Laila El Harim, la donna morta martedì sul posto di lavoro, rimasta incastrata nella macchina fustellatrice alla quale era addetta in uno stabilimento a Camposanto, Modena, aveva segnalato ai suoi capi chle quell’attrezzo non funzionava bene. Lo riporta Il Corriere della Sera, osservando come dal sequestro del telefono della 40enne italiana di origine marocchina disposto dalla pm Maria Angela Sighicelli, sia emerso come più volte la vittima avesse fotografato il grosso apparecchio per la sagomatura. Assunta in azienda all’incirca 50 giorni fa, erano state almeno 20 le criticità segnalate ai suoi capi. Lo ha precisato nei giorni scorsi il suo compagno, Manuele Altiero: “Magari non solo guasti, ma anche l’uso di materiale non adeguato“. Quando rincasava la sera, ha detto l’uomo, “Laila mi raccontava che la fustellatrice aveva dei problemi; un giorno sì e uno no dovevano passare gli elettricisti per sistemarla“.
Laila, morta sul lavoro a Camposanto
La Procura nel frattempo ha inviato un avviso di garanzia non solo a Fiano Setti, ottantacinquenne fondatore dell’azienda per imballaggi dolciari «Bombonette» per cui lavorava Laila El Harim, ma anche al nipote Iacopo, 30 anni, responsabile della sicurezza della ditta. Proprio la famiglia Setti ha rifiutato le accuse rivoltegli in questi giorni in un incontro con i sindacati modenesi nell’impianto a Camposanto. Fiano, suo figlio Daniele (attuale ad della Bombonette) e Iacopo, ha raccontato Manuela Gozzi, segretaria provinciale Cgil, “ci hanno detto che la macchina, presa in Spagna nel 2018, era sottoposta a frequenti manutenzioni e la presenza degli elettricisti non era così frequente come detto dal compagno di Laila e dovuta semmai a normali controlli“. Secondo la versione dei Setti e del loro consulente Orazio Casali, Laila, assunta per la sua ventennale esperienza sulle fustellatrici, era intervenuta di sua volontà per risolvere un problema sulla macchina e così facendo avrebbe perso la vita. Il perché di questa iniziativa? La sindacalista Gozzi, scrive Il Corriere della Sera, scuote il capo: “Forse era pressata per non rallentare la produzione, forse lo aveva già visto fare da altri. E forse, con quel contratto a tempo indeterminato firmato da poco, non è stata in grado di dire di no“.