Nel Paese e nelle istituzioni sta succedendo di tutto e a Santoro non pare vero di andare in onda in mezzo alla confusione politica e civile. Già nella puntata scorsa, potendo rovistare a piacere nel dramma dell’Ilva (ci mancava solo un modellino della fonderia, in puro stile Vespa…), s’era lasciato scappare che grazie a tutta quell’esplosione di problemi, lui poteva tornare a fare la televisione che più gli piace. Così, nell’anteprima della trasmissione, attacca subito a testa bassa, sostenendo che dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dato ragione a Napolitano, dai muri dei tribunali bisognerebbe levare la scritta “Le legge è uguale pere tutti”.

Segue un “pastone” televisivo in cui si sono mescolati pazienti in attesa da troppo tempo in lettiga in un pronto soccorso, e indagini sull’uso e l’abuso delle scorte anche da parte di ex ministri ed ex-parlamentari. Pastone messo lì solo per fare un po’ di rumore e basta. Infatti, alla fine del servizio si decide di parlare immediatamente d’altro, chiedendo a Paolo Mieli di ripercorrere quanto successo in Parlamento nelle ultime ore perché ne dia un giudizio. Mieli afferma che al centrodestra conviene l”election day” solo perché così potrebbe limitare i danni di una serie di sconfitte elettorali accumulate a ripetizione. Così sta cercando di accelerare i tempi facendo traballare il Governo Monti.

Intanto Ingroia è già in collegamento, e appare ogni tanto sul maxischermo aspettando di intervenire sul giudizio della Consulta. Si fanno ascoltare un po’ di registrazioni di telefonate di Mancino sulla faccenda della trattativa tra Stato e mafia, e poi Santoro chiede a Ingroia se si senta un eversore. Ingroia dice di no, asserendo che lo sarebbe stato se non avesse fatto di tutto per non fare uscire le intercettazioni del Capo dello Stato. Poi entra in una serie di dettagli giuridici incomprensibili ai più.

Travaglio imbocca anche lui lo stesso sentiero, afferma di non capirci niente nemmeno lui, ma solo per dire che la sentenza è stata scritta volutamente in modo confuso per nascondere il fatto che la diffusione di telefonate casuali tra un cittadino e il Presidente della Repubblica non viola in realtà alcuna legge. Travaglio pone una domanda interessante: come mai le intercettazioni tra Bertolaso e Napolitano nell’indagine sulla “cricca” non hanno fatto alzare nemmeno un sopracciglio, mentre nel caso di quelle sulla trattativa Stato-mafia è successo un finimond? Segno, secondo lui, che c’è qualcosa da nascondere.

Mieli ricorda che però le sentenze della Corte si rispettano e stigmatizza il vizio di dichiarare “politiche” le sentenze non gradite. Un po’ indispettito, Santoro taglia corto e fa vedere uno spezzone in cui il generale Mori riferisce in un’aula giudiziaria di un suo incontro con Ciancimino in cui si accennò all’ipotesi della trattativa. Santoro fa stuzzicare Ingroia dalla Costamagna, ma il giudice non si scompone: conferma che le sentenze vanno rispettate, ma afferma anche che nessuno gli toglie dalla testa che per un qualche motivo sull’intera faccenda si è voluto alzare un polverone capace di confondere il quadro complessivo.

Poi la bomba: una dichiarazione registrata della moglie di Paolo Borsellino che accusa Mancino di aver voluto deliberatamente tirare in ballo il Presidente della Repubblica per coprire qualcosa che lo riguarda. L’ultima frase di Agnese Borsellino è tremenda: “Quando mio marito tornò dall’incontro con Mancino, la sera mi disse che in quell’occasione aveva respirato aria di morte”.

Con la sua consueta abilità, Santoro lascia sospesa la questione, e fa parlare Mannino, che è stato assolto dopo molti gradi di giudizio e che afferma che ogni volta è emersa la sua estraneità a tutta la faccenda, e che quanto ha detto su di lui Ingroia nel suo ultimo libro è del tutto falso. Mannino parla a lungo, fa perdere pure la pazienza a Santoro, per giungere a dire che Falcone era preoccupato per la propria vita e per la sua.

De Magistris sostiene a muso duro che tra magistrati di Palermo e Consulta hanno ragione i primi. E che c’è un tentativo ben preciso per depistare e impedire di fare luce sulle stragi. Travaglio sostiene che la trattativa c’è stata eccome, come centinaia di persone sanno senza parlarne. Inoltre, fa notare che la verità ha cominciato a venir fuori per bocca di mafiosi pentiti, e che la classe politica ha cominciato a preoccuparsi solo dopo che è stato ucciso un politico come Lima.

Prima di lanciare la pubblicità, Santoro legge alcune righe del libro di Ingroia: “Io so che lo Stato ha responsabilità penali nelle stragi”. Bum. Pubblicità.

Mieli sostiene che non si può dire “Io so” come fece Pasolini senza averne le prove. Ingroia sostiene di averle, le prove, e di elencarle accuratamente nel libro in questione. Poi però si contraddice, e più che prove porta delle deduzioni, certamente plausibili, ma sempre di deduzioni si tratta. E qui casca l’asino…perché per quanto le deduzioni si incastrino assai bene l’una nell’altra, di vere prove non c’è l’ombra. Travaglio cerca di dimostrare che il ruolo del Capo dello Stato negli ultimi mesi è cambiato moltissimo, perché in occasioni sempre più ravvicinate il Presidente è intervenuto come e dove non avrebbe mai dovuto.

Mannino sostiene che la Democrazia Cristiana negli anni ‘80 decise di appoggiare l’operato di magistrati come Falcone e Borsellino, che con il maxiprocesso colpirono duramente la mafia, e che semmai le cose si sono rese più complesse dopo la fine della Dc. Ingroia sostiene che la trattativa non era tra tutta la Dc e la mafia, ma tra alcuni elementi della Dc e la mafia. E che Mannino fu risparmiato perché al suo posto fu ucciso Borsellino… a questo punto Mannino dà del mascalzone a Ingroia, che risponde con immediati annunci di querela. Così la trasmissione si infiamma per la massima gioia di Santoro.

Dopo l’ultimo break pubblicitario, si mostra un servizio in cui Giulia Innocenzi cerca inutilmente di consegnare a Casaleggio e Grillo le venti domande che girano sulla rete sulla trasparenza delle loro “parlamentarie”. Incursioni senza successo, ma si capisce che questo argomento potrebbe venire ripreso nelle prossime puntate.

Trasmissione ad alta tensione, un po’ per addetti ai lavori, dati i frequenti richiami ad articoli del codice penale. Argomento complicato, gestito sul filo dello scoop (moglie di Borsellino) e di molte disquisizioni giuridiche. Come al suo solito Santoro dissemina molti dubbi e getta molti sassi nello stagno pur di tenere alta la tensione.

Rimane la sgradevole sensazione che non gli interessi la verità in quanto tale, ma il fatto che sia tanto interessante quanto più viene tenuta segreta per qualche oscuro motivo. E che se proprio la si deve scoprire, che avvenga almeno nella sua trasmissione. Alla fine, che c’è di diverso da Vespa, untuosità a parte?