Il filosofo argentino Miguel Benasayag è esperto di disagio giovanile ed autore di diversi saggi sul tema della libertà e dell’individualismo nella società attuale. In un’intervista pubblicata dal quotidiano La Verità, lo psicoterapeuta riflette sulle sfide quotidiane di quest’epoca ormai “, in un mondo nel quale la tecnofilia e il digitale hanno preso il sopravvento sull’umanità portando così ad un processo, forse irreversibile, a causa del quale viene delegato tutto alle macchine e all’intelligenza artificiale.



Benasayag si è interrogato su “Cosa sia rimasto del vivere“, e la sua previsione non è delle migliori, infatti sostiene che “siamo arrivati alla fine dell’antropocene“, perchè dopo aver vissuto la “fine della promessa”, ora è rimasto solo il caos. Anche se dice di rifiutare l’idea della “tecnofobia”, ritiene necessario un processo di riconquista del terreno perduto. Ma la soluzione non è semplice, “il futuro è buio assoluto“, e al momento non c’è quasi nulla che si possa fare per invertire la rotta. L’unica cosa che si può tentare è “trovare una via d’uscita dall’individualismo“, riscoprendo il rapporto con l’ambiente e con gli altri.



Miguel Benasayag “Rieduchiamo i giovani alla fragilità senza ansia”

Miguel Benasayag parlando del rapporto tra le nuove generazioni e il digitale, in un mondo ormai colonizzato dagli algoritmi avverte sulla necessità di rieducare i bambini al senso di fragilità che porta ad una dimensione di gioia e condivisione. Occorre accettare il fatto che l’insicurezza fa parte dell’esistenza, ma allo stesso tempo non viverla come una minaccia. Lo psicoterapeuta pone particolare attenzione nel lasciare indietro quel punto di vista, molto attuale, del rifiuto dei problemi e mettersi sempre dalla parte del conquistatore.



Una sfida difficile, soprattutto per i giovani e per i genitori, che dovrebbero preparare i figli ad affrontare i problemi quotidiani senza ansia.  “Non dire “attenzione” con ansia, ma dire: “È difficile ma è una sfida”. “Prendere gli accadimenti come sfide e non come minacce e insicurezze“. Soltanto in questo modo i ragazzi potranno tornare liberi dalla trappola “ansiolitica” della tecnologia, e tornare ad accettare gli eventi con conseguenze positive.