Il centro franco-tedesco ha vinto la partita delle nomine più importanti dell’Unione europea. L’Italia esce a pezzi. Il Presidente della Commissione europea sarà la tedesca Ursula von der Leyen di cui si ricordano le prese di posizione ad agosto del 2011, quando proponeva che i salvataggi europei fossero garantiti da oro o da partecipazioni industriali. Per calare nella realtà italiana parleremmo di minuzie come Eni, Enel, Leonardo, ecc. Il prossimo presidente della Bce, Christine Lagarde, è ricordata per il suo ruolo nella gestione della crisi greca e per una lettera da lei scritta all’allora presidente francese Sarkozy e trovata in una perquisizione nel suo appartamento. In questa lettera la neo presidente della Bce scriveva a Sarkozy: “Sono al tuo fianco per servire te e i tuoi progetti per la Francia” e “Usami per il tempo che serve a te, alla tua azione e al tuo casting” e infine “Se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno: senza guida, rischio di essere inefficace; senza sostegno, rischio di essere poco credibile”.



L’Italia esce malissimo da questa tornata di nomine europee non solo perché non ha influenzato la decisione finale che ha dimostrato ancora un’Europa franco-tedesca, ma perché si trova con una presidente della Commissione europea decisamente pro-austerity e con un Presidente della Bce che si presume salvaguarderà gli interessi francesi. L’austerity è il mezzo con cui, in un’Europa che ha un’applicazione delle regole asimmetrica, si drenano risorse dalla periferia al centro “carolingio” e che ha trasformato la periferia in una colonia di fatto come si vede chiaramente dalle nomine di ieri, ma ancora di più dal modo in cui sono arrivate. È un’Europa degli stati in cui le istituzioni europee e l’applicazione discrezionale delle regole sono un mezzo per fare la guerra a chi è rimasto fuori.



La Francia è quella nazione che bombarda la Libia, rispedisce indietro i migranti con le scarpe tagliate, e nel frattempo si è comprata l’Italia anche perché a buon prezzo per la depressione economica, soprattutto in fasi complicate della crescita globale, indotta dall’impossibilità di politiche anticicliche, e perché l’appartenenza all’euro e al mercato comune impediscono qualsiasi difesa. Si tenga presente che oggi la Francia è il principale azionista di Renault e che fare affari in Francia è impossibile.

Dentro l’euro l’Italia è senza difese contro l’austerity e contro la colonizzazione. Dentro l’euro è facilissimo indurre crisi finanziarie perché l’Italia non controlla il suo cambio e non ha la banca centrale. Dentro l’euro quando si producono queste crisi finanziarie si aprono praterie a Francia e Germania per approfittarsene a buonissimo mercato. Gli incentivi a produrre queste crisi sono letteralmente enormi e la loro applicazione facilissime per via dell’impossibilità degli stati membri di opporre qualsiasi difesa di qualsiasi tipo. La democrazia ovviamente non esiste.



L’alternativa oggi sembra ancora più chiara di ieri. O l’uscita o la colonizzazione dopo la rapina di qualsiasi cosa abbia valore. Dove stia la rendita in questo Paese è chiaro. Siamo messi molto, molto male. Il partito dello spread può stappare lo champagne e contare i giorni che mancano al ritorno in sella. Non abbiamo idea di quale livello di “cattiveria” potrà avere un’Europa attaccata dal rallentamento globale e dalla guerra commerciale.