Dopo l’arresto ieri che ha sconvolto il Centrodestra lombardo, emergono nuovi dettagli sulla posizione di Lara Comi al momento posta ai domiciliari con l’accusa di corruzione e tangenti nell’inchiesta “Mensa dei poveri” che già prima delle Europee scorse aveva mietuto “vittime” in Forza Italia (con agli arresti di Tatarella e Altitonante, poi però scarcerati in un secondo momento). Nello specifico il Corriere della Sera racconta stamattina di alcune chat che inguaierebbero ulteriormente l’ex enfant prodige del Centrodestra in Lombardia: «Secondo te mi possono indagare», ha chiesto Lara Comi al suo avvocato Maria Teresa Bergamaschi (Presidente della CameraPenale di Savona, ndr) in una chat su WhatsApp, con pronta risposta «Per potere possono, ma sarebbe una porcheria: in una giustizia corretta non dovrebbero, ma se vogliono crearti danni per la campagna elettorale…». Era il 10 maggio scorso e solo 3 giorni dopo Lara Comi veniva indagata dalla Procura di Milano: secondo quanto riporta il CorSera, il 14 maggio l’avvocato porta in procura il proprio cellulare con in memoria tutte le chat di WhatsApp che oggi inguaiano l’ex eurodeputata. Non solo, tale consegna potrebbe consentire ai pm di avere prova documentale valida che altrimenti non avrebbero potuto presentare in quanto messaggi vocali e chat sono coperti di norma dall’immunità da europarlamentare: la consegna spontanea invece rende di fatto aggirabile la norma e di conseguenza la Comi dovrà spiegare anche tali chat “emerse” dalla sua consulente e avvocatessa.
LARA COMI, LA CHAT E L’AVVOCATO
In quelle chat sono ricostruite le “trame” dell’intera inchiesta, anche se al momento secondo il mero impianto dell’accusa: dunque resta da vedere cosa dirà la difesa in merito, cercando di rispondere punto su punto al tritacarne mediatico già cominciato con le intercettazioni pubblicate sui principali media nazionali. Ricostruita la storia dell’accordo tra Nino Caianiello (referente di Forza Italia Varese) e Giuseppe Zingale (direttore generale di Afol-Agenzia metropolitana per il lavoro) «affinché Afol attribuisse consulenze alla consulente di Lara Comi in cambio del fatto che lei poi retrocedesse una parte del compenso a Caianiello per i costi del partito a Varese di cui Comi coordinatrice. Retrocessione che avviene montando un’altra consulenza fittizia, da Comi a Bergamaschi, per mascherare 5.000 euro dei 10.000 che devono tornare indietro, venendo regolati gli altri 5.000 dal mancato pagamento di Comi a Bergamaschi di un libro sui fondi europei, che Comi finge di scrivere ma che in realtà le viene redatto da Bergamaschi», riportano le fonti del Corriere. Nelle chat la Comi spiega alla Bergamaschi di non usare WhatsApp ma Telegram perché «molto più comodo» e dove la possibilità di distruggere i messaggi è immediata, a differenza del social di proprietà Facebook. Tra le migliaia di chat, i vocali recuperati e le ammissioni/accuse di Caianiello rendono l’impianto dell’accusa molto complessa e variegata in cui Lara Comi e gli altri indagati dell’inchiesta “Mensa dei poveri” dovranno render conto nell’eventuale prossimo processo.