E così il vostro povero vecchio Yoda s’è dovuto sorbire per amore de IlSussidiario.net e dei suoi lettori anche l’ultima serata del Festival di Sanremo 2012. Sgradevolissimo l’inizio: una quantità di comparse che si scambiavano baci appassionati (quelli che si chiamano con un eufemismo “baci alla francese”). Così questa direzione artistica delle parolacce, delle vallette smutandate, degli ex cantanti e guru scoppiati e deliranti, ha voluto cominciare lo spettacolo con una scena inutilmente lubrica, per poi far stendere le immancabili bandiere della pace scrivendo con i corpi dei ballerini “love”. Quale grande e innovativo messaggio sociale! Forse è questo che intendono alla Rai come Servizio Pubblico.
Meno male che poco dopo è entrata in scena Geppi Cucciari, che con la sua battuta irriverente, pronta e – soprattutto – mai volgare, ha rimesso un po’ le cose a posto, facendo improvvisamente sembrare più vecchio di quello che è Morandi, incapace di andare al di là di parole come “grande, meraviglioso, bellissimo, straordinario”. Ma strapazzando anche il pubblico della balconata, sempre pronto ad applaudire qualunque cosa: “Ma vi mettono dei petardi in endovena?”
Poi finalmente arriva Celentano. Attacca subito a cantare, è il solito gramelot anglosassone. Per un attimo Yoda ha sperato che avesse accolto il suo auspicio: cantare e basta. Ma sarebbe stata una mossa troppo intelligente. Nervoso, molto nervoso, con la salivazione realmente azzerata, comincia il suo pistolotto di replica. Sfornando tutto il repertorio dei dittatorelli: denuncia “la corporazione dei media” schierata all’unanimità contro di lui, rea di aver scritto cose che lui non ha detto, di avere frainteso il suo pensiero: roba davvero da non credere. Poi affonda ulteriormente il suo coltello attaccando i vescovi dicendo che non lo hanno capito, mentre un povero piccolo semplice prete ospite della Venier sì (ma guarda che caso…). Poi spiega incredibilmente ai giornali cattolici come dovrebbero parlare di Gesù, e qui si inceppa farnetica, vaneggia, evidentemente fuori controllo. Sembra una pallida imitazione di quegli invasati predicatori americani che fanno soldi vendendo le bibbie alla tv la domenica mattina, mentre lui fa soldi vendendo il suo ultimo disco (casualmente in promozione in questi giorni) grazie a queste pagatissime ospitate della tv pubblica.
Immancabilmente canta una canzone del disco che parla di governanti ladri (vi pareva?), ma va fuori sincrono con la musica, non riesce nemmeno a leggere a tempo il testo della canzone seduto al tavolo della sua concione. Riprende il monologo, qualcuno finalmente gli urla “basta!”…e lui invoca la democrazia, chiedendo di lasciarlo finire, poverino, di dire la sua. Come se non avesse a disposizione – solo lui – il modo e il mezzo più potente per parlare, solo lui, a 15 milioni di persone. Come se non bastasse, si finisce con uno spettacolo ancora più imbarazzante: arriva Morandi, si siedono su uno scalino come due vecchi amici, e cantano un motivo lento stonando più volte entrambi!
Le inaspettate stonature del canto di due vecchi maestri come loro sono in piena corrispondenza con i vaneggiamenti stonati e fuori luogo dei predicozzi da strapazzo. Inoltre il pezzo non finisce mai, il finale riprende cinque, sei, sette volte, per stare a lungo sospeso per un numero eterno di battute. Il non saper concludere esprime bene l’incapacità di accettare un limite, e – nel caso dei due – nel non sapere invecchiare. Morandi addirittura piange (sic!) mentre la balconata (dopo evidente ulteriori iniezioni di petardi in vena) si spella le mani.
Qualcuno urla: “siete l’Italia”. E non si rende conto della grande verità che ha detto. In questo urlo c’è tutta la spiegazione dello spread e degli Schettino, come del divario con altre nazioni. C’è la metafora di una classe dirigente che se sa fare una cosa, ma ne vuole fare molte altre, imponendo la sua perenne presenza. E’ il caso di Celentano che vuol fare il predicatore senza averne la minima attrezzatura culturale, è il caso di Morandi che vuol fare il presentatore ma senza occhiali non distingue le parole sul gobbo o fa finta di parlare un inglese maccheronico “per non essere da meno” come cantava Iannacci. Complessivamente una vera pena.
Un po’ meglio I soliti Idioti: anche loro scomodano il Padreterno, con il volto dipinto dei clown, implorano un po’ di pietà e anche magari un applauso celeste, ricordando che in fondo sono solo dei comici, e non vanno presi troppo sul serio, nemmeno quando scappa qualche parolaccia. Sembra di sentire il gran respiro di sollievo dei dirigenti Rai per averla scapolata in qualche maniera portandosi a casa certamente grandi share per l’attesa di altri sfracelli che non ci sono stati. Meno male che dal punto di vista musicale le cose sono andate fino ad un certo punto benino, con il recupero di Carone e Dalla e con l’inclusione nella finalissima di cantanti (se non proprio di canzoni) tutti meritevoli. In testa Arisa, garbata, brava, assistita da un garbato e bravo Pagani. Capirete come aggettivi di questo tipo non siano di gran moda…E infatti la sala stampa rimanda indietro Arisa che era in testa promuovendo Noemi, mentre il televoto si fa attendere a lungo.
Mentre lo spettacolo si stiracchia (sono tutti lì da oltre quattro ore e mezzo!) sul web esplodono le polemiche: il testo della canzone di Emma che sicuramente vincerà è scritto male e sconclusionato ma “acchiappa per la sua attualità sociale”, si parla di una sorta di mafia della musica gestita dalla De Filippi con i suoi talent show che costruiscono la carriera sicura dei vincitori, si temono addirittura brogli che sarebbero la spiegazione di una così lunga attesa. Anche a Yoda piaceva di più Arisa, e comunque non gli dispiace che tra i finalisti siano finiti anche Dolcenera, e Carone e Dalla che probabilmente avevano l’unica “canzone” degna di questo nome. Trionfano le donne nella musica, si prendono pure una vendetta sui conduttori grazie a Geppi Cucciari, 10 spanne sopra Morandi e Papaleo. Perdono sul fronte vallette, ma qui siamo alle scelte del direttore artistico: Ivanka, più che colpita da una cervicalgia sembra aver ingoiato una intera asta del microfono. Non sapendo fare altro si è presentata con un conturbante nude-look, mentre Belèn ha fatto parlare tutta la stampa per uno spacco vertiginoso facendo discutere tutti i giornali, che non si sono peritati di fare a gara nel pubblicare macrofotografie dell’inguine della bella brasiliana, domandandosi se avesse le mutandine o no.
E’ così che ritengono di fare audience i mega dirigenti della Rai, signori miei. Con le parolacce, i baci lascivi, i nude-look, le farneticazioni in libertà. Salvo poi mandare commissari, prendere le distanze, e sotto sotto fregarsi le mani per gli ascolti che altrimenti con la sola musica non si riuscirebbe a fare. Ma allora perché si ostinano a fare ancora il Festival della Canzone Italiana? E soprattutto perché non hanno il coraggio di assumersi le loro responsabilità? Onore al merito di Geppi Cuccuari, che nel suo ultimo intervento li ha ben descritti salutando “la prima fila che… come i dieci piccoli indiani ogni sera ne sparisce uno”. Anche quest’anno il festival è passato, “tra velleità pseudospirituali confuse, polemiche sconclusionate, performance musicali mediocri” (il tweet è di Massimo Bernardini). E volgarità gratuite, scarsezza di idee autorali, abbondanza di stratagemmi per fare scalpore e audience, pessima figura dei massimi dirigenti, aggiunge Yoda. Che anche grazie al Festival ha capito il perché dello spread. Chissà se arriveremo vivi al prossimo Fesival…