Una rubrica per guidare i bambini della scuola primaria ad «accorgersi» della varietà dei fenomeni fisici presenti nella realtà quotidiana. Per dare soddisfazione a quella curiosità infantile, definita «sacra» da Albert Einstein e tipica dei grandi scienziati, ma che è spesso mortificata da approcci ludici o fantasiosi se non addirittura aridamente formalistici. Una sfida che l’autore ha raccolto, coniugando semplicità e rigore concettuale e linguistico.
Un caro saluto ai miei piccoli lettori. Questa volta vorrei parlarvi di un aspetto della natura che, da un lato rende possibile lo svolgersi della nostra vita, dall’altro lo complica… e non poco! Mi riferisco alla presenza degli attriti. È evidente che se non ci fosse l’attrito la nostra esistenza sarebbe alquanto difficoltosa. Ad esempio, non potremmo spostarci e saremmo per sempre condannati all’immobilità, perché i nostri piedi scivolando sul piano d’appoggio non sarebbero in grado di esercitare alcuna spinta (avete mai provato a camminare su una lastra di ghiaccio?). Per lo stesso motivo tutti i veicoli, dagli autotreni alle biciclette, non potrebbero circolare. Ma non solo, senza gli attriti non potremmo nemmeno afferrare alcun oggetto perché inevitabilmente ci scivolerebbe dalle mani.
Vita grama, dunque, senza l’attrito! Ma anche con l’attrito… Pensate che circa il 20% della benzina consumata dalla vostra auto serve solo a vincere la resistenza opposta dagli attriti all’interno del motore (per questo motivo il motore deve sempre essere ben lubrificato). Ma pensate anche alla fatica che dovete fare per spingere o tirare un oggetto pesante appoggiato al suolo, come ad esempio quando spostate un mobile di casa vostra; in assenza dell’attrito col pavimento sarebbe tutto molto più semplice!
Dunque, l’attrito è indispensabile ma, al tempo stesso, è di ostacolo per molte attività. Ma da cosa è causato questo ineliminabile fenomeno? In prima battuta possiamo affermare che la sua esistenza è una conseguenza delle irregolarità presenti sulle superfici degli oggetti. Anche le superfici che a prima vista sembrano essere lisce, infatti, se osservate al microscopio presentano una certa rugosità. E sono proprio questi microscopici avvallamenti che rendono difficoltoso lo scorrimento fra due superfici a contatto. Naturalmente questo effetto dipende dai materiali utilizzati. Infatti, mentre un pezzo di granito (ben levigato) scivola multo bene sul ghiaccio (la disciplina sportiva del “curling” ne è un esempio), lo stesso pezzo di granito scorrerebbe con maggiore difficoltà su superfici di altra natura. La scelta dei materiali, quindi, è di fondamentale importanza per decidere il ruolo che l’attrito deve avere nelle nostre attività. È evidente che è più divertente scendere da uno scivolo se l’attrito è basso, mentre quando corriamo abbiamo bisogno che l’attrito fra le nostre scarpe e il suolo sia massimo per permetterci di scattare, rallentare o cambiare direzione.
La scelta dei materiali, tuttavia, non è l’unico elemento che determina la resistenza opposta dall’attrito. Supponiamo ad esempio che dobbiate spostare una libreria di casa vostra. La base del mobile è di legno e deve scorrere su un pavimento di marmo; la forza richiesta per questa operazione, ovviamente, dipenderà dall’attrito fra questi due materiali. Ma non solo… Un conto, infatti, è spingere una libreria vuota, un altro è eseguire la stessa operazione con la libreria stracolma di libri! L’esperienza ci insegna che in questo secondo caso lo sforzo che si deve esercitare è decisamente maggiore. La resistenza opposta dall’attrito, infatti, non dipende solo dai materiali in gioco, ma anche da quanto essi sono premuti l’uno contro l’altro. Com’è abbastanza scontato, il peso dell’oggetto che si vuole far scivolare su una certa superficie svolge un ruolo decisivo nel determinare la difficoltà di questa operazione. Quindi, se proprio volete spostare una libreria, vi consiglio di togliere prima i libri dagli scaffali…
Ma c’è un altro aspetto dell’attrito che avete sicuramente avuto modo di sperimentare spostando i mobili di casa vostra. Prendiamo la solita libreria (meglio se vuota), avrete notato che la forza inizialmente richiesta per farla muovere è decisamente superiore a quella che dovete esercitare in seguito, quando il mobile è già in movimento. Com’è possibile, visto che la base della libreria e il pavimento di casa vostra nel frattempo non sono cambiati? La risposta è semplice: è cambiato l’attrito fra le due superfici. Proprio così, l’attrito non è lo stesso se due superfici sono inizialmente ferme oppure stanno scorrendo una sull’altra. Nel primo caso (dove l’attrito è definito “statico”), infatti, la forza frenante che si oppone al movimento è superiore a quella del secondo (dove l’attrito è definito “dinamico”). Per verificarlo vi propongo un semplice esperimento. Vi occorrono solo un righello (lungo almeno 30 centimetri) e… le vostre mani.
Primo passo
Sostenete il righello appoggiando i suoi estremi alle due dita indice delle vostre mani.
Secondo passo
Adesso muovete “contemporaneamente” le due dita verso il centro del righello. Cosa succede?
Spiegazione
Non ci siete riusciti… E, infatti, è impossibile farlo! Quello che avete correttamente verificato è che si riesce a muovere un solo dito alla volta. Il motivo di questo comportamento è una diretta conseguenza del fatto che l’attrito statico supera quello dinamico. Vediamo perché.
Per potersi muovere, entrambe le dita devono riuscire a vincere la resistenza opposta dall’attrito statico. E proprio questo è il punto critico: l’attrito non è lo stesso per le due dita. I due punti d’appoggio, dove cioè il righello è a contatto con le dita, infatti, non sono del tutto identici. Inoltre, il peso del righello non è mai distribuito esattamente in parti uguali su di essi (sarà perciò maggiore su uno dei due). Per questo motivo, inizierà a muoversi solo il dito indice dove l’attrito statico è minore. A questo punto, per questo dito l’attrito da statico diventa dinamico e quindi la resistenza che incontra allo scorrimento diventa minore di quella che l’altro dito indice (rimasto fermo) deve riuscire a vincere per iniziare a muoversi. Quest’ultimo, pertanto, continuerà a rimanere fermo. Ma non per molto!
Infatti, man mano il dito in movimento si allontana dal punto di partenza, aumenta anche il peso che deve sostenere, e cioè quello della porzione di righello che si lascia alle spalle, che ora non viene più sostenuto anche dall’altro dito. Di conseguenza, ad un certo punto, a causa di questo progressivo aumento del carico, l’attrito (dinamico) che deve vincere il dito in movimento diventa superiore all’attrito (statico) che impedisce all’altro dito di muoversi. Quando ciò accade si invertono i ruoli: il dito che era fermo inizierà a scorrere, mentre quello in movimento si arresta. Da questo punto in poi la storia si ripete dando così origine al movimento alternato delle dita che avete osservato.
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Sergio Musazzi
(Ricercatore e divulgatore scientifico)