Nella puntata di Servizio pubblico di ieri Santoro entra in scena con faccia da marpione, visto che c’è da azzannare una bella carogna puzzolente come il Monte dei Paschi di Siena. Sulle note della “Pioggia che va” di Paolo Conte, senza por tempo in mezzo ricostruisce la vicenda a tutti nota, attaccando subito la vigilanza della Banca d’Italia, allora gestita dall’attuale presidente della Rai, ritenuta responsabile di non aver indagato fino in fondo. Finisce l’anteprima mettendo in guardia tutti dal fatto che “i soliti noti che menano la danza” sono ancora tutti lì, bene all’asciutto, mentre i poveri cristi come noi sono tutti all’addiaccio “sotto la pioggia che va…”. Per una volta persino il vostro vecchio Yoda è d’accordo con Santoro. Deve cominciare a preoccuparsi?

Arduo montaggio/confronto tra due super-imbonitori: Berlusconi e Grillo. Berlusconi vecchio stile, immarcescibile venditore di spazzole e di nuove promesse di riduzione di tasse. Grillo in versione Rasputin, affabulante e convincente.

Il primo ospite politico, Tremonti – sempre meno diverso da Crozza – anche lui butta lì proposte che in tanti anni di governo non si è mai sognato di fare. Sussiegoso come Brunetta, non ci risparmia nemmeno lui, come fa abitualmente Brunetta, una serie di “io l’avevo detto”, “io l’avevo scritto” Fassina, responsabile economico Pd, ha buon gioco nello stupirsi del pulpito da cui viene la predica, il pulpito di chi – da ministro – ha firmato l’anticipo del pareggio di bilancio. Poi insegue anche lui chimere del tipo “più lavoro, più equità” e simili amene banalità…

Per scatenare Di Pietro, altro ospite presente in studio, Santoro mostra una ricostruzione in cui si dimostra che Bankitalia e Consob “sapevano” senza però intervenire, anche perché Mussari ha tenuto segrete le operazioni più ardite. Di Pietro attacca affermando che è troppo facile scaricare tutto sulla schiena di Mussari, che invece secondo lui ha fatto quel che ha fatto grazie a connivenze di ogni genere. Smentisce il Presidente della Repubblica che un quarto d’ora prima ha detto che Bankitalia è stata ineccepibile, mentre secondo lui fa parte di un sistema che ha permesso a Mussari di diventare presidente dell’Abi e a Draghi presidente della Bce. Per lui, tutti membri della stessa lobby della finanza.

Tremonti ricorda il precedente storico dello scandalo della Banca Romana dell’Ottocento, nel quale sparirono l’equivalente di 150 milioni di euro, mentre oggi si parla di molti miliardi. È convinto però che la terza banca del Paese deve essere salvata, anche perché è sicuro del fatto che i comportamenti, per quando davvero gravi, non riguardano la banca nel suo complesso. Fassina si trincera nella difesa delle istituzioni bancarie, che a suo parere Di Pietro accusa troppo facilmente. Cerca di stendere una cortina fumogena sull’inestricabile intreccio politica/finanza che è sempre stato sotto gli occhi di tutti. Di Pietro ha buon gioco nell’insistere sul fatto che i controllori non hanno controllato.

Travaglio sfotte tutti, perché tutti hanno combinato qualcosa con o nel Monte dei Paschi. Dimostra a modo suo che i politici di ogni colore hanno sempre contato molto nelle banche, e ne sono stati anche beneficiati. Fassina continua con la sua cortina fumogena: le responsabilità personali vanno accertate dalla magistratura, ma va ricordato che i vertici di banche e Fondazioni sono nominati secondo leggi che ne danno i poteri agli amministratori locali. Dimenticando che questi ultimi sono nominati a loro volta dai partiti…

Tremonti sostiene che i governi non possono, né devono intervenire sulle banche, inoltre ricorda che le Fondazioni sono enti privati nell’operato delle quali non si può interferire per definizione. Ammette che la questione della vigilanza è ben più di delicata, perché di fatto a fronte dei problemi rilevati non sono state comminate ancora sanzioni. E di fatto ammette a mezza bocca che i controllori non hanno funzionato, ma non a livello degli ispettori, bensì ai più alti livelli.

In un servizio, Grillo attacca direttamente la presidente Tarantola, già responsabile della vigilanza e ora ai vertici della Rai. L’esperto Dragoni mostra come le azioni delle tre principali banche italiane sono crollate dal 70% al 90%, mentre i loro supermanager hanno incassato bonus dai 10 ai 20 milioni. Ricorda che Eurostat testimonia che l’Italia è il Paese che ha perso più soldi nei derivati. Poi provoca Tremonti, ricordando che giorni orsono ha chiesto al ministro Grilli quanti sono i derivati che circolano… proprio lui che è stato ministro del Tesoro per sette anni, e ha tollerato che gli enti locali si riempissero di titoli di questo genere.

Di Pietro sfotte Fassina, dicendo che fa tenerezza nel suo disperato tentativo di difendere il Pd. Poi spiega con il suo lessico terra terra che il problema ora è “l’ingegnerizzazione della tangente”: gli amministratori sono scelti dagli enti locali che sono indicati dai partiti e le banche amministrate finanziano la politica. Secondo lui, la differenza con Mani Pulite è che allora si usavano strumenti illeciti per fini illeciti, mentre in questo caso si sono usati strumenti leciti per fini illeciti.

Interviene una assai energica signora di Parma che sta aiutando centinaia di piccole e medie imprese a difendersi dalle banche che giungono ad applicare tassi simili all’usura. Finalmente da Santoro non la solita denuncia a perdere, ma la presentazione di una iniziativa di chi crede che “nessuno può fermare un popolo che combatte armato di conoscenza”. Applausi a scena aperta più che giustificati.

Di Pietro strappa anche qualche risata quando ricorda che Bersani dice che cambierà tutto quello che è stato fatto da Monti, Berlusconi farà altrettanto…e Monti pure: proprio loro che hanno votato 53 fiducie, mentre lui è stato l’unico (per la verità c’era anche la Lega) a non farlo.

Tremonti invoca la creazione di una gigantesca banca pubblica, e anche l’intervento dello Stato in tanti altri settori. Dimenticando che se poi a gestire il tutto ci si metteranno i soliti noti, quelli su cui non piove mai, saremo punto e capo.

In cauda venenum: il cosiddetto supertestimone Rizzo ricorda tra le altre cose una battuta che circola tra i trader inglesi: quando ti metti intorno a un tavolo in cui si trattano transazioni finanziarie, “se non hai ancora capito chi è il pollo, vuol dire che il pollo sei tu”. E ora siamo nella situazione in cui lo Stato italiano si sta domandando ancora chi è il pollo… Molto più divertente di Vauro, che come al solito, continua a non far ridere, o a far ridere assai poco.

Finalmente una trasmissione di Servizio pubblico decente, in cui s’è capito qualcosa, ci si è pure divertiti, e si sono sentite alcune proposte interessanti. E si è anche capito quanto sono modesti i politici in campo, almeno quelli di ieri sera.