“Centromarca era e resta ampiamente disponibile a discutere con il Governo, a uno stesso tavolo che coinvolga le aziende della moderna distribuzione, per ragionare su vie di sbocco percorribili a una situazione complessa che ha investito il largo consumo e il Paese. Per ragionare, insomma, a una ripartizione di buon senso del valore tra tutti i diversi anelli che costituiscono la filiera”. Con queste parole Francesco Mutti, Presidente dell’Associazione Italiana dell’Industria di Marca cui fanno riferimento circa 200 tra le più importanti industrie del largo consumo, ha lanciato a istituzioni e retail un invito a discutere sulle prospettive di un settore nevralgico per il sistema economico del Paese. Un settore che vive una stagione difficilissima, caratterizzata da una dinamica inflattiva che rischia di non essere più sostenibile. Che potrebbe – avverte Centromarca – perfino pregiudicare la sopravvivenza stessa di molte realtà del tessuto produttivo del comparto.
Una prospettiva purtroppo avvalorata dai numeri: secondo le stime redatte dalla società di consulenza Prometeia, infatti, soltanto la metà delle aziende oggi sarebbe in grado di assorbire il 50% degli aumenti dei costi operativi senza portare in negativo la marginalità. In buona sostanza, è la tesi di Centromarca, se la spirale degli aumenti dei costi produttivi dovesse continuare e se non si dovesse riuscire a scaricare, almeno parzialmente a valle del sistema, sarebbe in pericolo la tenuta del comparto, con conseguenze negative sulla competitività del Paese e pesanti ripercussioni in termini di investimenti e occupazione. Pesanti, perché occorre ricordare che l’industria del largo consumo incide per il 17,3% sugli investimenti e per il 14% sui posti di lavoro del comparto manifatturiero.
In questo quadro si deve dunque inserire il no all’ipotesi di moratoria degli aumenti dei listini, formulata in più occasioni da associazioni e aziende della moderna distribuzione. Centromarca ritiene infatti che non possa in alcun modo essere valutata nel merito: “Determinerebbe sia turbative in un mercato che nel tempo ha migliorato la sua efficienza, sia distorsioni nella concorrenza non compatibili con la normativa antitrust”. Paradossalmente, si arriverebbe a premiare chi ha alzato i prezzi negli scorsi mesi e a penalizzare invece chi ha cercato di contenere le fiammate.
La buona notizia è però che le ultime settimane sembrano restituire qualche segnale incoraggiante: “L’inflazione – afferma Mutti – resta molto alta, ma finalmente ha smesso di crescere. I nuovi assetti sul fronte energetico lasciano poi presupporre un allentamento della morsa del caro-bollette sul sistema industriale. Vero è però che il quadro è molto, molto fluido: tutto potrebbe cambiare anche nell’arco di poco tempo”.
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