Come gran parte degli italiani, anche Yoda è costretto a guardare la prima serata del Festival di Sanremo 2013 (ma sarà anche l’ultima, questo è certo), giusto per vedere che succede con Crozza, Fazio, Litizzetto e compagni. Il grande spettacolo preannunciato dal direttore-per–tutte-le-stagioni Leone si rivela un minestrone male assortito fin da subito.
Agghiacciante scenografia, a metà tra una fonderia e la capanna di sughero di un vecchio presepio. Luci sgargianti, laser e coloracci da luna park. Impianto della serata sgangherato (che stupidaggine le doppie canzoni!). Che inutilità la fugace presenza dei “proclamatori”, ospiti di vario genere in una inutile e brevissima passerella. Prevedibili oltre i limiti Fazio e Litizzetto, piuttosto nervosi e imbarazzati, tutti presi a interpretare se stessi. Sguaiatella e meno spiritosa del solito lei, alla terza volta che si lamenta dei tacchi alti sulle scale ti verrebbe voglia di tirarle davvero una scarpa. Lui gioca a fare il bravo presentatore e non vede l’ora di interpretare il ruolo del difensore dell’uguaglianza sociale dei generi. Così quando arriva Marco Alemanno non perde l’occasione di sottolineare che è stato compagno di Dalla nella vita professionale e “personale”.
Già gli trema la voce, pregustando la sua battaglia di civiltà, che raggiunge il culmine quando finalmente può presentare “una coppia che è venuta a trovarci”, che merita di essere ascoltata perché la loro storia “riguarda tutti”. Sono i due famosi gay – che però non si baciano come sembrava previsto – mentre rifanno il loro noto video mostrando i cartelli con la descrizione della loro storia d’amore e la denuncia di non potersi sposare in Italia per le leggi di questo Paese. Applausi. Già nel pomeriggio Fazio aveva dichiarato che la Rai “è di tutti”, perché evidentemente lui ritiene di rappresentare tutti, cosa che è la quintessenza del fazismo: far passare il proprio credo relativista come credo condiviso da tutti gli italiani. Con buona pace del servizio pubblico e del rispetto dei telespettatori di ogni fede e credenza… Quanto al rispetto dei telespettatori del servizio pubblico, vogliamo parlare delle tonnellate di pubblicità? Girando per i blog su internet, si poteva leggere un unanime giudizio: “Vuoi vedere che la fanno così lunga per poterci mettere un sacco di pubblicità, inclusa quella in sovraimpressione?”.
Quanto alla musica, canzoni proprio bruttarelle, quasi tutte “di genere” (poco originali, con qualche infamia e senza lode), quindi per la prima serata, pessima prova della commissione artistica con Fazio e Leone, compagni di fazismo musicale: perfetta radiografia di un’Italia moscia e senza idee, che però spunta stipendi e prebende da favola.
In realtà, si è sopportata la noia per attendere Crozza, che parte subito facendo il Berlusconi chansonnier: e va subito giù pesantissimo, fa allusioni alle serate eleganti, alle battute sulla Merkel, eccita e divide il pubblico che rumoreggia. Fazio accorre, con il suo fare da pretino cerca di calmare gli animi, ma per un po’ non ci riesce, in sala ci deve essere un disturbatore mandato apposta. Finalmente Crozza può riprendere e fa un pistolotto sull’ingovernabilità, ma è un sermoncino amaro e anche poco comico, per la verità. Poi dietro le quinte Fazio tira un sospiro di sollievo, perché Crozza, per par condicio attacca con l’imitazione di Bersani. Anche con lui piuttosto feroce. Poi, com’era immaginabile, fa l’imitazione di Ingroia, ma è la stessa che ha sempre fatto. Tra i sostenitori di Monti sceglie, come era prevedibile, Montezemolo con Fazio che gli fa da spalla, in rappresentanza dell’alta “società civile”. È tutto molto già visto, e molti si pentiranno per aver dovuto sorbirsi un pessimo Festival per vedere un Crozza visto e rivisto.
La serata continua stancamente fino a un’incredibile performance di Toto Cutugno, che canta “Un italiano vero” accompagnato nientepopodimeno che dal coro dell’Armata Russa. Roba da non credere! L’intermezzo che preannuncia la serata commemorativa della storia del festival si conclude con una ancora più imbarazzante esecuzione di Cutugno e del coro di “Nel blu dipinto di blu”. È mezzanotte passata, la prima serata è ancora lungi dal terminare, ma il vostro Yoda non ce la fa più: raramente si ricorda di una serata più fiacca, e anche oltraggiosa per le sguaiataggini della Litizzetto, il qualunquismo fazista di Fazio, lo squallore complessivo della direzione artistica, il provincialismo di Cutugno.
In quest’Italia in declino, persino il Festival di Sanremo ha perso la sua ragion d’essere, per mancanza di idee, professionalità, gusto, Giova ripeterlo: anche per quello che abbiamo visto stasera, possiamo dire, sempre più d’accordo con Flaiano che “la situazione è disperata, ma non seria”.