LUIGI NECCO, QUEL RACCONTO SU SIBILIA E CUTOLO PAGATO CON LA VITA…

Nuovo appuntamento questa sera con “Cose Nostre”, il format Rai in stile docu-reality che porta sullo schermo storie di mafia e anche dei protagonisti della società civile e non che hanno combattuto la malavita. E questa volta la puntata del programma (andata in onda nel dicembre 2016 la prima volta, quando il diretto interessato era ancora vivo) sarà incentrata sul compianto Luigi Necco, scomparso nel 2018 nella sua Napoli a 84 anni a causa di una grave insufficienza respiratoria. Divenuto celebre soprattutto grazie alla partecipazione in quel vero e proprio ‘cast’ di personaggi di “90° minuto”, Luigi Necco non è stato solo un grande telecronista e giornalista sportivo ma la sua carriera è legata pure a un episodio malavitoso che l’aveva coinvolto.



Ma andiamo con ordine: i fatti risalgono all’inizio degli Anni Ottanta quando Necco, da campano attento alle vicende calcistiche e non solo della sua regione, seguiva sia il Napoli sia l’Avellino, allora militante in Serie A: era l’ottobre del 1980 quando Antonio Sibilia, storico presidente dei biancoverdi irpini, presenziò assieme al calciatore avellinese Juary a una udienza del processo che vedeva imputato il boss della camorra Raffaele Cutolo. La cosa non passò inosservata e nemmeno il saluto con tre baci rivolto dal patron dell’Avellino al boss, con tanto di medaglietta d’oro consegnata al boss tramite il calciatore brasiliano: a parlarne in televisione sarà proprio Luigi Necco, non sapendo che pochi giorni dopo avrebbe pagato per questa cosa.



LUIGI NECCO, L’AGGUATO DI CAMORRA NELL’81 IN UN LOCALE DEL CENTRO DI AVELLINO…

Infatti, dopo che la vicenda era emersa proprio durante una puntata di “90° minuto”, Luigi Necco sarà vittima di un attentato ai suoi danni il 29 novembre del 1981: “Sono stato gambizzato con tre colpi di pistola” raccontò il diretto interessato, raggiunto dai proiettili esplosi da un gruppo di tre uomini quando si trovava presso un ristorante di Mercogliano. Come poi è emerso nel corso delle successive indagini, quella gambizzazione era stata ordinata da uno dei ‘luogotenenti’ sul campo di Cutolo, ovvero Vincenzo Casillo, meglio noto alle cronache locali come ‘O Nirone. Attorno a quella vicenda restano ancora oggi dei punti oscuri: ad esempio Sibilia si era sempre difeso spiegando che Cutolo era un fan dell’Avellino e che la medaglia donata era stata una scelta non sua ma del cda della società.



Qualcuno fece notare all’epoca che l’agguato a Luigi Necco da parte di uno dei fedelissimi del boss fuori dal carcere avvenne in un locale del centro avellinese facente parte del “feudo” avellinese, come ricorda anche un articolo di NapoliToday. “Io seguivo quel filone di indagini, e feci vari servizi su soldi sporchi e società di calcio” aveva raccontato il diretto interessato nel corso di un’intervista concessa a ‘il Giornale’, rievocando poi il famigerato episodio avvenuto durante una delle pause del processo a Cutolo. “Io, che avevo assistito alla scena, riferii tutto in tv durante il programma e Paolo Valenti rimase a bocca aperta e così tutti gli italiani” proseguiva Luigi Necco nel suo racconto, secondo il quale sarebbe stato però lo stesso Cutolo ad evitargli un’esecuzione: “Gli fu chiesto se, a seguito del mio sgarro, poteva farmi sparare ma disse che i giornalisti non si toccano e che gli stavo pure simpatico… E l’attentato? “L’organizzò poi Enzo Casillo per guadagnare visibilità. I suoi sicari scrissero sulla mia auto dopo gli spari ‘Tu vuliv fa o criticone?’…”.