Cattive notizie in arrivo dall’industria del largo consumo. Davanti all’aumento dei costi energetici e delle materie prime, lamentato da oltre 9 imprese su 10, la revisione dei prezzi di vendita sembra rappresentare la prima via d’uscita: la pensa così ben l’87% delle aziende interpellate dall’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di Nomisma. Una reazione che dà la misura di quanto lo scenario preoccupi il mondo industriale, dove infatti – dice sempre lo studio di Nomisma – il clima di fiducia continua a soffrire: da un indice di 107,9 registrato a febbraio si è infatti passati a marzo a un valore di 105,4. Una flessione con buona probabilità spinta (anche) dalle stime di frenata del Pil, che – nel caso in cui il conflitto russo-ucraino terminasse a luglio 2022 – si prevede limiterà la crescita al +1,9% nel 2022 e al +1,6% nel 2023.
E che il quadro sia davvero complicato lo conferma anche la fotografia scattata dall’Osservatorio Congiunturale Centromarca, condotto a marzo in collaborazione con Ref Ricerche su circa 200 Industrie di Marca alimentari e non alimentari aderenti all’Associazione. Secondo lo studio, nei primi tre mesi dell’anno a rilevare che le vendite sono “aumentate/molto aumentate” è stato il 48% dei manager intervistati, un valore nettamente inferiore rispetto al 60% della rilevazione precedente, datata settembre 2021. E sulla scorta di queste evidenze le previsioni dei prossimi sei mesi escono ridimensionate: solo per il 33% degli intervistati – dice Centromarca – le vendite “aumenteranno”, contro il 43% registrato alla fine dell’estate. I manager, del resto, si attendono che gli italiani correranno ai ripari, stringendo i cordoni della borsa: il 77% del campione indica infatti che nel 2022 i consumatori ridurranno la spesa in beni di consumo a fronte di un 21% per il quale i livelli rimarranno stabili.
Va detto però che la crisi può generare anche opportunità positive. Tra queste va annoverata innanzitutto la diversificazione. Secondo Nomisma, infatti, ben 1 impresa su 2 sta valutando di rivolgersi a nuovi mercati di approvvigionamento, così da oltrepassare le criticità attuali sul versante delle materie prime. Ma non solo. La fiammata dei costi potrebbe fornire combustibile a un’accelerazione di quella transizione sostenibile che pare oggi un appuntamento obbligato e irrinunciabile per il futuro del Pianeta. L’indagine di Nomisma apre a riguardo uno squarcio di sereno in un cielo burrascoso: 1 impresa su 4 si dice intenzionata a effettuare eco-investimenti nel triennio 2021-2023. Una scelta – nota la stessa Nomisma – che può generare vantaggi in termini di fatturato, occupazione ed export, come testimoniano le performance delle aziende che hanno già effettuato investimenti green e che, alla prova dei numeri, risultano migliori rispetto a quelle realizzate da imprese che non hanno invece acquistato prodotti e tecnologie verdi.
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