Si fanno sempre più insistenti le richieste di modificare la governance della Rai “per liberarla dalla morsa dei partiti” eccetera. Peccato che anche quelli che lo dichiarano fanno parte di gruppi di potere che a vario titolo hanno occupato il servizio pubblico imponendo anche le proprie opzioni culturali (si fa per dire). Ci sono alcuni episodi degli ultimi tempi che fanno riflettere su quanto sarebbe urgente non solo cambiare la governance, ma anche ripristinare il concetto stesso di servizio pubblico.
Non si comprende secondo quali criteri di servizio pubblico si tagliano costi da una parte e si spendono soldi pubblici dall’altra, come l’ingente investimento per L’isola dei famosi, presentata da Vladimir Luxuria, che ha fatto dell’essere un trans una icona di spettacolo. Poteva ancora essere un reality accettabile, una moderna versione di Giochi senza Frontiere, ma così è diventata un’opzione culturale scelta pur di fare audience. Non parliamo della messa in onda di Barbarossa, clamoroso esempio di enorme e ingiustificato spreco di denaro pubblico fatto per compiacere la Lega, ampiamente giustiziato da una scarsissima audience.
Cambiando del tutto argomento, appassionati protagonisti del jazz come Lino Patruno hanno stigmatizzato su Facebook la celebrazione da parte della Rai della giornata mondiale del jazz celebrata dall’Unesco in tutto il mondo. Che ha fatto il servizio pubblico per l’occasione? In prima serata una celebrazione di Arbore e dei suoi passati e indubbi successi, raccontati con agiografica retorica da Frassica: di jazz nemmeno l’ombra. Guarda caso, le cronache riferiscono l’amicizia della DG con Arbore, che le avrebbe favorito l’ingresso in Rai.
Dopo, una edizione di Sostiene Bollani, in larga parte occupata da un modestissimo sketch della Guzzanti alle prese con per lei sconosciuti nomi di protagonisti di una delle epocali innovazioni musicali del 900: ancora più imbarazzante di Arbore, un vero insulto per i cultori e i semplici appassionati. Si capisce che ciò è stato fatto seguendo questo pensiero: poiché il jazz è materia difficile che non fa audience, rendiamolo commestibile con un po’ di stupidaggine televisiva. Unica chicca un brano suonato da Bollani e dal fisarmonicista Galliano: un po’ poco, se si pensa ai materiali conservati nelle teche Rai, da Armstrong a Duke Ellington a Miles Davis, alle band italiane…
Mercoledì poi è stato mandato in onda il film di Ozpetek “Mine Vaganti”. Indiscutibilmente ben fatto e piuttosto originale, ma con una curiosa tesi: l’omosessualità è un fatto normale, stigmatizzarla è da retrogradi conservatori, ciascuno sia libero di amare come gli pare. Più che di tolleranza, il messaggio era di puro relativismo etico, finanziato da RaiCinema, servizio pubblico (o no?). Per finire con gli esempi, qualcuno ha mai dato un’occhiata alla programmazione di Rai4? Si capisce perché ha una buona audience: non è infrequente trovare la mattina film scollacciatissimi che evidentemente stuzzicano le casalinghe annoiate che oramai si sono passate la voce, e in altri orari film di grande carica erotica e assai violenta.
Per finire, un mesetto fa, a RaiEducational, un bel documentario totalmente agiografico e celebrativo delle battaglie per l’aborto come conquista civile. L’elenco potrebbe continuare, ma smettiamo per carità di patria. Ci viene da domandarci che ci stanno a fare un DG e 4 vice-direttori generali per spettacolo, l’ intrattenimento eccetera, un direttore di RaiCinema (con un presidente della medesima che passa il suo tempo a scrivere libri – su Gesù, però…- probabilmente in ufficio e si diverte a fare interviste in TV sul teatro), un direttore della fiction, eccetera, per un costo complessivo di oltre 3 milioni di euro?
Intanto si chiudono le sedi estere, si chiude RaiInternational eccetera.
Come si diceva si taglia dove non si dovrebbe e non si taglia dove si dovrebbe. Qualcuno dovrebbe ricordarsi cosa significa essere cattolici impegnati nei mass media: ci si ispirasse un pochino a Bernabei, invece di cercare di ingraziarsi questo e quello pagando in definitiva un pesante quotidiano tributo al relativismo etico e al pessimo gusto, che sono diventati il costante leit-motiv del servizio pubblico.