Non scherza per niente Santoro, stasera a Servizio pubblico. Meno insinuante del solito, va subito giù pesante: “Si doveva agire d’urgenza sulle pensioni. D’urgenza sui licenziamenti facili. Ma su evasione fiscale e corruzione non sembra esserci la stessa urgenza”. E parte subito una intervista di Ruotolo al costruttore Piscitelli, quello che rideva dentro al letto di fronte all’idea del business da fare dopo il terremoto, che ha deciso di vuotare il sacco e collaborare con la giustizia: “Mi querelino pure, ma affermo a chiare lettere che tutti i cento e passa miliardi delle opere per i centocinquant’anni sono stati assegnati tramite gare tutte truccate”.

Poi si va all’attacco degli indagati della Regione Lombardia. Si parte dalla foto del Comitato di Presidenza del Consiglio Regionale, in cui quattro componenti su cinque sono stati coinvolti direttamente in inchieste di corruzione. Per la verità c’è qualcosa che non fila: si mescolano frasi tratte da verbali e ipotesi accusatorie in un racconto come di fatti oggettivamente provati. Alla faccia del garantismo: ma è così che si alzano tensione e audience. Lo scoop è che in studio è stato ricostruito il vecchio pool di mani pulite: Di Pietro, Colombo e Davigo. Più la vecchia volpe Clemente Mastella.

La prima domanda di Santoro è: i partiti sono andati in crisi per Mani Pulite, o erano già in crisi prima? Davigo non risponde nel merito, ma afferma che la loro azione è stata come quella degli antibiotici: hanno bloccato molti batteri, ma hanno fatto crescere i ceppi resistenti, che sono i corrotti di oggi. Colombo, sempre più simile allo scienziato pazzo dei fumetti, afferma che è stata una illusione pensare di modificare comportamenti devianti solo con l’azione penale. Mentre si sarebbe dovuto e si dovrebbe agire in altri campi della convivenza civile, per esempio in quello dell’educazione.

Secondo Di Pietro, “Mani Pulite è stata semplicemente la scoperta di un tumore sociale da parte dei radiologi. Ma invece di curare il tumore, se la sono presa con i medici (attaccando i magistrati, prendendosela con i mezzi di investigazione, delegittimando le sentenze, rendendo difficili i processi)”. Inoltre, sostiene che se Monti avesse introdotto una norma in base alla quale le aziende guidate da corrotti conclamati non potessero partecipare a gare pubbliche, la concorrenza vera ripartirebbe subito.

Piccolo cammeo di Sgarbi che da par suo chiarisce che contestualmente a Mani Pulite i partiti si sono dissolti, diventando partiti ciascuno con un padrone: Casini, Fini, Berlusconi, Bossi, Di Pietro…mentre i corrotti sono più corrotti di prima, nonostante la magistratura sia diventata addirittura più forte.

Mastella sostiene che i magistrati non dovevano fare una battaglia, ma amministrare la giustizia. Colombo sostiene che hanno fatto proprio quello. Semmai fu sopravvalutata la loro presa di posizione contro decreti che di fatto impedivano l’amministrazione della giustizia.

L’imprenditore Di Caterina sostiene di aver prestato oltre tre milioni di euro a Filippo Penati con la promessa che gli sarebbero stati restituiti…ma la ricostruzione in questo caso è molto meno aggressiva e soprattutto assai più breve, riprenderà più tardi.

Davigo attacca Formigoni sostenendo che è scorretta la sua posizione garantista, in base alla quale la politica deve attendere la fine dei processi per giudicare. Forza la sua tesi con un paragone efficace ma preoccupante: “Non affidereste vostra figlia al vostro vicino di casa accusato di pedofilia”. Con buona pace di tutte quelle persone la cui vita è stata distrutta da indagini senza risultati di colpevolezza, mentre la riabilitazione – quando è arrivata – è arrivata terribilmente tardi.

Penati si rifiuta di rispondere a qualsiasi domanda, salvo a quella che gli può far dire che in Lombardia bisognerebbe ritornare a votare. Sulla questione della contrapposizione politica-magistratura, Di Pietro, con la sua affabulazione contadinesca e istriona, chiarisce che il problema non riguarda la politica e i partiti, ma le persone. Che se sono pizzicate a rubare vanno in politica per non farsi arrestare o per rubare meglio. Facili e intensi applausi, ovviamente. Colombo chiarisce a sua volta che il quadro è peggiorato, ricordando ad esempio che la cancellazione del falso in bilancio ha reso molto difficile le cose.

Prosegue l’intervista di Ruotolo a Piscitelli. Il costruttore insiste sul fatto che non c’è una gara d’appalto assegnata dalla cricca Balducci che non sia stata truccata. Racconta come ha anticipato i soldi per le costosissime vacanze del sottosegretario Maliconico, che si è dovuto rimettere. Descrive inoltre come è stato chiamato a portare una mazzetta di 150.000 euro per i politici in ufficio dove c’era un tavolo completamente ricoperto di denaro. Pubblicità.

Travaglio, ribattezzato la Treccani di Mani Pulite per averci scritto un documentatissimo libro, supera se stesso, mescolando dichiarazioni oggettivamente ridicole di molti indagati con le proprie staffilate ironiche. Ogni tanto c’è un inserto di Sgarbi, che pone ogni volta assai lucidamente questioni non da poco: come mai i partiti ricevono rimborsi elettorali a volte dieci volte superiori alle loro spese elettorali? Un’altra questione non da poco la pone Santoro: se i processi durano troppo, i politici indagati hanno più facilmente buon gioco nel voler aspettare a dimettersi per raggiungere la prescrizione, contrabbandandola poi per assoluzione.

Di Pietro, pur convalescente da un intervento chirurgico (ma più in forma, frizzante e ironico del solito) insiste: una volta, quando li pizzicavano, o si davano alla latitanza, o si consegnavano. Da un certo punto in poi, hanno trovato una terza via: andare in Parlamento. Inoltre, sostiene che non si è ancora toccata la parte più grossa del tumore: la corruzione privata.

Lucidamente, Mastella – che è stato ministro della Giustizia – ricorda che la lentezza della magistratura sembra fare comodo un po’ a tutti, compresi gli avvocati e in molti casi gli indagati che mirano alla prescrizione. Colombo sostiene che sono gli italiani a non volere essere controllati se commettono irregolarità: sono stati scoperti tre milioni di certificati di assicurazioni false, dieci milioni di evasori, e via così.

In fine di trasmissione la famiglia di imprenditori Pasini (padre e figlio) raccontano a chiare lettere come la loro categoria sia sempre stata totale ostaggio della politica per fare i propri affari.

Davigo conferma che tutti gli schieramenti politici hanno di fatto osteggiato le leggi contro la corruzione…e ci sarà pure un motivo. Ma il fatto ancora più grave, secondo lui, è la mancata percezione da parte dell’opinione pubblica della devianza delle classi dirigenti. Infine, arriva Vauro, facendo poco ridere come al solito, ma oramai lo sappiamo e non ci facciamo più caso.

Un’altra puntata ben riuscita, con la bella idea della ricostruzione in studio del pool di Mani Pulite, i cui rappresentanti hanno parlato con chiarezza e semplicità e non poca ironia, e con molti inserti di interviste interessanti e per una volta non fuorvianti, ma assai aderenti all’argomento trattato. Insomma, un’altra trasmissione di reale servizio pubblico, mentre sul servizio pubblico di Stato, su RaiDue, andava in onda L’isola dei famosi con Vladimir Luxuria, il mago Otelma, Valeria Marini, eccetera. Giudicate voi…