Un lago con gli stessi diritti di un essere umano, con personalità giuridica. Potrebbe essere questa la novità nel futuro del lago di Garda, sulla falsariga di quanto successo al fiume Whanganui, in Nuova Zelanda, che ha vinto una battaglia legale durata 140 anni. È una storia incredibile, che vale la pena riassumere. Quel fiume, sacro per i Maori e per l’omonima tribù che vive sulle sue rive, è il protagonista di numerose leggende, come quella che lo vuole nato da uno scontro tra montagne contigue. Il Whanganui è da sempre venerato animisticamente dai locali, che lo considerano alla stregua, appunto, di un essere vivente. Il fiume neozelandese, dopo il singolare riconoscimento giuridico, adesso sarà difeso in tribunale da due rappresentanti, uno scelto dai Maori e uno nominato dal Governo: da oggi ogni danneggiamento al fiume equivarrà a un reato contro la tribù Whanganui.



Su questa suggestione è nata la proposta, per ora solo simbolica, lanciata da Federalberghi Garda Veneto in occasione della 48esima assemblea dei soci, ospitata al TH Lazise-Hotel Parchi del Garda, seguita dal convegno “Il Turismo che vorrei”. Proposta (come cita Pantheon) che si traduce in una petizione finalizzata a proteggere l’ecosistema del lago di Garda con l’adozione di una specifica normativa che ne tuteli l’integrità riconoscendone magari non la sacralità, ma i diritti alla “salute”, al pari di una persona. “La nostra è una categoria che vive, lavora e ha a cuore il territorio gardesano – ha detto il presidente dell’associazione, Ivan De Beni -, e vorremmo che anche il nostro lago fosse riconosciuto quale persona fisica, con le stesse tutele di ognuno di noi”.



“Discutere oggi dei turismi del lago – ha aggiunto la senatrice Mariastella Gelmini, presidente della Comunità del Garda – significa trattare la necessità di puntare sulla sostenibilità, ma anche su un’adeguata promozione e su un metodo di lavoro basato sul gioco di squadra. In questo la Comunità del Garda si impegna ogni giorno per costruire un’immagine unitaria del lago di Garda”. Sostenibilità ribadita anche dall’ad di Gabetti Property Solutions, Roberto Busso, concentrato ovviamente sul valore patrimoniale delle strutture alberghiere già esistenti sul Garda, uno status che suggerisce come non sia necessario né auspicabile un ulteriore utilizzo del suolo gardesano, giudicato al limite.



“Oggi registriamo un +4% sugli arrivi e un +0,7% sulle presenze rispetto al 2019, l’anno dei record pre-pandemia: sono dati che dimostrano l’attuale tonicità del comparto sul nostro territorio – ha detto Massimiliano Schiavon, presidente di Federalberghi Veneto -. Significa che il Veneto ha tenuto molto bene in questi ultimi difficili anni e sta vivendo una buona fase di ripresa. Ora ci dobbiamo interrogare sui grandi temi del futuro, sulla governance, sulla sostenibilità e sugli investimenti da fare per rendere strutturale questa ripresa”. Una ripresa che si può fondare anche su una comunicazione in grado di promuovere la “salute” del lago e i suoi tesori nascosti, come ad esempio il paese fantasma, Campo, frazione di Brenzone, abitata solo da due famiglie, che si può raggiungere solo a piedi; o “il balcone sul Garda”, cioè San Zeno di Montagna; o il santuario di Madonna della Corona, sul Baldo.

Altro nodo fondamentale per la tenuta dell’intero sistema è ancora una volta quello degli affitti brevi. Il convegno ha fornito i dati di uno studio condotto da due ricercatrici universitarie: risultano 3.207 annunci di case vacanze e alloggi nel territorio, la maggior parte dei quali rimandano ad host professionisti che gestiscono più realtà. A tutti gli effetti, sembra di aver a che fare con un albergo diffuso, che funziona senza adeguati strumenti normativi e di controllo. Si tratta di un problema ben condiviso da città d’arte e territori a vocazione turistica, che però sui confini del Garda incide non poco sulla sostenibilità dell’intero ecosistema dell’hospitality & travel industry.

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