A trent’anni di distanza la nebbia della storia ha ormai scolorito fatti e avvenimenti che hanno caratterizzato una fase cruciale della storia delle Repubblica. In particolare, nel 1992 erano tre i fronti aperti come emergenza nazionale: il dilagare di Tangentopoli con il discredito progressivo di una larga fascia della classe politica; la continuazione del terrorismo mafioso con l’assassinio del giudice Paolo Borsellino; la crisi finanziaria con gli attacchi alla lira e il crescente rischio per la gestione dei conti pubblici.



Un anno vissuto pericolosamente con tutti questi elementi che si intrecciavano e si scomponevano, con un Governo, quello di Giuliano Amato, continuamente in balia del nervosismo dei partiti, con una situazione economica sempre più difficile anche per le tensioni sociali e gli scioperi a ripetizione.

Ma nella memoria collettiva che cos’è rimasto di quell’anno e di quell’esperienza di Governo? Soprattutto una cosa: il prelievo del sei per mille sui conti correnti degli italiani nell’ambito della più imponente manovra economica della storia italiana. Una manovra che è stata tuttavia un salvagente che ha rimesso il sistema Paese sulla linea di navigazione e che ha posto le basi per i passi successivi che hanno portato, prima con Carlo Azeglio Ciampi e poi con Romano Prodi, all’adesione dell’Italia alla moneta unica europea.



Lo ricorda Giuliano Cazzola nel libro L’altro 1992. Quando l’Italia scoprì le riforme (Ed. Ibl libri, 2022), un libro scritto non solo sulla base dei ricordi personali dell’autore, a quel tempo ancora attivo sindacalista, ma anche degli appunti dello stesso Giuliano Amato che non aveva finora ritenuto opportuno pubblicarli.

Non che ci siano rivelazioni clamorose, c’è soprattutto quello che i critici della politica tendono spesso a nascondere: il lato positivo, la volontà di servire il Paese al di là degli interessi personali o di partito, la capacità di sfidare l’impopolarità a breve termine pur di ottenere risultati in qualche modo utili a medio e lungo termine.



Al di là del sei per mille, una misura indubbiamente più che criticabile, resta il fatto che, come ricorda Antonio Polito nell’introduzione, quella manovra era altrettanto dura quanto ambiziosa: “Blocco del pensionamento anticipato per 18 mesi e innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni per uomini e donne; congelamento della perequazione automatica delle pensioni; esclusione da alcuni servizi di assistenza sanitaria dei detentori di reddito superiore a 40 milioni di lire annue (circa 35mila euro odierni); eliminazione del recupero del fiscal drag; introduzione della minimum tax per combattere l’evasione fiscale nel settore degli autonomi”. Ma insieme c’era l’avvio di un massiccio riordino delle Partecipazioni statali, con la trasformazione in società per azioni di molti enti che godevano fino ad allora del sicuro ombrello dello Stato, e con significative riforme nei campi della sanità, della previdenza, del pubblico impiego e della finanza locale.

Amato venne travolto dall’onda lunga di Tangentopoli, dalle tensioni nel Partito socialista per il coinvolgimento di Bettino Craxi, dalla forza mediatica dei procuratori nel Palazzo di Giustizia di Milano. Cazzola racconta con efficacia molti particolari che erano rimasti in ombra e, senza nascondere il proprio coinvolgimento politico, punta a proporre “un giudizio più equilibrato” su avvenimenti che sono stati e sono ancora in gran parte strumentalizzati.

In queste pagine ci sono molti più fatti che opinioni, molta più cronaca che giudizi politici (che tuttavia non mancano): per questo sono pagine estremamente utili per evitare i giudizi sommari e i fin troppo facili slogan della politica da talk show.

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