La quarta e ultima stagione de L’amica geniale 4 volge verso la fine (gli episodi 4 e 5 sono programmati per domani e l’altro lunedì) senza riuscire a ripetere il successo travolgente – soprattutto internazionale – delle prime stagioni. Ovviamente non mancano i fans e i sostenitori incondizionati che cercano di sostenere lo scarso impatto social della loro serie preferita. Ma i numeri sono numeri e l’opinione della critica conta ancora parecchio. L’operazione principale – cioè quella di sostituire con attori famosi i protagonisti – non ha funzionato, e ci sarà pure un perché.



Diciamo che già durante terza stagione de L’amica geniale le due protagoniste principali, Margherita Mazzucco nei panni di Lenù e Gaia Girace in quelli di Lila, apparivano troppo giovani per la loro età e per le dinamiche da donne adulte con cui dovevano fare i conti. Ma la forzatura era ben ripagata dalla freschezza e dall’autenticità che ha sempre contraddistinto le interpretazioni delle due giovani attrici, sin dal momento del loro esordio. Freschezza e autenticità che ovviamente non ritroviamo più quando il testimone è passato nelle mani delle più famose ed esperte attrici che ne hanno preso il posto, Alba Rohrwacher e Irene Maiorino.



A riprova che l’operazione per L’amica geniale 4 di giocarsi la carta di far scendere in campo “pezzi da novanta” non sia riuscita c’è anche la discutibile scelta di sostituire il giovane e sconosciuto Francesco Persico – nei panni di Nino Sarratore, il protagonista negativo di tutta la vicenda, il maschio opprimente, subdolo e senza ritegno – con uno dei big nazionali del nostro star-sistema come Fabrizio Gifuni. Insomma, alla prova dei fatti è apparso più vero il contrario, e cioè che gli onnipresenti attori italiani – coloro che hanno il monopolio delle produzioni italiane e fanno man bassa di ruoli e premi – si siano impossessati di uno dei pochi casi di successo della fiction italiana nel mondo.



Anche il racconto de L’amica geniale 4 subisce in questa stagione una svolta più intimista e si allontana dall’approccio neorealista iniziale, crudo ed essenziale, impresso con coraggio da Saverio Costanzo, ideatore della serie e regista delle prime due stagioni. Il rione Luzzatti, il piccolo quartiere che realmente esiste nella periferia est di Napoli, ritorna al centro della trama per il solo fatto che Elena Greco, per inseguire il suo sogno sentimentale rappresentato da Nino, lascia il marito e il successo ottenuto con il suo primo libro, e si trasferisce nella bella e lussuosa casa di via Petrarca. E poco a poco riallaccia i rapporti con il suo vecchio quartiere.

In primo luogo per la sua famiglia, la vecchia mamma Imma ormai molto malata, il padre sempre più prigioniero dei suoi pensieri, i due fratelli, come la sorella, rimasti impigliati negli affari loschi dei Solana. L’unica che sembra tener testa al potere camorristico della famiglia che controlla il rione è Lila, che ha costituito un’azienda informatica con cui dà lavoro a molti dei vecchi amici d’infanzia. Ma Elena teme la relazione con Lila, per paura di farla rientrare come nel passato nella sua vita privata, ne è gelosa, perché considera la forza e la bellezza che Lila esprime assai superiore alla sue.

Le cose precipitano quando Elena dovrà prendere atto che quello che Lila sostiene da tempo di Nino è vero. È un uomo bugiardo, egoista, inaffidabile. Elena gli ha creduto ingenuamente, ha perfino deciso di avere con lui una figlia, si è illusa che un giorno avrebbe lasciato la moglie per lei. Le prime tre puntate sono quindi un lungo – e a volte noioso – percorso interiore in cui Elena prende con fatica atto dell’evidenza. Ma intanto la riscoperta del suo vecchio rione, dei legami profondi e della stessa amicizia con Lila la attraggono sempre più, fino a convincerla della necessità di ritornare a viverci.

L’amica geniale 4 è un po’ l’emblema delle occasioni perse della fiction italiana. Un prodotto che era riuscito – anche grazie alla collaborazione con la HBO – a superare i limiti classici delle produzioni targate Rai Fiction, è stato malamente risucchiato nel canovaccio vecchio e stanco del racconto romantico-sentimentale, in pratica quello che piace alla nostra tv generalista. Napoli rimane sullo sfondo un palcoscenico naturale dalle potenzialità infinite, è ovvio, ma occorre saperla ben usare e interpretare. Aggiungerei anche come consiglio che sarebbe ora il caso di limitarne il consumo, raccomandando dosi più piccole.

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