Oramai Michele Santoro si è montato definitivamente la testa. Inizia la nuova puntata di Servizio Pubblico per sbertucciare Beppe Grillo, che si era permesso di alludere ai suoi guadagni. Apriti cielo: gli rinfaccia i suoi (ed è subito guerra tra i guitti ricchi). Poi se la prende con la stampa che si è permessa a sua volta di dire che nell’ultima puntata Silvio Berlusconi aveva stravinto.



Sinceramente il vostro vecchio Yoda fa fatica a seguire i tortuosi ragionamenti del conducator maximus, anche perché tendono unicamente e noiosamente a puntare all’autoelogio, fino a definire addirittura Servizio Pubblico “la chiesa della democrazia”. Sic! Il resto del pistolotto Yoda se l’è perso, perché ha cominciato ad appisolarsi, anche un po’ per autodifesa, perché nonostante la sua millenaria pazienza, comincia a non poterne veramente più di veder spacciare la ricerca dell’audience per ricerca della verità.



C’è la pubblicità: ah, finalmente qualcosa che non cerca di dissimulare le proprie intenzioni. La trasmissione riprende con un patchwork di servizi vecchi e nuovi (la lite tra Berlusconi e Gianfranco Fini, le ultime gag televisive di Berlusconi che insulta Fini, le intemerate di Grillo che per la verità urla proposte economiche per nulla disprezzabili). Il tutto per chiedere a Fini come mai ci fu la rottura. Fini ha buon gioco nel dire che Berlusconi non gli ha mai perdonato di aver osato dirgli che il re era nudo, dimostrando solo un minimo di coerenza politica. E ha buon gioco nel cercare di apparire come colui che per rispondere alla sua coscienza ha perso una posizione di potere, mentre il Cavaliere sarebbe uno capace di tutto pur di raggiungere i suoi scopi. E poi ricorda di essersi terribilmente vergognato quando 316 deputati hanno chiesto di spostare il processo Ruby dal tribunale di Milano al tribunale dei ministri dicendosi convinti che il tentativo di far liberare subito Ruby corrispondeva a un interesse superiore della nazione in quanto la medesima era la nipote di Mubarak. Per la verità anche Yoda si vergognò per il Parlamento italiano, e con lui molti altri, che però si vergognarono in silenzio.



Chiamato a dire la sua, il picchiatore Michele Salvini, pugile di prima fila della Lega, si presenta come al solito in maniche di camicia non-stiro, smargiassando subito che le questioni tra Fini e Berlusconi e il processo Ruby non interessano i lavoratori che perdono il lavoro. Salvini propone di tassare la prostituzione, e Santoro ha buon gioco nel proporgli di chiedere una consulenza tecnica alla Minetti: la battuta è oggettivamente esilarante, piazzata al punto giusto (suscitando ben due applausi a scena aperta) e per la prima volta il duro Salvini accusa il colpo. Dopo di che comincia con la sua solita litania di concretezze padane, suscitando al vostro Yoda un altro colpo di sonno.

Si risveglia vedendo e sentendo Monti che inneggia entusiasta al rilancio della Fiat di Melfi: quale migliore miccia per accendere il sindacalista Maurizio Landini? “Termini Imerese, Irisbus, CNH chiuse, mentre negli altri siti si lavora meno di mezza settimana. Ora a Melfi si chiedono due anni di cassa integrazione, mentre gli investimenti si fanno all’estero e in Italia si tengono le produzioni residuali. In definitiva Marchionne ha raccontato un sacco di balle, e Monti non glie ne ha mai chiesto conto”. Questo in sintesi il discorso di Landini, che resta senza risposte, perché Santoro sposta il discorso chiedendo a Fini cosa pensa del federalismo fiscale cui si è sempre opposto.

Ancora una volta vediamo applicata la solita tecnica di affastellare argomenti invece di sceverarli veramente, pur di far crescere la tensione. Fini attacca Salvini, che contrattacca, il tutto a base di numeri e cifre tirati ora qua e ora di là: non si capisce granché, ma che importa: è bene che il sangue cominci a scorrere, e se nell’arena c’è un Fini con la sua aria sfottente, il nerboruto pugile leghista si sente autorizzato a scattare subito a testa bassa.

Quando è il suo momento, Marco Travaglio sfotte Fini ricordandogli tutte le volte che ha minacciato sfracelli…e tutte le volte che è tornato a più miti consigli approvando una miriade di leggi ad personam e di provvedimenti che gridano vendetta. Elenca tutte le contraddizioni di un Fini ora alleato con baciapile e vecchi democristiani. Santoro fa vedere uno spezzone in cui Fini inoltre si esercita in un convegno in uno sperticato elogio del senatore Dell’Utri. Poi uno di Cosentino che si difende facilmente, affermando che occorre attendere il giudizio della magistratura invece che condannare senza appello.

Santoro introduce nuovamente Grillo. Lo ha attaccato, ma lo sfrutta ampiamente, in quanto i suoi contenuti sono comunque interessanti, accattivanti, espressi in maniera divertente e quindi riempiono la trasmissione più di tante chiacchiere sparse per lo studio. Poi parla un ex avvocato di An che farfuglia di grandi papocchi politico-finanziari (ma va?), e da lì in poi parte un tormentone su lavoro-Fiat-sindacati nel quale tutti si scaldano – Landini in primis – ma senza capo né coda. Così, mentre tutto lo studio – e non solo Yoda – sta per soccombere al sonno, Santoro lancia la pubblicità, promettendo che “dopo, ci sarà qualcosa di forte”. Vediamo.

Nulla di che: il solito servizio sui cittadini esasperati da furti, rapine e violenze che tendono a giustificare “occhio per occhio, dente per dente”. Sai che novità. Ma non si parla di questo, perché subito dopo l’analista Gianni Dragoni stigmatizza l’eccesso di austerità messa in atto dal governo Monti. E immediatamente Santoro rinfaccia a Fini di essere stato contro Tremonti per i tagli lineari, e ora è alleato con Monti che dei tagli lineari è il campione. Fini risponde che negli ultimi 12 anni le entrate sono aumentate di 220 miliardi, ma la spesa pubblica è cresciuta di oltre 270, il che dimostra che il sistema richiede strutturalmente dei tagli, che però non dovrebbero essere lineari. Poi però non spiega come dovrebbero essere fatti questi benedetti tagli non lineari.

Salvini si introduce ammettendo che in quindici anni di governo non sono riusciti a combinare granché a Roma, e per questo Maroni si candida in Lombardia. Poi sproloquia sugli appalti che dovrebbero essere affidati solo a imprese locali, Landini sproloquia sulle imprese globali, l’articolo 18, lo sviluppo infrastrutturale e compagnia cantando. Fini gioca a fare l’economista, ma non gli riesce tanto bene, e Yoda si ricorda che cosa Craxi diceva di Fini: “Non dice niente, ma lo dice benissimo”. Tutti si danno sulla voce, ma non si capisce il motivo di tanto accapigliarsi, visto che nessuno fa un ragionamento sensato e compiuto.

Per aumentare la confusione, Santoro introduce una intervista alla Carfagna sull’opportunità o meno di candidare Cosentino contro il quale lei aveva fatto una battaglia politica. La Carfagna sguscia, dice che sono questioni complesse e deciderà la commissione preposta (c’è dentro Verdini!). Bel commento di Santoro: “Il politico è mobbbile”. La tripla “b” romanesca rende icasticamente l’idea di tale movimento. La Carfagna è sempre più bella e più elegante, e pensare che era partita come la Minetti… si vede che la classe non è acqua, anche nel dribblare le domande insidiose.

Santoro concede a Travaglio un secondo pistolotto, per smontare le accuse fattegli da Berlusconi la settimana prima di essere un diffamatore di professione: bell’esempio di uso privato del Servizio Pubblico. Si conclude con Vauro che – c’era bisogno di dirlo? – non fa davvero proprio più ridere. Finisce in sordina una trasmissione assai moscia, nonostante la presenza di un agguerrito sindacalista e del pugile leghista con camicia non-stiro d’ordinanza. D’altro canto non si può mica avere Berlusconi tutte le settimane…