Santoro inizia sparando subito ad alzo zero sulla Cancellieri. Sulle note della parodia romanesca di “Ne me quitte pas”, cantata da un impareggiabile Proietti (Nun me rompe er ca…), Santoro sostiene che siamo in uno Stato per niente democratico, dove non possiamo fare a meno dei soliti noti: Cancellieri – non ci lasciare, Amato – non ci lasciare, Napolitano – non ci lasciare…con buona pace dei giovani, l’Italia non sa andare avanti senza questi arzilli vecchietti. E la peggiore sorpresa tra i vecchietti più affidabili, è per lui costituita dalla Cancellieri, che tutti davano per integerrima e invece secondo il conducator maximus, non pare affatto, anzi, lui è proprio sicuro che non lo sia. Lo riprova il fatto che ha pure mentito quando ha detto di non aver telefonato a casa di Salvatore Ligresti, ma del fratello Antonino: Santoro afferma che invece ha telefonato proprio a casa di Salvatore. Altro che “ne me quitte pas”, ma “nun me rompe er ca…”, conclude amaramente. Pubblicità.
Appare il solito intervistatore riccioluto che va a importunare i parlamentari e fortunatamente per noi lo tagliano subito, perché oramai questo tipo di gag è usurata, anche da altre trasmissioni. Altrettanto usurate sono le riprese di parenti fuori dal carcere di Napoli, già sfruttate da molti altri programmi, e finalmente si dà la parola all’ospite più atteso, il sindaco Renzi. Sollecitato da Santoro, senza mezzi termini afferma che se fosse stato il segretario del Pd, avrebbe chiesto la dimissioni alla ministra, per rispetto alle istituzioni. E sempre senza mezzi termini stigmatizza il capitalismo nostrano fatto solo da amici degli amici, conniventi i grandi giornali che non hanno parlato prima e anche gli organismi di controllo che non hanno mai controllato prima.
Belpietro….toh, ma oramai è un ospite fisso, strano che non si renda conto di essere chiamato soprattutto per fare il lavoro del banderillero, vale a dire stuzzicare e fare arrabbiare l’ospite di turno, con i suoi sorrisi sarcastici, le sue interruzioni, i suoi attacchi. Peccato non si renda conto di essere diventato oramai una macchietta, ma, si sa, la tv è una sirena cui è difficile rinunciare… Il banderillero si trasforma ben presto in torero, ma Renzi si dimostra un toro molto difficile, e i primi attacchi vengono respinti dal toro-Renzi con molta efficacia.
Dall’alto appare un altro deus ex-machina della trasmissione, il filosofo Cacciari. Anche lui incapace di rinunciare a stare in tv, vi compare però con l’aria annoiata di uno che vorrebbe essere da un’altra parte e invece sta proprio in tv e appena prende la parola non la molla più. Per carità, a Yoda non dispiace quello che dice perché sono sempre cose di gran buon senso, ma gli dà fastidio questo atteggiamento di finto distacco da un programma tv che invece lo vede come ospite oramai fisso. Pubblicità.
Da par suo Travaglio ricostruisce tutta la faccenda Ligresti-Cancellieri, mettendo in luce tutte le bugie, le omissioni e gli intrecci torbidi sui quali a sentir lui la ministra ha più volte mentito. Poi il dibattito si fa circolare, le parole vanno e vengono come tante frecce e, come ci si poteva immaginare, data la facilità di parola, il sindaco Renzi se la cava sempre assai bene.
Dopo una nuova interruzione pubblicitaria, si mostra un servizio davvero impressionante, nel quale Giulia Innocenzi fa parlare in un pub inglese un gruppo di giovani italiani assai svegli che sono dovuti andare a Londra per trovare il giusto spazio per le loro aspirazioni. Molto lucidamente descrivono – anche con tanta amarezza – lo stato di disfacimento dell’Italia, nel quale al massimo potranno tornare per le vacanze. Con molta efficacia una ragazza giovane si lascia scappare una frase bella e terribile a un tempo: “Ho provato a resistere per cercare di rimanere combattendo con la fatica e la burocrazia, ma alla fine mi sono convinta che anch’io ho diritto a un po’ di felicità, e quindi me la sono venuta a cercare dove almeno posso sperare di trovarla”. La lucidità di quei ragazzi contrasta con i bofonchiamenti del ministro Saccomanni, inseguito dalla Innocenzi mentre sta facendo un giro di incontri per cercare di vendere un po’ di aziende pubbliche all’estero.
Poi si fa una gran discussione sulle pensioni: finalmente un esperto spiega che invece di fare i Robin Hood togliendo troppo semplicemente ai ricchi per dare ai poveri, occorrerebbe andare a vedere chi ha versato i contributi e chi non li ha versati invece che “mozzare le teste a tondo a tondo come diceva Cecco Angiolieri”. Su questa non peregrina osservazione Renzi preferisce fare il Robin Hood, mentre Belpietro lo attacca accusandolo di demagogia. A questo punto si scatena una vera e propria bagarre, tutti parlano dandosi sulla voce e una discussione potenzialmente interessante si trasforma in un incomprensibile mercato persiano. Finalmente la pubblicità, nonostante il solito volume elevato, ci porta un po’ di riposo per le orecchie, il che è tutto dire.
Alla fine della puntata Travaglio prova a dare i voti a Renzi, che reagisce sparando insieme tutti i suoi slogan. Vero ciò che ha detto Travaglio: il suo lato più positivo è non esserci stato quando l’Italia è stata distrutta. Ma si domanda come farà a proseguire nei suo propositi se intorno lui si stanno affollando, saltando sul carro del vincitore, tutti i vecchi marpioni del Pd che hanno contribuito insieme a tanti altri a quella distruzione.
La trasmissione doveva essere un test per capire chi è veramente il sindaco di Firenze: i più hanno capito che è un bravissimo battutista, gran combattente televisivo, ma rimane un mistero se capisce davvero le cose di cui parla o se ha uno spin doctor che gli fa ripetizioni serali. Bella la conclusione di un tweet letto a fine trasmissione: s’è capito che Renzi è Crozza che imita Renzi che imita Crozza che imita Renzi. Alla prossima.