Donatella Di Rosa, anche conosciuta come “Lady Golpe“, trent’anni fa denunciò un presunto colpo di Stato, progettato dal suo marito di allora, il tenente colonnello Aldo Michittu, insieme al comandante della Folgore Franco Monticone (suo amante) e con il supporto del neofascista Gianni Nardi, che era però deceduto in Spagna nel 1976. L’unica cosa che fu provata fu la calunnia che portò la donna a scontare una pena di due anni e otto mesi agli arresti domiciliari. Al Corriere della Sera, oggi, racconta di un colonnello, conosciuto due anni fa: l’uomo sarebbe stato incaricato dalla Procura di Brescia di ascoltarla quale testimone di una pista alternativa sulla strage di piazza della Loggia del 1974.



“Mi avvicinò con la promessa di restituirmi l’onore. Intravidi una possibilità di riscatto. Ero per tutti la calunniatrice. Finalmente avrei avuto un po’ di giustizia. Lo conobbi attraverso mio figlio. Mi disse che quella condanna nei miei confronti era stata pretestuosa e che aveva coperto responsabilità inconfessabili. Verificai che effettivamente la pm Caty Bressanelli stava indagando e che lui era incaricato di ascoltarmi. Parlammo a lungo. Lui sembrava essermi molto vicino. Siamo alla fine del 2022, si arriva al 2023 e lui, tra un verbale e l’altro, mi invia cuoricini e bacini”. Da lì nella Di Rosa sorge un dubbio: “Era una modalità di comunicazione inappropriata per un militare che punti a far luce su una strage”.



Antonella Di Rosa: “Mi sento umiliata e illusa, voglio la verità”

Dopo aver conosciuto il colonnello dei carabinieri incaricato di ascoltare Donatella Di Rosa come testimone di una pista alternativa sulla strage di piazza della Loggia del 1974, iniziano ad arrivare sul cellulare di Lady Golpe messaggini dolci e cuoricini. “Sono una piumetta, gli avrò fatto tenerezza mi dico” racconta al Corriere della Sera. Da lì la situazione precipita: “Sul mio cellulare iniziano ad arrivare cose ben al di là di quanto avrebbero potuto fare certi signori di poco gusto”. Si trattava di nudi e immagini sconce. “Mio figlio, poi, trova questi messaggi sul mio cellulare. Io cambio colore” racconta.



A quel punto la Di Rosa incarica il suo avvocato Arturo Cecherini di presentare denuncia: “Un esposto corredato dai duemila messaggi all’incirca ricevuti”. Una faccenda che ha solo complicato una vita non semplice. “Mi sento umiliata. Utilizzata. Illusa. Ho una vita complicata resa più difficile da una anoressia severa. Mi aspettavo giustizia perché, le dico sinceramente, nonostante tutto quello che mi è accaduto non sono disamorata nei confronti della magistratura” racconta ancora. Dalle indagini, ora, vuole solamente la verità.