Rosso di sera, ultima puntata della stagione di Servizio pubblico. “Chi sono io, sono un tribuno? No, sono un corpo che pensa, sono una macchina da scrivere che ha il suo punto di vista”. Santoro si autoproclama erede di Zavoli e Biagi, su un palco rosso circondato da bandiere rosse e anche da stendardi con falce e martello. Dice che Renzi gli ha telefonato per fargli gli auguri, ma intanto non è venuto, mentre va a Porta Porta, a Virus e a Quinta colonna, e così con tono burbanzoso e pure vagamente minaccioso, dice che invece gli auguri glieli fa lui. Sullo sfondo di un cielo azzurro al tramonto, e di una scenografia studiata per assiepare un pubblico tutt’altro che sterminato, il conducator maximus liscia subito i presenti per il pelo: “A noi ci piace il rosso”. 



Nel servizio iniziale la stroncatura di Renzi viene affidata alla vox populi: tutti lo conoscono, il Renzi, alcuni lo hanno pure votato, ma tutti insieme sostengono che non è mai stato di sinistra, e che si è assimilato al potere come tutti quelli di prima. L’attacco a Renzi prosegue con un siparietto in cui un’attrice legge le agiografiche descrizioni delle giornate di Mussolini, mentre un inedito Travaglio, imitando la voce stentorea della vecchia settimana Incom, racconta le giornate di Renzi allo stesso modo. Travaglio sbeffeggia le piaggerie di Repubblica verso il Premier, sostenendo che è la capostipite del “Renzulpop”, mentre la sua partner legge spezzoni di articolesse effettivamente imbarazzanti.



Il giornalista De Angelis introduce il suo alter-ego mascherato, cui fa ripetere tutte le maldicenze che i renziani stessi si lasciano scappare in Parlamento: “Renzi sta gettando le colpe su tutti, dopo aver scelto lui la Paita e la Moretti. Intanto se ne sta chiuso nel bunker con Lotti e la Boschi. È l’inizio della fine o è già la fine?”. Santoro sembra uno di quei mastini napoletani che annusano la preda ferita in difficoltà, e così ne addentano una zampa che non molleranno più, scuotendola e sbattendola. Infatti, dopo lo sfottò di Travaglio e i retroscena di De Angelis e del suo compare mascherato, arrivano un professore e uno studente lavoratore che urlando attaccano Renzi con slogan tipici di un comizio di Lotta Continua di buona memoria. Santoro se ne sta in piedi in mezzo alla pedana, meglio, in mezzo al ring, in cui Renzi – presente solo virtualmente – viene pestato a sangue mentre lui, che vuole apparire come un arbitro, osserva invece intimamente soddisfatto, senza dire basta. 



Arriva poi Bennato, che ci ammannisce una lagna post-sessantottina, mal suonata e peggio cantata. Doveva essere una serata a sorpresa, ma con l’arrivo di Monica Guerritore che si improvvisa cantante di una litania femminista con versi di Ada Merini, ti riscopri nel riflesso negativo di una serata di Porta a Porta, quelle in cui si mescolano parole e musica. Solo che qui il tono è più mono-tono, con il risultato che le canzoni, appesantite da versi non adatti a essere cantati, non volano per niente. Immancabile la presenza di una rappresentante di 341 povere lavoratrici dell’ennesimo call center in difficoltà, che urla- ahimè – le oramai logore frasi sulla dignità del lavoro che abbiamo sentito troppe volte durante l’anno. 

Evidentemente ammaestrato dalle osservazioni dei critici televisivi, che hanno rilevato che senza disastri da raccontare lui perde ascolti, Santoro ha deciso di tornare all’attacco con una serata di protesta, che però mostra la corda di un filo ideologico un po’ abborracciato, incarnato da un pistolotto solidaristico assai generico messo in bocca alla Ferilli, che rimpiange i bei tempi in cui essere di sinistra era un piacere. Dopo di lei arriva Bianca Berlinguer, che ricorda i tempi del sequestro Moro in cui suo padre si era detto contrario a trattare con i terroristi. Così inizia un siparietto sul privato del capo del grande Pci che più di ogni altra cosa amava un partito che aveva il compito di migliorare la società. In sostanza Santoro sta facendo sfilare i rappresentanti e gli appassionati della sinistra storica, tutt’altro che renziana. Dato che Bianca finisce il suo intervento ricordando i tristi momenti della morte di Berlinguer, dopo di lei appare Cristiano De Andrè che canta una famosa ninna nanna del padre, accompagnato, o meglio, disturbato, da una chitarra eccessivamente miagolante.

Dopo la pubblicità si cambia registro e Santoro ritorna ad ammannirci le ricostruzioni, fatte con attori, di dichiarazioni e intercettazioni di Carminati e Buzzi, vale a dire i principali rappresentanti di Mafia Capitale. Si ripetono le frasi più imbarazzanti, come: “Se Marino resta sindaco ancora due anni, ci mangiamo tutta Roma”. Senza commenti di sorta, Santoro passa poi a intervistare Sandro Ruotolo, ora sotto scorta dopo che il famoso latitante Michele Zagaria gli ha fatto sapere di volerlo squartare. Tutto ruota intorno a discariche di Casal di Principe in cui ci sarebbero trenta milioni di tonnellate di rifiuti speciali e anche radioattivi, di cui si sapeva da tempo, ma sui quali nessuno è mai intervenuto. 

Dai rifiuti tossici si passa a una drammatica telefonata da un barcone di migranti che sta affondando, e poi subito dopo a Gad Lerner che con la sua barba da rabbino stigmatizza assai facilmente le sparate dei lego-fascisti sui migranti, come li chiama lui. Dopo il pistolotto di Gad Lerner, ecco un’altra perla della rossa collana di Santoro: il premio Oscar Nicola Piovani, che al pianoforte suona i Viaggi di Ulisse. Così la trasmissione si rivela assai discontinua: l’unico filo rosso – di nome e di fatto -è costituito dalla comune militanza politica degli invitati. 

Sale sul palco, annunciata come una grande sorpresa, Carla Fracci che tutta di bianco vestita e con volto sofferente, accenna a qualche passo di danza – per la verità passeggia a suon di musica – gettando intorno a lei dei garofani rossi. Mah, non si comprende bene il senso di questa sfilata di personaggi: forse Santoro vuol mandare un messaggio a Renzi, dopo averlo attaccato duramente: guarda, questo è il mio esercito, ci devi trattare bene e darci degli spazi, altrimenti sono guai… almeno così sembra voler dire questa sgangherata serata, che si è rivelata un patchwork non ben assortito dei multicolori ingredienti Santoriani. A peggiorare le cose, se possibile, arriva il rapper J-Ax il quale sostiene che liberalizzando la droga si otterrebbe un grande aumento delle entrate fiscali. Meno male che è un intervento breve.

Finalmente arriva Landini, per la prima volta in camicia immacolata e cravatta rossa, intervistato da Giulia Innocenzi che fa finta di fargli delle domande, mentre in realtà gli fornisce dei precisi assist affinché possa esporre per intero la sua piattaforma che peraltro conosciamo bene, in quanto ospite quasi fisso di Santoro. Finita l’arringa di Landini, guarda chi si rivede: quella che un tempo era la chiamata la coscia lunga del Pds, vale a dire Alba Parietti. Tutta di rosso vestita, traccia un parallelo tra il padre partigiano e il prete-partigiano don Andrea Gallo. Voce tremante di passione, labbra scarlatte, ma tutto sommato ancora un altro comizio.

È il momento di Vauro, che però non merita proprio alcun commento: la sua performance è la quintessenza di quelle già pessime che abbiamo giustamente ignorato durante l’anno. Salgono poi sul palco un po’ di operai arrabbiati, che a turno rinfacciano a Renzi la svendita delle aziende pubbliche, la chiusura di aziende strategiche e la loro difficile condizione.

C’è spazio ancora per l’ultimo strillo di Landini che rincara ulteriormente la dose e poi per concludere arriva Teresa De Sio che, canta pensate un po’, una versione rivisitata di Bella Ciao, mentre un lungo drappo rosso viene steso sul pubblico. Ma il pubblico è visibilmente è stanco, non partecipa, non canta, non inneggia. I poveretti sono in piedi da quasi quattro ore, e poi quello che hanno visto era tutta una rifrittura di cose già sentite, cucite assieme senza una particolare tensione da un Santoro desideroso di arrivare alla fine, e che fin troppo spesso ha definito straordinarie o meravigliose delle modeste performance tirate via in una atmosfera di comizio stanco e ripetitivo. 

Se questo è quanto Santoro pensa di ammannirci l’anno prossimo, le premesse non sono granché. L’ultima puntata “speciale Rosso di sera” è apparsa più che altro l’esibizione dell’orgoglio di una sinistra che non vuole finire renziana, ma che non sa fare altro che rifugiarsi nella nostalgia del tempo che fu e in una retorica che suona stonata quanto le promesse non mantenute del premier.