“La Divina Commedia è l’apice di tutte le letterature”. Con questa citazione di Jorge Luis Borges inizia su Rai Due TuttoDante, la performance di Roberto Benigni registrata in piazza Santa Croce a Firenze nell’estate del 2012. È il primo di dodici nuovi appuntamenti settimanali dedicati alla lettura e all’esegesi dei canti dell’Inferno, dall’XI al XXII. Certamente uno dei grandi motivi di riscatto della Rai, che rivendica in questi momenti così alti il suo ruolo di servizio pubblico.



A volte il caso crea delle coincidenze impreviste: è avvenuto così che il commovente ultimo saluto di Benedetto XVI, ricco di parole così semplici e così alte, si incrociasse con la semplice e a un tempo acuta esegesi di Benigni del canto XI, «quello meno amato dai critici del passato e non solo, ma uno dei canti più straordinari per me. Perché parla della finanza, dell’usura, di quei farabutti che ci fregano oggi come ieri».



E ancorché la trasmissione sia stata registrata tempo fa, i richiami con l’attualità degli scandali finanziari che hanno alimentato antipolitica e stravolgimento degli scenari politici, sono risultati evidenti, anzi, lampanti. Segno che purtroppo i problemi del mondo sono sempre gli stessi, e che Dante li aveva saputi stigmatizzare con grande sapienza poetica.

La chiave del programma è nota: prima Benigni spiega i versi salienti, traduce in italiano corrente i concetti più ermetici, non esimendosi da qualche sottile e anche feroce ironia quando, riferendosi alla corruzione, alle mazzette, al furto del denaro pubblico stigmatizzati da Dante, ha buon gioco nell’esclamare, sornione: «Cose da Medioevo!».



Continuando nella sua appassionata esegesi, illustra il pensiero di Dante riguardo al fatto che i peccati fatti per passione sono meno gravi di quelli fatti con la ragione, come l’usura, prassi molto grave perché non è ricchezza prodotta dal lavoro, ma è una moneta che partorisce moneta. Immediato il richiamo ai guasti della finanza che si è sganciata dalla realtà, fatto che evidentemente non è solo dei nostri giorni.

Appassionante il richiamo al lavoro inteso non solo come guadagno, ma come riconoscimento massimo della dignità umana, per cui una società senza lavoro è una società senza dignità.

«Fare una scarpa o la cattedrale di Santa Croce è come creare il grano o il mare, cioè creare bellezza, che è quello che fa il lavoro quando è svolto al massimo della sua dignità». Magari le parole così alte che abbiamo ascoltato nel corso della giornata servissero a illuminare i partiti che stanno già litigando su tutto…