Grande confusione in parlamento. Il candidato “condiviso” Marini non eletto, come ci si augurava, al primo scrutinio. Bocciata l’intesa Bersani/Berlusconi. Nel Pd volano gli stracci. Vendola se ne va. Grillo esulta. Nel Pdl risale la paura per “rieccolo” Prodi. Si ritorna ai riti della prima Repubblica e la confusione è massima. Cosa c’è di meglio per garantire una partenza lanciata a Michele Santoro, che più c’è confusione più riesce a fare audience, aggiungendo benzina al fuoco? “In fondo alla strada ci son due ladroni…” recita l’ammiccante canzone di Jannacci che fa da sottofondo al solito pistolotto iniziale tarato sulle tesi di Grillo: quelli stessi che ci hanno portato al disastro, pretendono ora di decidere il nuovo presidente della Repubblica e di condizionare a modo loro il futuro delle giovani generazioni imponendo il loro vecchio modo di fare politica e gestire il potere.

Sui titoli di testa scorrono le immagini delle solite rincorse del riccioluto giornalista che cerca provocare senza successo i vari big del Pd, e delle proteste del militanti delusi. Impressionante una giovane militante che, in lacrime, dice che per colpa “loro” (i leader del Pd) dovrà andarsene dall’Italia, perché loro stanno consegnando il Paese a Grillo e a Berlusconi.

Invitato d’onore Gino Strada (in realtà avrebbe dovuto invitare Milena Gabanelli, candidata presidente più votata dal Movimento 5 stelle, ma evidentemente non è in studio a causa della gran ruggine cresciuta tra i due a livello professionale); insieme a Massimo Cacciari ha facile gioco nel dire che sembra di essere all’asilo mentre servirebbe un atteggiamento di enorme responsabilità adulta. Sia Strada che Cacciari si domandano perché mai non si dovrebbe proporre Rodotà, solo perché viene promosso da Grillo. Rodotà metterebbe Grillo all’angolo, lo obbligherebbe a dargli i voti per un governo, cosa che ha chiesto per quasi due mesi…

Lucia Annunziata cerca di dare una sua originale lettura della scelta di Marini da parte di Bersani: evitare lo scontro finale che si prepara da anni sottotraccia tra Ds e Margherita, tra D’Alema e Prodi. Al co-autore della “Casta”, Gian Antonio Stella, Santoro domanda retoricamente come mai, nonostante questa svolta anti-casta che ha conquistato il Paese, sia stato indicato un personaggio come Marini, certamente onesto ma che è uno della vecchia nomenclatura. Stella afferma di non comprendere, e anche lui si domanda come mai non ci si accordi su Rodotà. La politologa Gualmini concorda con la tesi della giovane militante: quello che è successo costituisce un bellissimo regalo per Grillo e Berlusconi.

Travaglio fa una implacabile cronistoria di tutti gli autogol che si sono fatti i leader della sinistra, finendo con una battuta bruciante: “Ma questi hanno sbagliato ininterrottamente per vent’anni …o sono stati da sempre d’accordo con Berlusconi?”. Cacciari, lucido come sempre, ricorda che il Pd è un partito mai nato, spaccato per definizione, e quindi tanto vale tentare la carta Rodotà, che certamente dividerà un po’, ma almeno è di specchiata onestà, oltre che certamente capace di essere equidistante. Poi ricorda che in tutta la discussione ci si dimentica che noi siamo in una Repubblica parlamentare, e il presidente non ha poteri né di gestire la cosa pubblica, né di fare leggi. Anche se Santoro, Stella e Annunziata ricordano che ha comunque poteri di indirizzo e di guida come ha fatto Napolitano.

Passano le immagini del crescente numero di barboni che vivono alla stazione e sui treni perché non hanno dove andare. Solita esibizione del dolore di vivere, pura drammaturgia, che rende comunque bene l’idea della distanza tra i problemi della crescente povertà del Paese con i soliti politicanti o, peggio, come sottolineano Strada e Cacciari, con i manager che guadagnano mille o diecimila volte più di un operaio.

Interviene al telefono Celentano che, dopo aver fatto un pubblico appello a Bersani, ribadisce in diretta i motivi per cui secondo lui Bersani è obbligato a riavvicinarsi a Grillo e a proporre con un colpo d’ala Rodotà. A sorpresa Santoro legge una notizia: la capogruppo grillina alla Camera dichiara che nella lista dei candidati votati dal loro movimento “c’era anche Prodi, che sarebbe già una gran cosa!”. Colpo di scena. Così Santoro può introdurre una breve intervista proprio a lui, che con il suo solito stile soporifero e sospirante, dice incredibili banalità con aria pensierosa e sofferta. Lucia Annunziata insiste nel sottolineare la giusta preoccupazione di Cacciari: Prodi sarebbe un presidente di guerra, il che potrebbe seppellire il paese sotto una coltre definitiva di macerie.

Come i cavoli a merenda, si fa vedere una intervista di Ruotolo a Ruby Rubacuori, forse perché la medesima ha protestato per le ricostruzioni fatte in sua assenza. Si capisce che cerca di screditare i verbali con i suoi interrogatori fatti quando aveva diciassette anni, quando era ingenua e fanfarona…mmm…assai poco convincente…e non si capisce proprio cosa c’entrasse con la puntata sull’elezione del Presidente della Repubblica. Puntata di livello, però, perché alto era il livello degli ospiti, e assai lucide le loro osservazioni. Mentre Santoro per una volta ha cercato di far capire cosa succede invece di sguazzare nella confusione.

Speriamo che la notte porti consiglio. E che Dio ce la mandi buona.