Si vince a mani basse con le affermazioni “no war” oppure “Preferite il condizionatore o la pace?”. Facili slogan in tempo di comunicazione istantanea usa e getta nei media odierni dove non si approfondisce alcunché.
Non ci sono parole per l’invasione perpetrata da Putin, che  ha voluto dare un segnale alla Nato con una violenza inaudita. L’Ucraina giustamente ha reagito e l’escalation è stata inevitabile. L’unica voce autorevole che ha chiesto con forza lo stop alla guerra è stata quella del Papa e della Chiesa che a differenza dello zar, del comico e di Biden ha a cuore la sorte dell’umanità. Voce però che nessuno ha voluto ascoltare, anzi, Putin continua imperterrito, Zelensky urla “Armi, armi,  armi” e tutta l’Europa, sotto il cappello degli Stati Uniti, si allinea per continuare la guerra.
Dai media italiani il Covid è quasi sparito nonostante i 150 morti al giorno, con un’economia alla canna del… gas ed il nostro Governo vuole aumentare la spesa degli armamenti al 2%. In questa situazione solo il Papa ha alzato la voce con la parola “Vergogna”,  snobbato dal Corriere della Sera e da La Stampa  che han postato sul proprio sito la notizia dopo diverse ore. E il bis mediatico si è verificato con la richiesta all’Angelus di domenica di una tregua per la Pasqua. 



Il Papa ha consacrato l’umanità intera ed in particolar modo Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria disponendosi a invocare la pace rinnovati dal perdono di Dio: “Un gesto della Chiesa universale – ha scritto Francesco – , che in questo momento drammatico porta a Dio, attraverso la Madre sua e nostra, il grido di dolore di quanti soffrono e implorano la fine della violenza, e affida l’avvenire dell’umanità alla Regina della pace”.



Tutto questo parlare di Dio, pace e perdono, per i potenti e i guerrafondai è privo di senso e significato, ma per noi cristiani non lo è. E la Pasqua è l’affermazione di questo.

Per Pasqua vi propongo la visione di un film con a tema la guerra, Land of Mine – Sotto la sabbia (2015), pellicola danese molto apprezzata visibile a noleggio su Amazon Prime Video. Nel maggio del 1945, con il termine della Seconda guerra mondiale, 2.200 prigionieri tedeschi catturati dagli inglesi furono ceduti alla Danimarca per sminare la costa occidentale della nazione dove Hitler aveva piazzato circa 1 milione e mezzo di ordigni convinto che gli Alleati sarebbero sbarcati in quel punto per invadere la Germania. I prigionieri di guerra furono ceduti in barba alla convenzione di Ginevra, aggirata con gabola da Danimarca e Inghilterra. Erano perlopiù ragazzi della gioventù hitleriana e la metà di loro morirono o rimasero gravemente mutilati. 



Un gruppetto di 14 sbarbati affidati al comando di un sergente di ferro danese stile Full Metal Jacket, scava nella sabbia per trovare le mine e disinnescarle.  C’è  odio da parte del sgt. Rasmussen e lo dimostra senza preamboli umiliando a manetta i giovani malcapitati. Li controlla da solo con il suo cane e la bottiglia di liquore. Inevitabilmente accadde il primo fatto drammatico e una crepa si insinua nella durezza del sergente difendendo poi i giovani poi dal suo capitano che è più cinico di lui.
La breccia si allarga e il sergente si coinvolge con i ragazzi in un rapporto quasi amichevole in particolar modo con  Sebastian, il più carismatico è più ascoltato dai commilitoni.  Tutto dura poco, il suo cane esplode su un ordigno che si presumeva fosse in un terreno sminato dai ragazzi e il barlume di umanità che aveva preso piede in lui svanisce di colpo. Sarà la realtà che lo riporterà sui suoi passi. La bimba della proprietaria delle baracche alloggio, entrata in una spiaggia da sminare, viene salvata dai ragazzi e successivamente accade un avvenimento drammatico che sono costretto a non spoilerare.
I tedeschi avrebbero dovuto rientrare liberi in Germania terminata la bonifica del pezzo di costa assegnato loro, ma il feroce il capitano cambia le carte in tavola e il sergente, non più di ferro, prendendone atto, si muove in maniera opposta.  

Sono stato un po’ ermetico nel riassunto della trama perché è un film da vedere e su cui riflettere. Dai primi minuti è lampante l’odio nei confronti del nemico, che poi si esprime con le umiliazioni verso i ragazzi. Il sergente non li perdona per la divisa che indossano, vanno puniti per quello che la nazione germanica ha compiuto. Non c’è perdono e pace, solo vendetta. Un fatto che però accade smuove l’animo del sergente, ma in un attimo tutto vacilla e ritorna bastardo come prima perché per colpa dei tedeschi è morto il suo cane. Ma è sempre la vita che lo rimette in gioco, non i discorsi, non servono (nel film ve ne sono pochi). I due accadimenti che lo scuotono, uno lieto e uno drammatico, lo portano a cambiare la percezione della sua vita e lo sguardo sui ragazzi. 

Nulla può fermare quel lumicino che l’uomo ha di bene nell’angolo più recondito del cuore, prima o poi emerge. Per il sergente è l’inizio. Ma è un percorso sinusoidale, di alti e bassi, di sforzo umano che permane però se c’è l’ancora di Dio. Non lo dico come frase prezzemolina religiosa a effetto, ma perché cosciente che solo questo ci può salvare dal male, dalla violenza, dalla guerra e motivare al perdono. Tutto attuale visto quel che accade. 

Vi rimando, è meglio, alle righe del Papa sull’Affidamento al Cuore di Maria. 

Buona Pasqua.

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