli “altri” gli unici a lamentarsi sono stati quelli dell’Api e la Garavaglia dalle file del Pd. La sequenza incriminata, nelle intenzioni degli autori ancora sconosciuti, serve a sottolineare che in Rai c’è tanto pluralismo e rispetto per tutte le fedi. E che quindi merita di essere sostenuta con il pagamento del canone.

Gli spot sono diversi, alludono allo sport, al sociale, all’informazione, all’educazione, all’intrattenimento di qualità. La voce è quella di uno speaker molto sentito nel doppiaggio di notissimi attori, il tono – tra l’enfatico e il commovente – sembra celebrare un’impresa semplicemente eroica e meritevole per tutto il servizio pubblico che fa. Ma spulciando qua e là tra Twitter e Facebook, spunta una “vox populi” tecnicamente inappuntabile da sembrare una critica di Aldo Grasso. Molti sostengono – a ragione – che “pare di vedere gli spot della Chiesa sull’8 per mille. Peccato che siano a favore di un’istituzione che all’educazione e alla solidarietà dedicherà si è no il 5% delle sue risorse”.  Si tirano in ballo il solito Piero Angela – la vera unica riserva indiana di servizio pubblico –  e persino il maestro Manzi: ma sono passati sessant’anni!

Anni fa per lo meno si cercava di fare dello spirito… ed era assai meglio. Così ci si rideva su e si pagava, ci si lasciava convincere che in fondo tutta quella roba costava meno di un caffè al giorno. Alla fine degli spot di oggi in rapida sequenza passano i nomi dei nuovi canali digitali, che in effetti contengono parecchie proposte interessanti… ma subito incalzano diversi cinguettii: “Bella roba, almeno prima in analogico si vedeva qualcosa”. E poi – altro che dulcis in fundo – in zona Cesarini c’è la clamorosa rottura di linguaggio, la definitiva caduta di stile: dopo aver ricordato che la tassa del canone è un dovere civile per ricambiare tanta dovizia di offerta, la voce da morbida si fa secca, a ricordare che quella tassa è anche un obbligo.

In definitiva ne viene fuori un minestrone mal congegnato e peggio cucinato. Si copiano malamente le campagne della Chiesa Cattolica, ci si prende troppo sul serio ignorando la superba quantità di schifezze mandate in onda da mattina a sera per scippare un po’ di audience alla tv commerciale, nel tanto goffo quanto inutile tentativodi gloriarsi di una tv che non c’è più (o al massimo è visibile ogni tanto a notte inoltrata). 

La strumentalizzazione dell’immagine di Giovanni Paolo II non è che l’ultimo scivolone: dopo averci campato sopra per tanto tempo da vivo e da moribondo, si vede che anche da morto la Rai spera di cavarci qualcosa. Questo, dalla cattolica direttora generale, tanto intima con alte gerarchie vaticane, non ce lo saremmo mai aspettato. Si vede che è proprio vero, come è successo a diversi presidenti, consiglieri, direttori generali, che una volta arrivati al settimo piano di Viale Mazzini si perde spesso la cognizione della realtà, per non dire la testa.

Peccato che sia poi dalle scelte concrete, come questa davvero risibile, modesta, pasticciata campagna a favore del canone, che si capisce se si è in grado di dirigere un’azienda così complessa in un momento così complesso: vox populi docet. E per una volta siamo pure costretti a essere d’accordo con quelli dell’Idv: bel risultato, cara vecchia Rai. Ti abbiamo sempre perdonato tanto, ma questo è davvero troppo!