Una rubrica per guidare i bambini della scuola primaria ad «accorgersi» della varietà dei fenomeni fisici presenti nella realtà quotidiana. Per dare soddisfazione a quella curiosità infantile, definita «sacra» da Albert Einstein e tipica dei grandi scienziati, ma che è spesso mortificata da approcci ludici o fantasiosi se non addirittura aridamente formalistici. Una sfida che l’autore ha raccolto, coniugando semplicità e rigore concettuale e linguistico. Questa volta Zio Albert invita i suoi piccoli lettori a scoprire con lui come è possibile che grandi e piccini sfreccino sulle strade in bicicletta senza cadere. Sono i segreti dell’equilibrio.
Un caro saluto ai miei piccoli lettori. Questa volta mi piacerebbe parlarvi di quando andiamo in bicicletta. Immagino che tutti voi ricordiate – magari con un sorriso – quel giorno in cui, tolte le rotelle dalla vostra biciclettina, avete provato per la prima volta a pedalare. Probabilmente vi siete spaventati o forse siete anche caduti; sicuramente avete messo un piede per terra perché non eravate ancora in grado di mantenere in equilibrio il vostro veicolo a due ruote. Perché il problema è proprio questo: com’è possibile che una bici con due soli punti di appoggio (e anche piuttosto stretti) riesca a rimanere in equilibrio in barba alla forza di gravità che pretende in tutti i modi di tirarla verso il basso!
La domanda non è nuova (e nemmeno banale) e se la sono posta generazioni di tecnici e scienziati da quando, nel 1876, un distinto signore inglese di nome Herry Lawson portò all’esame dell’Ufficio Brevetti un’invenzione chiamata safety bicycle (letteralmente bicicletta di sicurezza). Il problema dell’equilibrio della bicicletta, infatti, non è banale e solo di recente si è arrivati a una sua convincente spiegazione. Come abbiamo già ricordato in questa rubrica (vedi Emmeciquadro n.72) qualunque oggetto appoggiato al suolo rimane in equilibrio fintanto che il suo baricentro (quel punto in cui si può pensare di concentrare il suo peso) rimane all’interno della base di appoggio. Nel caso della bicicletta, come si può facilmente intuire, questa condizione non è immediatamente verificabile: provate – se ci riuscite – a far rimanere in piedi una bici ferma, senza poterla sorreggere almeno con una mano! Sappiamo però per esperienza che una bicicletta in movimento, una volta che si è capito come fare, non crea grossi problemi di stabilità e può essere facilmente guidata anche senza necessariamente tenere entrambe le mani sullo sterzo.
Per capire cosa «inconsapevolmente» facciamo quando cavalchiamo il nostro velocipede, vi propongo un semplice esperimento.
Esperimento
Provate a mantenere in equilibrio in posizione verticale un manico di scopa appoggiato sul palmo della vostra mano. Certo, non è facile, ma dopo alcuni tentativi andati male, vi sarete resi conto che per riuscire nel vostro intento dovete muovere continuamente la vostra mano avanti e indietro (o di lato) in modo da compensare le eventuali rotazioni del bastone attorno al punto di appoggio. In pratica, appena il manico di scopa tende a inclinarsi in una certa direzione, per mantenerlo in equilibrio voi spostate la mano nella stessa direzione fintanto che il suo baricentro ritorni nuovamente sulla verticale del punto di appoggio.
Ebbene, questa è la stessa cosa che fate per mantenere la vostra bicicletta in posizione verticale. Ogni qualvolta la vostra bici si inclina verso destra o verso sinistra, infatti, voi non fate altro che spostare il punto di contatto della ruota anteriore nello stesso senso dell’inclinazione. Ma con una differenza sostanziale rispetto al caso del manico di scopa. Col manico di scopa era il punto d’appoggio – cioè la vostra mano – a spostarsi; nel caso della bicicletta, ovviamente, non è possibile spostare la strada sotto di voi. No di certo! Ma si può sempre ruotare lo sterzo… E, infatti, voi continuate ad agire sullo sterzo (e quindi sull’orientazione della ruota anteriore) in modo tale da riportare, istante per istante, la vostra bici in condizioni di equilibrio.
In ultima analisi, la bicicletta può senza dubbio essere considerata un mezzo «sicuro» (come sosteneva il suo inventore) poiché una semplice rotazione dello sterzo consente di equilibrare le masse in gioco (la vostra e quella della bici) in modo da compensare con continuità l’azione destabilizzante della gravità. Questo comportamento, tuttavia, non sarebbe possibile se la forcella che sostiene la ruota anteriore avesse una sagoma diversa da quella che siamo abituati a vedere.
La forcella anteriore
Grazie alla sua particolare forma e inclinazione (in avanti), infatti, la vostra bici si comporta, pensate un po’…, come il carrello che usate per fare la spesa al supermercato. Il paragone non deve sembrare dispregiativo, anche i carrelli della spesa, per quanto semplici, hanno una propria dignità tecnologica! Se ci fate caso, le loro ruote non sono fisse ma sterzanti e fatte in modo tale da orientarsi spontaneamente nella direzione che decidete di prendere spingendo il carrello. Ebbene, la ruota anteriore della vostra bicicletta fa esattamente la stessa cosa: per come è sostenuta dalla sua forcella si orienta naturalmente nella direzione che impostate con lo sterzo. Grazie a questo (fondamentale) accorgimento è facile rimanere in equilibrio sulle due ruote e possiamo addirittura pedalare «senza mani», tanto ci pensa la bici stessa a mantenere la traiettoria giusta!
L’effetto giroscopico
Ma c’è anche un secondo fattore che contribuisce a determinare la stabilità del vostro velocipede, ed è il cosiddetto «effetto giroscopico»: qualcosa che, come suggerisce il nome stesso, succede a tutti gli oggetti che stanno ruotando. Per capire di cosa stiamo parlando potete pensare a una trottola. Immagino che tutti voi abbiate avuto fra le mani questo giocattolo. Vi sarete sicuramente resi conto allora che, al pari della bicicletta, anche la trottola senza il vostro sostegno non rimane in piedi quando è ferma. Tuttavia, è sufficiente metterla in rotazione che, miracolosamente, si mantiene in equilibrio nonostante l’unico punto d’appoggio. Il responsabile di questo comportamento è proprio l’effetto giroscopico di cui stiamo parlando. In pratica, quando la trottola gira, si crea una spinta (il termine tecnico è «momento angolare») che tende a opporsi a ogni variazione della sua inclinazione rispetto al piano di appoggio.
Tornando alla bicicletta, è facile rendersi conto che le sue ruote si comportano, a tutti gli effetti, come due trottole appoggiate su un’immaginaria parete verticale così che, quando pedalate, agiscono anch’esse nella direzione di migliorare la stabilità del vostro veicolo. Naturalmente, come tutte le trottole di questo mondo, anche le ruote della bicicletta risentono dell’effetto giroscopico solo quando la loro velocità di rotazione è elevata. Questo contributo alla stabilità del veicolo, pertanto, si manifesta soprattutto quando state viaggiando a una certa velocità. A basse velocità l’effetto giroscopico scompare del tutto o quasi, e quindi per non cadere non potete fare altro che agire opportunamente sullo sterzo. Il consiglio, pertanto, è: pedalare, pedalare, pedalare…
Per verificare voi stessi l’effetto giroscopico vi propongo di realizzare una vera e propria trottola… anzi due.
Costruiamo due trottole
Per verificare voi stessi l’effetto giroscopico vi propongo di realizzare una vera e propria trottola… anzi due. Vi servono solo del cartone spesso e rigido, due chiodi e un po’ di plastilina.
Primo passo
Ritagliate dal foglio di cartone due dischi del diametro di 4 e 8 centimetri rispettivamente.
Secondo passo
Al centro di ciascun disco inserite un chiodo (lungo circa 5 centimetri) e fatelo sporgere dal disco di 1 centimetro.
Fissate poi il chiodo con della plastilina.
Terzo passo
Fate ruotare le due trottole, cosa osservate?
Spiegazione
Facendo ruotare le due trottole vi sarete resi conto che quella col disco più grande è anche quella più stabile. Questo comportamento è una diretta conseguenza del fatto che l’effetto giroscopico non dipende solo dalla velocità di rotazione ma anche dalle caratteristiche fisiche e geometriche dell’oggetto che sta ruotando. Nel caso delle due trottole, l’effetto giroscopico fa sentire maggiormente i suoi effetti stabilizzanti al crescere delle dimensioni e della massa del disco rotante, e questo spiega perché la trottola col disco più grande è anche quella che funziona meglio.
La stabilità della vostra bicicletta, pertanto, dipende anche dalle dimensioni delle sue ruote. Per questo motivo, le biciclette con le ruote piccole (oggi di moda perché facilmente trasportabili in auto o sui mezzi pubblici) o, ancora peggio, i monopattini elettrici che vediamo (ahimè) sfrecciare anche sui marciapiedi, risentono molto di meno dei benefici derivanti dall’effetto giroscopico.
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Sergio Musazzi
(Ricercatore e divulgatore scientifico)