Domenica, su El Pais, è stata pubblicata un’intervista a Fabio Panetta. Il membro del Comitato esecutivo della Bce non solo ha evidenziato che, a differenza degli Stati Uniti, l’Europa non tornerà “sul sentiero di crescita antecedente la crisi, perdendo in modo definitivo due anni di sviluppo”, ma che “vi è il rischio di una ripresa a più velocità”. Per questo Panetta sottolinea la necessità “che l’economia sia sostenuta da adeguati stimoli sia monetari sia fiscali. Per essere davvero prudenti dobbiamo fornire all’economia uno stimolo vigoroso; in questa fase il rischio di fare troppo è di gran lunga inferiore di quello di fare troppo poco”. Quanto alle politiche della Bce, ha detto: “Abbiamo margini di manovra ampi, sinora abbiamo utilizzato solo in parte la dotazione di 1.850 miliardi di euro approvata nell’ambito del nostro programma di acquisti di titoli. Ma se dovessimo esaurire tale dotazione senza raggiungere il nostro obiettivo di inflazione, allora saremmo obbligati a fare di più”. Dichiarazioni indubbiamente interessanti, anche perché, spiega Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, “Panetta stimola il lettore ad adombrare uno scenario sicuramente plausibile, ma poco rassicurante”.
A quale scenario si riferisce?
Panetta ricorda che non solo c’è una differenza nel ritorno alla crescita tra Stati Uniti ed Europa, ma che cominceranno a manifestarsi asimmetrie anche all’interno dell’Eurozona. La ragione di ciò è abbastanza semplice: vi sono alcuni Paesi che per la loro struttura economica sono più dipendenti dal turismo e che in un contesto epidemiologico come quello attuale, con la quasi certezza di amplissimi ritardi nella campagna vaccinale, subiranno un maggior danno. Tra l’altro si tratta dei Paesi del Sud Europa, tra cui l’Italia, che scontano già importanti fragilità economiche. C’è poi un altro passaggio interessante nell’intervista.
Quale?
Quello in cui Panetta dice che “in Europa dobbiamo rendere operativo con tempestività il programma NGEU, al fine di consentire alla Commissione europea di avviare in tempi brevi l’erogazione dei fondi”. Si tratta di una preoccupazione sul fatto che, complice anche l’intervento della Corte costituzionale tedesca, vi possa essere un ritardo nell’erogazione delle risorse del Recovery fund. Di fatto si determinerebbe un doppio shock asimmetrico sull’economia europea.
Perché un doppio shock? E perché asimmetrico?
Perché, da un lato, il ritardo della campagna vaccinale (ormai certo) e, dall’altro, quello (probabile) dell’erogazione delle risorse del Recovery fund finirebbero per colpire principalmente i Paesi del Sud Europa, che sono quelli che dipendono più dal turismo e beneficiano maggiormente del Next Generation Eu. Panetta sembra nemmeno troppo implicitamente cercare di indicare quale possa essere la risposta di politica economica a questo scenario.
Cosa dice in tal senso Panetta?
Naturalmente se ci dovesse essere un ritardo nell’erogazione delle risorse del Recovery fund c’è il rischio che l’onere di fornire una risposta stabilizzatrice ricada sulla Bce. Panetta non si tira indietro e, anzi, ipotizza anche una risposta aggressiva dell’Eurotower utilizzando tutte le risorse del Pepp e andando anche oltre finché si è lontani dall’obiettivo dell’inflazione al 2%, o poco al di sotto. Tuttavia, sottolinea che la politica monetaria da sola non basta e che occorra in sinergia una politica fiscale iper-espansiva, come sta avvenendo negli Stati Uniti. Inoltre, non parla solo della quantità dei sostegni, ma anche della loro urgenza, della scansione temporale con cui vengono messi in campo.
Di fatto a chi sono rivolte le parole di Panetta?
Le sue parole si inseriscono, innanzitutto, nel dibattito interno alla Bce. Sappiamo infatti che ci sono alcuni membri del Consiglio direttivo, esponenti di Paesi del Nord Europa, che spingono per una ricalibrazione dello stimolo monetario appena l’economia dell’Eurozona nel suo complesso cominci a ripartire. Ma il suo è anche un messaggio rivolto alla Commissione europea e ai Governi dei Paesi membri, perché la contrapposizione tra falchi e colombe in qualche modo esce fuori dall’Eurotower per arrivare a Bruxelles e a tutta l’impalcatura di politica economica che è alla base dell’Eurozona. Nel momento, infatti, in cui la politica monetaria non fosse supportata da quella fiscale, non riuscirebbe da sola ad attutire quel doppio shock per le economie più fragili di cui abbiamo parlato poco fa.
Qual è quindi il messaggio per la Commissione europea e per i Governi dei Paesi membri?
Per Bruxelles è quello di fare attenzione a mandare segnali che possano essere interpretati come restrittivi o comunque di un prematuro ritorno alla normalità nella stance di politica fiscale, oggi resa flessibile dalla temporanea sospensione del Patto di stabilità. Per i Governi è di cercare di mantenere stimoli all’economia adeguati e per tutto il tempo necessario. È chiaro, però, che nei Paesi del Sud c’è timore a far ciò senza ricevere rassicurazioni sul fatto che la cornice di politica economica europea glielo consenta. Per essere chiari, come si fa a proiettare il livello del proprio deficit fra due-tre anni quando non si sa se il Patto di stabilità verrà reintrodotto dal 2023?
Panetta dice anche che se il Recovery fund avrà successo “potrà rappresentare il prototipo di un futuro strumento di bilancio comune europeo”. Parole che sembrano legarsi a quelle di Enrico Letta sull’obiettivo del Pd di far sì che il Next Generation Eu diventi strutturale…
Se l’Europa nel suo complesso riesce a reperire più facilmente risorse e a catalizzare riforme, ben venga la stabilizzazione di questo strumento. Ora ci troviamo, però, in una situazione in cui la Corte costituzionale di un Paese, per via di pochi istanti, sta bloccando l’iter del Recovery fund in un contesto in cui le sue risorse sono disperatamente necessarie, soprattutto per alcune economie.
Ci sarebbe da evidenziare il fatto che le istanze alla Corte di Karlsruhe sono arrivate per un intervento considerato una tantum. Se diventasse strutturale, l’opposizione tedesca non sarebbe superiore a quella attuale?
Sì, questa è effettivamente una possibilità più che concreta. Tuttavia, ora è importante cercare di far funzionare bene lo strumento che già abbiamo, sia dal punto di vista di quei Paesi che saranno creditori netti, sia di quelli che ne beneficeranno maggiormente. Sarebbe già un risultato significativo fare in modo che le risorse servano a catalizzare l’attenzione della politica e delle istituzioni nel far convergere un consenso sulla necessità di realizzare riforme di cui si parla da troppi anni…
(Lorenzo Torrisi)
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