Servizio Pubblico inizia con il collegamento da Bergamo dove c’è un piccolo imprenditore disperato che si è barricato in una sede dell’agenzia delle entrate. Gli ostaggi sono usciti, ma lui è ancora dentro: Ruotolo cerca di drammatizzare, soprattutto con grandi anacoluti e violazioni della sintassi, ma il dramma non si avverte, e la gente passeggia dietro di lui come in un sabato al corso. Santoro affida a Di Pietro l’incarico di mandare un messaggio al disperato occupante, ma in questo caso gli anacoluti si moltiplicano e non si capisce granché, se non un generico appello a non fare sciocchezze. Poi affida a Sabrina Ferilli l’incarico di dare un giudizio sul governo tecnico. Ma certo, è del tutto naturale ascoltare il parere di una soubrette, soprattutto se è amica sua…
Mah, oramai siamo al vaudeville più completo, e pensare che Santoro si è pure candidato a Direttore Generale della Rai. L’economista Zingales cerca di dire alcune verità scomode (tipo che i debiti saranno antipatici ma vanno pagati, e che in Italia non ci sono abbastanza ricchi da tassare, per cui occorre tassare tutti) ma il populista Di Pietro non lo lascia parlare, e Santoro visto l’andazzo, non lo lascia nemmeno continuare. Ruotolo interviene per annunciare che la situazione dell’agenzia delle entrate si è risolta, viene chiesto un applauso liberatorio, ma si percepisce lontano un miglio il dispiacere di non potere raccontare un dramma vero in diretta.
Poi Santoro rilancia come fosse un giallo il dubbio sui supertecnici chiamati dai tecnici, e chiede un parere a Travaglio. Il quale butta lì che questa idea non sottintende niente altro che l’ipotesi di un rimpasto mascherato. Finalmente si riesce a mandare in onda la copertina, che pare la stessa dell’altra volta: pensionati che non ce la fanno, operai disperati, disoccupati, poi il solito Grillo, oggettivamente assai divertente, che si stupisce che Maroni (“quello che sembra un rappresentante dell’Oreal”, azzeccatissima questa!) dica che lui è un forcaiolo. “Proprio i leghisti che hanno sventolato il cappio in Parlamento, proprio Maroni che ha patteggiato sei mesi per aver morsicato a un polpaccio un alpino!”.
Poi si vede a un comizio Calderoli vestito come Mao-Tse-Tung, che, dimentico di essere stato al governo fino all’altro ieri, addossa a Monti tutte le colpe dei governi precedenti! Nulla da dire, perché quando è troppo è troppo. No comment. La parola viene data a Vaciago, che con la sua solita serafica calma sostiene che questo governo non è tecnico, ma è un governo di emergenza.
Secondo lui la spending rewiew negli altri paesi si fa di norma, mentre in Italia non si è allenati a farla. E se Bondi sarà capace di tagliare 4,5 miliardi di cassa dovrà essere chiamato Nembo Kid. Di Pietro gli chiede se la nomina di Bondi non sia tecnicamente incostituzionale. Vaciago non risponde, ma sfotte sostenendo che nella nomina di Bondi c’è di fatto scritto che lo Stato dovrà imporre alle amministrazioni di rispettare la legge, cosa che non fanno da molti anni. Ma poi gli viene tolta la parola prima che possa esprimere una qualche ulteriore frase di senso compiuto, come prima a Zingales, e così Santoro torna al suo vecchio vizio: frammentare tutti gli interventi, e lasciar parlare solo chi la pensa come lui, in questo caso Di Pietro.
Oramai il gioco è scoperto, alla faccia di tutti quelli che hanno detto che Santoro è comunque un fior di professionista: ma va, Santoro è un fior di fazioso agitatore di folle, abilissimo nel manipolare pure le menti dei critici televisivi. Abilissimo a usare Grillo per alzare ulteriormente la tensione pur facendo ridere a crepapelle. Secondo Zingales Bondi è stato chiamato per far capire all’amministrazione che non si può più fare melina. Giavazzi è stato chiamato così deve far vedere cosa saprebbe fare invece di criticare. Amato sarebbe la nomina più preoccupante, in quanto presiede una Fondazione (Italianieuropei) nota per la scarsa trasparenza amministrativa. Comunque Santoro non lo lascia finire (e ti pareva) perché bisogna lasciare la parola alla soubrette popolana Ferilli, che ci scarica addosso tonnellate di doppie e di facili frasi fatte: debbbiti, a’bbbbarca, la gggente, politica che ha degggenerato (verbo intransitivo seguito curiosamente da un complemento oggetto).
Per la cronaca Santoro aveva promesso di dare la parola a Vaciago, e invece – ma che caso – la ridà a Di Pietro che alla fine avrà parlato e straparlato per oltre un terzo della trasmissione. Alla faccia del professionista della tv che saprebbe rispettare le opinioni altrui! Oramai il vostro Yoda potrebbe disegnare una mappa dei soliti ospiti invitati secondo le norme non scritte – ma ferree – del Santorismo, del Fazismo, del Lernerismo, del Florismo, del Dandinismo. Filosofie ben precise che stavano o stanno tutte nel servizio pubblico della Rai, sulla quale hanno prosperato e prosperano strillando sempre contro i potenziali vincoli alla loro libertà. La parola va finalmente a Vaciago? No, la domanda di Santoro è un mini-comizio, alla fine del quale chi interviene? Ma Di Pietro, naturalmente.
Finalmente Vaciago riesce a spiccicare una parola: e con aria furbetta tira fuori una relazione fatta da Giarda per Tremonti due mesi prima di diventare ministro tecnico. Relazione nella quale affermava che c’è stata una indebita crescita nella spesa pubblica di 90 miliardi. E quindi se si taglierà, di fatto si faranno piangere tutti quelli che, imprese incluse, si erano abituati a vivere con quei soldi. E quindi saranno pianto e stridor di denti. Vaciago conclude che se Monti riuscisse mai a fare i tagli promessi, sarebbe la più grande rivoluzione dal 45 ad oggi.
Cambio di scena: interviene – di fatto è uno spettacolo – l’autista di Bossi padre che poi divenne autista di Bossi junior. In realtà non dice nulla, se non fare propaganda al libro che uscirà, in cui racconta tutte le deviazioni e le scappatelle di Renzo Bossi. Dopo la pubblicità Santoro si scandalizza perché il Corriere oggi raccontava che prima di loro si era candidato a dirigere la Rai pure Minoli. Poi si lancia in un pistolotto sul discorso che farebbe a Monti se lo ascoltasse, domandandogli quale televisione vorrebbe: quella serva del potere o quella che per favorire la crescita fosse capace di dare alle posizioni più diversi, distanti e minoritarie. Cioè, guarda caso, quelle di Santoro e Freccero. Finalmente attacca Travaglio: ha buon gioco nel dimostrare che Amato ha ricoperto diversi ruoli di governo in un periodo in cui il debito pubblico è salito prima al 90 e poi al 120%.
Poi elenca tutte le poltrone da lui occupate, ricordando tutte le volte che ha annunciato la sua uscita definitiva dalla politica. Infine ricorda che la sua pensione mensile assomma alla modica cifra di 31.200 euro al mese. Elenca poi le posizioni Rai appannaggio del centrodestra (quelle di sinistra non se le ricorda) oltre che a descrivere tutti i contratti di RaiFiction con società vicine al centrodestra (quelle vicine al centrosinistra non se le ricorda). Infine si impiglia in una noiosissima descrizione di come funzionano i servizi pubblici stranieri. Comunque un bell’esempio di come Santoro immagina la sua tv: sorretta da un pensiero unico cammuffato da pluralismo. Il suo. Tanto per essere ancora più pluralista, Santoro fa intervenire un rappresentante dei Centoautori, che guarda caso è di sinistra, che afferma che la Rai ha tagliato gli investimenti a cinema e fiction mettendo a rischio molti posti di lavoro.
E così Santoro si contraddice: dopo aver attaccato la Rai in quanto responsabile di tutti i mali, dice, invertendo improvvisamente rotta, che la Rai è l’ultima grande impresa editoriale e culturale del paese e non si può lasciarla andare alla malora. Al rappresentante dei Centoautori si lascia fare un pistolotto lunghissimo (ma si sa, a quelli di sinistra bisogna lasciare sempre la parola a lungo) a base di sostegno alla produzione indipendente, dimenticando che non basta finanziare le idee, ma bisognerebbe averle. Se il cinema italiano è così malridotto non è per mancanza di sostegno, ma proprio per le scarse idee di tanti autori che al massimo sono stati capaci di fare un cinema minimalista incapace di avere un minimo di mercato nel mondo.
Si svolta, si fa parlare la vedova di uno che si è suicidato per le tasse. Santoro, impietoso, le domanda quanto tempo il marito è stato tra la vita e la morte e quali sono state le su ultime parole. Lei prova a dire che non le ha potute mai dire, poi scoppia piangere. Applauso. Questa è la tv che piace a Santoro e Freccero, autocandidatisi a presiedere e dirigere la tv pubblica. Dopo la pubblicità si fanno dire alla povera vedova assurde ovvietà (“per Equitalia dietro la cartella c’è solo un numero, se mio marito avesse avuto la possibilità di pagare non si sarebbe suicidato”) ma quando Travaglio chiede a quanto ammontavano le cartelle da pagare e si scopre che si trattava di 200.000 euro per uno che faceva un lavoro autonomo, Santoro scantona immediatamente: approfondendo il discorso si sarebbe probabilmente scoperto trattarsi di un caso di lavoro nero improvvisamente emerso…meglio lasciare in piedi l’ipotesi del governo crudele e omicida per poche migliaia di euro.
Questa è la tv che piace a Santoro e Freccero. Appena emerge una verità scomoda per il loro pensiero unico (rivenduto per unica possibilità di pensiero libero…) si cambia subito discorso. Così viene bene pure l’intervista della solita suffragetta radicale a Marine Le Pen, dato che critica Monti con le stesse parole di Di Pietro. Al quale – dato che secondo Santoro ha avuto troppo poca libertà di parola, viene concesso l’ultimo spazio della trasmissione per un ulteriore comizio, introdotto e supportato da una domanda comizietto di Santoro. Domanda a Zingales, che dopo 30 secondi viene interrotto da Di Pietro che parla per minuti. Yoda smette di seguire, tanto sta per arrivare l’inguardabile e incommentabile Vauro.
Smette mentre Di Pietro ha ripreso a concionare. Perché la serata è stata fin troppo trasparente e monocorde, una impietosa radiografia dell’approccio Santoriano alla tv: vari ospiti cui fare domande senza lasciarli mai concludere un pensiero compiuto, mentre si lascia campo libero per minuti e minuti a chi sostiene le tesi a lui care. Eh sì: questo è proprio il Servizio Pubblico a senso unico che piace a Santoro. E che vorrebbe di nuovo imporre non solo con una trasmissione, ma dirigendo tutta la Rai. Che Dio ci scampi e liberi! Il vostro Yoda vola finalmente a vedersi un filmaccione su Sky.