“Travaglio su questa vicenda fa disinformazione pura. Se applica a tutti i suoi articoli questa precisione, stiamo freschi. Per inciso, sono pronto a sfidarlo su questo punto davanti a un Giurì d’onore, oppure in tribunale. Mi faccia sapere, io sono qui”. Questo è l’ultimo messaggio inviato da Corrado Formigli, uno dei volti di punta de La 7, così come lo è Marco Travaglio. Ohibò, accuse pesanti, visto che di norma cane non mangia cane. Su cosa si sta disputando? Ma sull’osso acchiappa-audience, perbacco, che in queste ore è costituito dal Presidente del Senato Piero Grasso, che aveva chiesto un confronto con Travaglio al più presto per potergli contestare quelle che a suo avviso erano affermazioni infamanti per la sua reputazione fatte dal giornalista durante Servizio pubblico.

Da quel momento si è scatenato un putiferio, o meglio una classica bega da cortile: a La 7 si scannano tra loro, accusandosi di farsi accordi dietro le spalle pur di ospitare il duello. Mentre Travaglio, ben conscio che la miglior difesa è l’attacco, aggredisce la fretta di Grasso, accusandolo di aver premura solo perché potrebbe essere un presidente incaricato…embè, in effetti al vostro vecchio Yoda, data la situazione, questa fretta appare invece più che giustificata. Assai meno giustificato gli pare il comportamento di Travaglio, che dato il suo stile preferisce il terreno favorevole, dove magari far intervenire tutti quelli cui magari Grasso ha pestato qualche callo…così, per cercare di giustificare i suoi attacchi al Presidente del Senato.

Troppo stucchevole seguire tutti gli insulti, i retroscena, i battibecchi di cui potete informarvi spulciando le testate on-line e sicuramente i giornali di oggi. Quello che è triste, profondamente triste, è vedere una classe giornalistica che – facendo finta di inseguire la verità – è pervicacemente protesa nel perseguire unicamente l’audience che gli fa aumentare fama e stipendio. Triste, ancora più triste – come ha notato il sempre acuto Edward Luttwak giorni fa parlando di Grillo – osservare che in Italia c’è una corsa a ritenersi moralmente superiori, il che – aggiunge il vostro Yoda – è uno dei primi semi della dittatura.

Tra Grillo e Travaglio non c’è poi molta differenza: uno le spara grosse senza accettare alcun contradditorio, mescolando qualche verità, molte mezze verità, e tantissime scempiaggini. L’altro, apparentemente più democratico, gioca con il vero e il verosimile, sommerge l’avversario di citazioni e vecchi ritagli di stampa, spara a pallettoni sapendo che qualcuno andrà certamente a segno, e pazienza se qualche volta si dovrà beccare una querela, ha persino detto che “un bravo giornalista le deve mettere in conto”. Strano concetto di reputazione.

Così, mentre l’Italia scivola lentamente verso Cipro, ci sono alcuni eroi dell’informazione che litigano per il seggiolone del più bravo ad acchiappare l’ospite che fa audience. Yoda è pronto a giurare che sono gli stessi che fremono di poter commentare qualche moto di piazza contro la casta o addirittura per il pane, aggiustandosi nelle pause della pubblicità la giacca di cachemire.